UE. I 5S SI ASTENGONO SULLA NOMINA DELLA LAGARDE ALLA BCE. HANNO RAGIONE?

Voto del Parlamento europeo relativo alla nomina della Lagarde alla presidenza della Bce come erede della gestione Mario Draghi. Approvata a larga maggioranza con l’astensione dei 5s italiani. Posizione quasi obbligatoria per loro che consente di non evidenziare una rottura coi nostri dem, che hanno votato a favore. Ma che nemmeno concede eccessivo spazio a chi li potrebbe accusare di aver rinnegato anni di dura polemica col Fondo monetario internazionale, quando la Lagarde ne ricopriva la direzione. Questo il comunicato che salva capra e cavoli. “Abbiamo cercato un motivo per sostenere la nomina di Lagarde senza successo, perché è responsabile delle politiche che hanno fatto aumentare il debito pubblico nella Ue per salvare le banche tedesche e francesi in primo luogo, politiche che hanno portato alla compressione dei salari, al taglio dei servizi e delle pensioni, a una gigantesca redistribuzione dal basso verso l’altro. E’ troppo tardi adesso: non daremo la fiducia, aspettiamo di vedere come procederà e poi dopo, forse, potremo riparlarne”. Ma al di là delle posizioni di circostanza, che dire della Lagarde? I dubbi più forti non derivano dalle sue posizioni più recenti che erano invece tese a dimostrarne la distanza dai falchi tedeschi dell’austerity. Dove i suddetti falchi, sull’orlo della recessione, sono diventati propensi ad ammettere la necessità di un incremento della spesa pubblica per investimenti. Ma solo ad un patto. Che la concessione sia riservata a loro e a quelli che hanno i conti in ordine (vale a dire i paesi del nord e anche la Francia), ma non agli “altri”. Dove per “gli altri” sarebbe in primo e forse unico luogo l’Italia dell’odiato Draghi. A sentire i commenti del ministro francese La Maire, ago della bilancia nella questione, la bilancia penderebbe più dalla parte di Berlino che da quella di Roma. La Lagarde oltre che francese di nascita, ha sempre dimostrato disponibilità alla collaborazione con Parigi fin dai tempi di Sarkozy e in questo senso la sua elezione potrebbe suggerirci forti perplessità. Il fatto che il suo principale sponsor sia stato il nostro neoministro Gualtieri non sposta i termini del discorso. Poteva infatti costituire un atto dovuto dopo gli attestati di stima che la Lagarde gli aveva rivolto. Come viatico alla sua nomina di ministro. Più che giustificati i timori che hanno indotto i nostri 5s alla astensione? In larga parte sì. Bisogna però ricordare anche le prese di posizione più recenti della Lagarde che decisamente prendono le distanze dai falchi berlinesi. Solo opportunismi in vista di una sua nomina plebiscitaria a Bruxelles? Solo i buoni consigli di chi non può più dare il cattivo esempio? Limitiamoci quanto meno a ricordare certe sue prese di dstanza dalla retorica dell’austerity, esternate a marzo in occasione di un suo intervento alla Camera di Commercio degli Stati Uniti. Lo richiede un dovere di cronaca. magari per meglio rinfacciarle, domani, di razzolare molto peggio di quanto potevano lasciare intendere le prediche precedenti. In marzo, certo il discorso della Lagarde non era stato nel segno dell’ottimismo, ma aveva deluso le attese dei catastrofisti. La frase fatidica “prepare for the worst” (prepararsi al peggio) da molti attesa, non si era proprio sentita. Al suo posto termini ispirati alla prudenza, come sovente sempre di più le accade. Tanto da essere stata l’unica, nella troika, a sostenere che contro la Grecia si era andati un po’ più sul pesante del dovuto. Semmai, questo il vero problema, dichiarazioni formulate solamente a giochi fatti, quando l’andare contro corrente non le costava nulla. Mentre la corrente di cui anche lei faceva parte, ai greci, era costato quello che era costato. Ma cosa ha detto allora Christine Lagarde, in positivo, quanto meno riguardo all”Italia? A suo tempo notammo che era già positivo che non avesse posto la questione Italia al primo posto tra le grane dell’economia mondiale. Niente di che, ma con l’imperversare furibondo delle polemiche contro il nostro governo di allora la cosa indicava una propensione alla moderazione. Come dire che tra Draghi e lei non ci sarebbe stata, probabilmente, quella disastrosa soluzione della continuità auspicata dai tedeschi che avrebbe devastato il nostro sistema bancario (fin qui supersoccorso) e che avrebbe spinto lo spread ben oltre i limiti sostenibili. Quanto alle terapie, anche qui qualche buona intenzione. Riferimenti ad un più facile e omogeneo accesso alle istituzioni finanziarie su scala internazionale. Ad incrementare i livelli di istruzione per giovani e donne, agli investimenti infrastrutturali, ad una progressività della tassazione che andrebbe nella direzione opposta alla flat tax. Inoltre va ricordato che la Lagarde aveva in precedenza affrontato la questione su di un altro versante. Quello della Unione bancaria in sede Ue. Per una volta si era trattato di un discorso capace di fare saltare la mosca al naso ai falchi teutonici dell’economia continentale. Secondo la Lagarde è necessario procedere nella direzione su scala Ue, dell’Unione bancaria, su cui nell’Ue siamo ancora estremamente indietro, così come nell’accesso omogeneo al credito indipendentemente dal paese di appartenenza dei richiedenti. Unione bancaria sta a indicare, andando sul concreto, la possibilità che ci sia una garanzia unica, a livello europeo, sui depositi. Condivisione dei rischi, in parole povere. Ce li vedete voi i falchi di Francoforte odorare l’eventualità di dovere essere solidali, in caso di crisi, coi paesi afflitti dal debito pubblico come l’Italia e col relativo sistema bancario? Questo il panorama delle buone intenzioni della nuova presidente della Ue. L’accusa di essere molto malleabile, soprattutto da parte dei suoi connazionali, proietta il tutto nel regno dell’incertezza. Letto secondo questa angolazione, il comunicato dei nostri 5s, permeato di attendismo, possiede quanto meno una sua logica interna di fondo.