CONTE SI O CONTE NO?
Dopo la giornata in cui pareva che le sorti della trattativa fra 5 Stelle e Partito democratico fosse unicamente legata al taglio dei parlamentari, oggi è venuta alla ribalta la questione Conte bis, apparentemente diventata l’ennesima fra quelle derimenti per capire se stringere o meno l’accordo di Governo. In questi ultimi giorni si è parlato molto del presidente del Consiglio dimissionario, ovviamente con toni differenti a seconda dell’interlocutore di turno: il miglior statista della storia italiana per i 5 Stelle, qualcosa tipo un ingrato traditore per i leghisti e, in maniera più complessa, un soggetto che ha dimostrato buone doti, ma decisamente fuori tempo massimo, se descritto dalle opposizioni, PD in testa. Cosa si può dire quindi su Conte, cercando di allontanarsi dalle immagini viziate dal tifo di parte? Sicuramente quando è stato presentato per tutti era poco più che il signor nessuno, descritto in innumerevoli gag televisive come l’uomo invisibile o il pupazzo mosso dai suoi due vice e, oggettivamente, l’inizio del proprio mandato dava decisamente ragione a questa visione caricaturale. Col passare dei mesi però, è fuor di dubbio che il presidente del Consiglio abbia di fatto venir fuori un certo carattere e, cosa ancora più importante, una certa caratura, anche e soprattutto negli ambienti internazionali. Oggi Zingaretti, nella trattativa con Di Maio, oppone alle richieste di un Conte bis, il mantra della necessità di una discontinuità fra i due governi, aspetto anche comprensibile se vista dal punto di vista del segretario Dem: l’idea di un Governo fotocopia in cui semplicemente avviene una sostituzione fra lega e PD non depone mediaticamente a favore dei subentranti. Per capire se però Conte possa o debba essere veramente un punto su cui non cedere, vale la pena fare qualche considerazione in più. Chi è più radicale nella esclusione di un possibile Conte bis, fa notare (a ragione) che, tolti gli ultimissimi periodi e, in particolare il discorso al Senato dello scorso 20 agosto, il Governo guidato da Conte ha di fatto appoggiato in tutto e per tutto la Lega, trasformandola da membro di minoranza a vero e proprio traino di governo. Anche al sottoscritto è capitato di scrivere come, se Conte avesse tirato fuori un po’ di carattere prima, il Governo probabilmente sarebbe durato molto meno, ma sarebbe finito in maniera molto più dignitosa, e non con una Lega così alta nei sondaggi. Bisogna però essere più completi nella analisi e sottolineare alcuni punti fondamentali. In questo anno di Governo, l’unica opposizione contro cui le mire di Salvini si sono dovute frenare è stata quella interna, formata proprio da Conte e da Tria. Se Salvini ha combinato ciò che ha combinato non è stato certo per paura delle opposizioni esterne. Ora, non si vuole fare di questo necessariamente una colpa a PD & co: chiaro che quando non si hanno numeri in Parlamento, fare opposizione diventa difficile (anche se certe dinamiche interne non hanno certo aiutato). Al netto di ciò, resta comunque evidente che le vere sfide lanciate a Salvini sono state quelle sulla struttura della finanziaria e sulle posizioni da tenere in Europa, proprio grazie a Conte e Tria. Certamente si potrebbe obiettare che un Presidente del Consiglio che ha assecondato i decreti sicurezza di matrice leghista sia del tutto irricevibile per una alleanza con il Partito Democratico. A questo riguardo tuttavia, esistono due obiezioni abbastanza banali. La prima: quei decreti, per quanto irricevibili per le altre forze politiche, sono di fatto il cuore dell’interesse leghista nel Governo. Non appoggiarli avrebbe significato, nei fatti, non appoggiare l’alleanza di governo tout court. In questa farse, tuttavia, se si intenda trattare con i 5 Stelle, si deve necessariamente dare atto che tale alleanza c’è stata e che questa cosa, di per se, non impedisce la trattativa. Una posizione differente escluderebbe qualsiasi dialogo a prescindere. La seconda: la medesima accusa potrebbe (e per logica dovrebbe) nel caso essere mossa a tutto il Movimento ha votato quei decreti. Se così fosse però, ancora una volta, si dichiarerebbe l’inutilità di qualsiasi trattativa. Varrebbe poi la pena di valutare un ulteriore elemento: ad oggi ancora sembrano numerosi i tentativi di riavvicinamento fra Lega e 5 Stelle. Il principale ostacolo rimane però proprio Conte. Il suo discorso, estremamente duro e specifico contro Salvini, le sue dichiarazioni di non intendere più far parte di una alleanza con la Lega, unite alle dichiarazioni di stima incondizionata che i 5 Stelle hanno fatto verso lo stesso Conte, sono in questo momento la miglior garanzia possibile di un allontanamento definitivo fra gli ex alleati di governo. Non era scontato e, viste le posizioni ambigue tenute fin qui dagli altri leader pentastellati, non era nemmeno dovuto: questa chiarezza e durezza di Conte verso la lega, credo gli vada riconosciuta come merito. Non andrebbe poi dimenticato il ruolo che Conte ha avuto nell’appoggio pentastellato alla elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, fatto più volte richiamato dallo stesso Salvini come causa scatenante della rottura con i 5 Stelle (oltre che ottimo biglietto da visita per le future trattative in europa). Da ultimo, ma mai importante come in questo momento storico, Giuseppe Conte ha dimostrato una signorilità ed una capacità istituzionale rara nell’attuale panorama politico italiano (per bassezza dei competitor ovviamente) e unica nel Movimento 5 Stelle, motivo per cui, chiunque voglia fare realmente una alleanza di Governo con i pentastellati, non dovrebbe volere Conte fuori squadra in nessun caso. Siamo veramente sicuri quindi che valga la pena far saltare una trattativa per il nome di Conte o, anche peggio, spingere per sostituire il nome di una persona tutto sommato per bene con qualche personaggio in cerca d’autore pescato fra i grillini? Fossi in Zingaretti, come in una partita a sette e mezzo, al nome di Conte direi: “sto”.
