IRPEF, IL MASSACRO DEI RICCHI KULAKI DIPENDENTI

Come ogni anno, anche quest’anno il governopro temporeè impegnato a quadrare il cerchio tra le enormi aspettative insufflate nell’opinione pubblica, di solito testimoniate dal rimbalzo degli indici di fiducia dei creduli consumatori, e la realtà di risorse pressoché inesistenti. Perché inesistenti? Perché, nella patria dei “diritti acquisiti”, spostare voci di spesa causa sollevazioni popolari. Come altrove, più che altrove. In questi giorni infuria, ad esempio, il confronto tra chi vorrebbe ridurre il cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori, con sontuosi 20 euro al mese che diverranno forse 40 tra un anno, e chi ritiene che si tratti di cifra risibile. Tra i secondi ci sono Renzi ed i renziani, autori di quel bonus da 80 euro mensili che da sei anni inchioda il bilancio pubblico italiano per 10 miliardi annui, e che esclude dalla platea di beneficiari gli incapienti. Ecco quindi che una soluzione di compromesso, sostenuta dal viceministro all’Economia, il DemAntonio Misiani, è quella diriversare il nuovo beneficio ai lavoratori incapienti, che sono 3,7 milioni di persone, rimasti esclusi dal bonus Renzi. Misiani presenta la misura come una sorta di versione all’italiana dell’Earned Income Tax Credit(EITC) americano. Non è esattamente così ma tutto quello che riuscisse ad andare in direzione della creazione di un EITC anche da noimi troverebbe molto favorevole. Ma non accadrà perché servirebbe intervenire a riordino su moltissime erogazioni ormai acquisite per diritto divino dai beneficiari. A partire da qui (grandi idee per bilanci asfittici e bloccati) vi segnalo che oggi sul’Economia del Corrieretrovate un pregevole intervento diAlberto Brambilla, presidente del centro studiItinerari previdenziali. Il quale, quando non proponeimprobabili contrasti d’interesse, è mente molto lucida sulle distorsioni e le criticità del sistema fiscale italiano. Quale è il punto di Brambilla? Che in Italia c’è una vastissima platea di contribuenti che non paga imposte e contributi o ne paga pochissimi rispetto alla prestazioni di welfare ricevute. Nulla di strano, visto che siamo in regime progressivo malgrado i continui assalti all’Irpef, indebolita da una gragnuola di imposte sostitutive. Negli ultimi anni, per allargare sempre più l’area di esenzione fiscale, si è finiti progressivamente apestare sui soggetti Irpef appartenenti alla classe media e medio alta, tipicamente i lavoratori dipendenti che hanno la colpa di guadagnare “troppo”. Vediamo i numeri di Brambilla, partendo dall’ipotesi di eventuale fiscalizzazione degli oneri sociali. Che ora non si chiama più così perché altrimenti la gente si accorgerebbe che finisce sul conto della fiscalità generale, e quindi delle tasse future. Quindi la chiamiamo “decontribuzione”: Già. Ma ridurre i contributi in un regime previdenziale contributivo causa -sorpresa!- un crollo del rendimento pensionistico oppure un aumento di imposizione fiscale, in caso si volessero mantenere invariate le prestazioni pensionistiche. E riguardo all’Irpef, come siamo messi? Il che non mi pare malaccio, come progressività. Ma chi paga il welfare e tutto il resto, quindi? Allo stato attuale, quindi, la soglia dei “ricchi” in Italia è situata a 35 mila lordi annui.I massacrati sono quindi i dipendenti ed i pensionati sopra queste soglie. Riguardo ai secondi, su 16 milioni di pensionati, i 10 milioni più poveri pagano 2 miliardi di Irpef. Di conseguenza, Riguardo ai pensionati, l’unica (assai teorica) misura di equità potrebbe essere quella del ricalcolo degli assegni secondo il criterio contributivo. Però ad oggi non è accaduto, anche a causa della difficoltà di ricostruire i percorsi di versamento. Ilsecond bestassai cialtrone, lo scorso governo, era quello di massacrare tutti i “ricchi” pensionati, fregandosene della effettiva contribuzione.Ricordate? E veniamo ora ai contribuenti che dovrebbero restare svegli la notte, divorati dal senso di colpa: quelli con imponibile superiore a 100 mila euro annui. Tra essi, pesano in modo assai rilevante i dipendenti, spesso dirigenti aziendali, che non possono sfuggire alla dura legge del sostituto d’imposta e quindi devono “pagare caro, pagare tutto”. Sono loro i prescelti per contribuire alla copertura della revisione del sistema di ticket sanitari. Il problema è che questikulakisono pochi e sempre meno, e di conseguenza rendono poco all’erario. Come scrive oggiCristiano Dell’OstesulSole, trattando della miriade ditax expendituresormai intoccabili ma che ogni anno si espande: Ecco l’applicazione del famoso “teorema di Petrolini”. Nel frattempo, prendiamo atto che i lavoratori dipendenti “agiati” (quelli sopra i 35 mila) o schifosamente “ricchi” (quelli sopra i centomila) continueranno ad essere massacrati sino ad estinzione. O emigrazione, che è lo stesso.