JIHAD VS ISRAELE. CONCLUSIONI E PREVISIONI A MEDIO TERMINE

Si è conclusa l’attuale tornata di scontri fra Israele e striscia di Gaza. Nonostante la polvere dei bombardamenti non si sia ancora completamente posata è gia possibili trarre delle conclusioni, seppure parziali, e arrischiarsi a delle possibili previsioni sui prossimi mesi.Gli israeliani hanno diversi motivi di cui ritenersi soddisfatti ma altrettanti ai quali guardare con timore in previsione dei possibili sviluppi nella regione. La cosa più importante è che Israele ha preso l’iniziativa ed ha deciso di colpire per primo dove e quando gli era più congeniale. Per il governo e l’esercito israeliano Baha Abu Al Ata non era certo uno stinco di santo ed era considerato il responsabile di oltre il 90% dei razzi lanciati dalla striscia di gaza verso Israele negli ultimi mesi. Non ci sarebbe da sorprendersi se venisse fuori che Hammas, o qualcuno dei suoi collaboratori, avesse passato all’IDF le coordinate esatte di dove si trovasse la notte nella quale è stato ucciso. A quelli che storgono il naso di fronte ad una teoria cospirazionista del genere consiglio di guardare la serie televisiva “Fauda”, molto più vicina alla realtà di quanto si possa credere.Altro grande fattore positivo dal punto di vista israeliano è il fatto che Hammas, di fatto il governante della striscia, non si sia esposto in prima persona rivelando così che anche per Haniya e compagni la fazione Jihadista fosse diventata una presenza troppo ingombrante e scomoda. Anche gli iraniani, i finanziatori della Jihad, sono rimasti a guardare, evitando di aprire altri fronti dai confini settentrionali di Israele, Libano e Siria, dove hanno una rappresentanza di tutto rispetto, Hezbollah in primis.Non è chiaro invece se l’eliminazione mirata del numero due della Jihad islamica di Gaza sia una promo al ritorno ad azioni del genere che erano state accantonate negli ultimi anni.Dove invece c’è da preoccuparsi, almeno dal punto di vista israeliano, è nella quantità di razzi più o meno precisi in mano ad una formazione relativamente minoritaria e meno organizzata rispetto a Hamas. Il lancio di oltre 400 razzi ha praticamente paralizzato la vita di oltre un milione e mezzo di israeliani, causando la chiusura di scuole, negozi, ristoranti e riducendo in maniera drastica i trasporti pubblici e privati.Se il colpo inferto ai jihadisti sia stato più o meno decisivo lo vedremo nei prossimi mesi, per la leadership di Hamas la situazione creatasi potrebbe rivelarsi un’opportunità unica. Migliorare la situazione economica della popolazione e investire su infrastrutture civili è l’unica maniera per farsi perdonare il “tradimento” nei confronti dei fratelli palestinesi. Per Israele avere due interlocutori palestinesi, Abu Mazen e Hamas, è già troppo, figuriamoci averne tre! Sarebbe la prova concreta di quanto il popolo palestinese sia frammentato e incapace di adottare un’unica linea politica di comportamento.Dal punto di vista interno gli ultimi scontri potrebbero essere la classica quadratura del cerchio per sbloccare lo stallo nel quale si trova la politica israeliana, incapace di formare un governo stabile. Ne Netanyahu ne il suo antagonista Gantz, sono in grado di formare una coalizione di governo, e le pregiudiziali che hanno espresso uno nei confronti dell’altro sono tali che ci si trovi ad un punto morto. Nelle situazioni di emergenza come quella appena conclusasi il paese si ricompatta sempre e questa potrebbe essere l’occasione per arrivare ad un governo di unità nazionale dove ognuno potrebbe fare delle rinunce fino ad ora impensabili “per il bene della nazione”.In conclusione le ultime giornate appena trascorse non lasciano intravedere sviluppi clamorosi e soluzioni inaspettate. A seconda degli interessi dei contendenti in campo il prossimo scontro sarà questione di settimane, forse mesi, non certo anni.