MATTEO BOE, SUSSURRI E GRIDA
 
        L’ho visto di persona una sola volta, a Tempio Pausania per il processo Farouk. Una belva in gabbia, una pantera: impressionante. Ma me ne ha parlato a lungo la moglie, Laura Manfredi, conosciuta a Bologna, all’università segno anche di un mito che non esiste più, quello dei sequestri rurali. Tre figli, concepiti in latitanza, quasi una beffa allo Stato. E’ stato 25 anni in carcere, fino al 2017. Adesso frequenta un corso di formazione per guida ambientale turistica escursionista. Ha 61 anni ma è in perfetta forma fisica. E dunque, se vincerà il concorso regionale, passerà il resto della vita come ha sempre fatto: scalando le sue montagne ma stavolta accompagnando i turisti, non sequestrandoli. Un destino che s’intreccia con quello di Graziano Mesina che, prima di tornare nuovamente in carcere, non poteva che fare la guida turistica a Orgosolo. Come se si fossero passati il testimone non solo nell’Anonima Sarda. Nel libro “Sequestro di persona” (Editori Riuniti, 2000) ho scritto molto di Matteo Boe. Questa è una sintesi. Laura Manfredi è la compagna da molti anni di Matteo Boe. Non bellissima ma attraente. Soprattutto intelligente, carismatica, con due occhi che possono competere con quelli da pantera del suo uomo. Gli ha dato tre figli, a dispetto della lunga latitanza. “Più ti conosco – le ho detto una volta, in confidenza – e più sono convinto che c’eri tu sul gommone a prendere Matteo che scappava dall’Asinara”. (…)Una circostanza che non è mai stata accertata ma su cui Laura naturalmente non apre bocca, limitandosi a sorridere, compiaciuta. Il primo incontro con la Manfredi è avvenuto quando ancora Boe non era stato arrestato. Abbiamo cercato la sua casa, a Lula. Ma prima di chiedere al bar centrale, siamo saliti in un’altra casa, quella di Mario Asproni, condannato a trent’anni per il rapimento di Farouk. Era uno dei due uomini ritratti davanti alla presunta grotta dov’era rinchiuso il bambino nelle foto trovate nel borsello di Boe quando fu arrestato in Corsica. Ci serviva il “lasciapassare”. In certi posti della Sardegna funziona così. Ecco dunque la donna del presunto capo dell’Anonima. Ammesso che ancora esista un’Anonima. In realtà Laura si sente un po’ la compagna di “Robin Hood”. Bisogna sapere, anche per capire che forse qualcosa sta cambiando, che si sono conosciuti a Bologna, all’università. Mi accoglie accanto ai tre figli. – Laura, chi è Matteo Boe?+”Sicuramente una persona che ha sequestrato una donna, dieci anni fa. Lo ha confessato ed è stato condannato. Ma so anche che è accusato di molti altri sequestri” – Secondo gli inquirenti è un capo. “Pensano che sia il capo perché non è come gli altri. Forse ha più cervello. Come se fosse una colpa parlare di isolamento”. – In latitanza avete fatto tre figli “Forse non siamo bestie come pensa la gente. C’è spazio anche per l’amore. Ma significa anche, voglio essere sincera, che poi non c’è tutto quest’impegno dello Stato per prendere i latitanti. Ci si muove soltanto quando l’opinione pubblica è indignata”. “Io non sono sicura che Matteo, come tutti gli altri, sia sempre stato giudicato sui fatti e non costruendo teoremi. Il capo storico dell’Anonima Sarda, Graziano Mesina, disse una volta che un latitante è un coperchio per coprire molte pentole. Temo che questo ai processi sia stato il destino di Matteo. La fama di capo certo non gli ha giovato”. “Un delitto fra i più gravi. E’ grave però anche l’ingiustizia sociale”. “Questo è un paese dove volano ancora aquile e falchi, grifoni e cormorani, dove mufloni, cervi e volpi vivono liberi, dove i monti e le foreste, le valli e le grotte rimandano echi, suoni, storie e leggende di mondi antichi. Questa è gente fiera ma pudica, quasi ritrosa. Qui ci sono silenzi importanti, positivi. Quando finiranno i sequestri? Quando questa gente sarà capita, aiutata e finirà l’ingiustizia”. Dunque, a quattro anni di distanza dal sequestro, per la giustizia i custodi e i vivandieri di Farouk sono stati due pastori: Mario Asproni, 36 anni, e Ciriaco Baldassarre Marras, 27, entrambi di Lula come Matteo Boe. Le foto davanti alla grotta-prigione li hanno incastrati. (…) Il processo, ineccepibile da un punto di vista tecnico, ha offerto solo squarci di verità su un sequestro clamoroso, ancora pieno di ombre, anzi di autentici buchi neri. Farouk è stato rapito almeno da dieci persone: e gli altri otto? Quella sul Montalbo è stata sicuramente una delle prigioni: e le altre due, forse tre? (…)Per non dire della cattura troppo facile di Matteo Boe. Quanti misteri, ancora: troppi. Strano posto la Barbagia, abitata da gente cocciuta, che in genere non parla e poi invece insiste a raccontare quando non vuoi sapere, perché sono storie troppo pericolose.
