CHIUDE JACK EMERSON, IL LUOGO SIMBOLO DELLO STILE BRITANNICO E TORINESE
Alle 6,15 leggo sulla Stampa di oggi che chiude Jack Emerson. Mi avessero detto che era morto un mio amatissimo zio avrebbe fatto lo stesso effetto. Alle 9,35sono da Igino Massari che faccio colazione. In piedi, nella calca, americano acquoso e tiepido, un croissant senza marmellata. Quelli con l’albiccocca erano in cottura. Alle 9,35? Totale 2,70, onesto. Massari di Brescia, è considerato dagli esperti di cose dolci il re dei pasticceri italiani. Ma ho l’impressione che a Torino per diventare imperatore dovrà farne di strada. Alle 9,45 sono davanti all’ingresso di Jack, voglio essere il primo a piangere per la dipartita. Apre alle 10. Salgo lo scalone di questo negozio di abbigliamento strano, romantico, elegante, riservato, raffinatissimo che si sviluppa al primo piano di un antico palazzo torinese. Jack Emerson è il luogo simbolo dello stile britannico e torinese. Le lane migliori di Scozia, Gran Bretagna e Irlanda. Abiti che sembrano tagliati su misura per il cliente, leggendarie e ormai introvabili giacche a tre bottoni e poi gonne, pullover, camicie e camicette, scarpe, cappotti, impermeabili, cravatte, accessori introvabili in qualsiasi parte del mondo. Mai, nemmeno una sciarpa, con un filo di sintetico. In queste grandi e ricolme stanze tutto è marchiato da una filiera riconosciuta e di eccezionale qualità. Venivamo qui nella metà degli anni Sessanta perché Cesare Barbero, l’ideatore di questa meraviglia, conosciuto come il Ragioniere, aveva cominciato ad importare pullover dalla Gran Bretagna. Ricordo come ieri il mio minipull a righe arcobaleno comprato qui con mia sorella Elisabetta. Era come essere a Carnaby Street. E i Saxone, quei mocassini stilosissimi. In queste stanze giganti e odorose di buona lana, i commessi sono gli ultimi made in Torino: cortesissimi, amichevoli quel tanto che basta. Ottimi consiglieri con un pregio: non chiedono mai se vuoi comprare altro. Come ricorda il giornale, tra i fedelissimi clienti Boniperti, Rossella Falk, Pier Paolo Pasolini, Gabriella di Savoia, gli Agnelli, l’Infanta di Spagna, attori e scrittori. Ricordo benissimo il Ragioniere seduto dietro alla sua cassa che scontava qualsiasi capo acquistato. Era una specie di rito, ma te ne andavi con la sensazione di avere fatto un buon affare. In meno di cento metri ci sono tutt’ora Jack Emerson, il ristorante Il Cambio e la libreria Luxemburg. In qualche modo tre gioelli legati tra loro, per cultura, passione e tradizioni. Stamane mi hanno detto che si può dire che apriranno un altro punto vendita in centro. Dove, lo sapremo alla fine di febbraio quando chiuderanno via Cesare Battisti. Oggi ho acquistato abbastanza (sconti dal 30 al 50%) per non pentirmi di non essere stato qui nel primo giorno dell’addio al tempio dello stile e della mia giovinezza. Me ne vado passando da via Roma e, sotto i portici, chiudo gli occhi per non vedere l’orrore delle giacche a due bottoni a euro 99,9.
