QUANDO C’ERA LUI, CARI VOI

QUANDO C’ERA LUI, CARI VOI

Quando c’era lui. Quante volte abbiamo sentito dire questa frase? Durante la mia giovinezza a proferire queste parole erano vecchi nostalgici, residuati di un periodo storico disperso tra le nebbie del tempo e la polvere delle macerie, dei ruderi, delle bombe sganciate. Ma questo lui, anzi, quel lui, cosa ha fatto? La mitologia romanza del condottiero delle italiche masse continua ad imperversare, e forse chissà, qualcosa di buono lo avrà fatto. L’Eur, il quartiere romano, deriva da una sua visione, come il ponte sul Tevere ed altre opere ancora. Ma il problema, che per molti sarà di minuscola portata, è che “colui che si rimpiange” aveva dato potere a molti personaggi senza arte né parte, animati solamente da istinti vendicativi e di rivalsa. Si era circondato di incompetenti acrimoniosi e rancorosi, che volevano far pagare alla gente comune il loro essere stati esclusi da un normale progresso personale e sociale. Sembra una colpa minima appunto, ma in realtà dare le chiavi della nazione a persone inadatte a gestirla, persone incapaci di crescere a livello culturale, etico, personale, significa implicitamente ammettere la propria di incompetenza. Non basta avere sodali che ci inneggiano, che si lamentano di tutto criticando chi lavora, mentre non si è stati in grado di prendere parte a quel contesto chiamato vita. Già, perchè se qualcuno ha bisogno di circondarsi di personalità piccole per sentirsi grande, allora il suo problema psicologico esistenziale diviene un problema di tutta la popolazione. Quando c’era lui, siamo sicuri che si stesse così bene durante quel periodo? Un’epoca in cui i dirigenti pubblici erano cialtroni esaltati da masse ignoranti della vera vita, che vivevano di leggende riportate da  altri, leoni da bar del paese, chiacchieroni auto esaltati sostenuti da altrettanti frustrati convinti di sapere come si manda avanti una nazione ma incapaci di mandare avanti la loro vita. Eh, quando c’era lui. Le adunate in piazze con le folle festanti ed inneggianti, ma nascoste nel buio lame e spie, pronte a colpire chi la pensava in modo diverso, con le divise che non portavano ordine ma solo spot pubblicitari, perché quando c’era lui, ad esempio, nonostante il rigore di cui si riempie la bocca molta gente, attorno alle fontane di Piazza Navona c’erano delle cancellate, per impedire che la gente si tuffasse e rovinasse i marmi. Si tende a pensare che l’entusiasmo popolare rappresenti la verità unica ed incontrovertibile, ma non è così, anzi, spesso le persone serie non inneggiano, non usano slogan e non hanno motti da proferire. Le persone serie non si lamentano per ogni cosa dimenticando la desolazione nella loro vita, le persone serie non scelgono i loro leader tra chi si lamenta di più, tra chi recrimina di più, tra chi invoca onestà e pugno di ferro, ma per gli altri, solo per gli altri. Quando c’era lui, cari voi, stavamo più o meno come oggi, fortunatamente oggi non abbiamo leggi razziali e non viviamo orrori come i gulag o i campi di concentramento. Ma fondamentalmente è cambiato poco, chi avanza in politica continua estensione di frustrazione invece che di ideologie o ideali, ed è come se la brava gente avesse perso la speranza, lasciando ad altri meno meritevoli il compito di stabilire chi deve guidare il paese. Ma forse è semplicemente la stanchezza, la mancata concretizzazione del merito a favore dello sdebitarsi verso chi ha sempre portato borse, bandiere e slogan. Quando c’era lui, cari voi, si stava male lo stesso, e se prima si alzava il braccio teso, ora si alza voce lanciando insulti a chi non la pensa come noi, e ciò che manca, oggi come allora, è sempre una qualità morale invocata da tutti ma mostrata da pochi: onestà.