GIULIO REGENI 4 ANNI DOPO. INTERVISTA A RICCARDO NOURY, PORTAVOCE AMNESTY INTERNATIONAL

GIULIO REGENI 4 ANNI DOPO. INTERVISTA A RICCARDO NOURY, PORTAVOCE AMNESTY INTERNATIONAL

Alle 19.41 del 25 gennaio 2016 il nome di Giulio Regeni si è unito a quelli dei tanti egiziani vittime di sparizione forzata e poi di tortura e di omicidio nel loro Paese. Sono trascorsi quattro anni e le autorità egiziane si ostinano ancora a non rendere noti i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio. Sin dall’inizio hanno scelto la tattica del depistaggio, della perdita di tempo, delle promesse non mantenute. Quattro governi italiani sono stati interlocutori delle autorità egiziane e non hanno saputo, o voluto, chiedere con la necessaria costanza e fermezza la verità per Giulio. Amnesty International ha seguito la vicenda in questi anni sostenendo la famiglia di Giulio nella richiesta di verità. Sabato 25 gennaio 2020 in molte città italiane si terranno fiaccolate e altre iniziative organizzate da Amnesty  per non far cadere il silenzio sulla vicenda Abbiamo intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. In calce trovate l’intervista in audio A quattro anni dalla sparizione di Giulio Regeni, Amnesty International propone una serie di fiaccolate in molte città italiane. Tra le molte battaglie di Amnesty quella su Regeni ha occupato  molte delle vostre energie Qual è la particolarità di questo caso? E’ una vicenda particolarmente grave che coinvolge un cittadino italiano. Ha a che fare con le relazioni diplomatiche tradizionalmente buone tra due Paesi come Italia ed Egitto. L’idea che un ragazzo che si trovava in Egitto per motivi di studio sia sottoposto a quattro violazioni terribili dei suoi diritti, un sequestro di persona, una sparizione, torture efferate e poi un assassinio, è qualcosa che non ha molti precedenti e meritava la massima attenzione.La nostra è una campagna che può sembrare vecchia, basata su affissioni di questo striscione che appare su centinaia di facciate di Enti Locali, Università, Scuole, balconi privati. E anche se la campagna non ha avuto ancora successo perché la verità su Regeni non ce l’abbiamo, il fatto che sia in piedi da quattro anni è motivo per noi di orgoglio. Facciamo il punto sulle poche certezze che abbiamo rispetto all’inchiesta sul rapimento e l’omicidio di Giulio Regeni. Abbiamo una verità che potremmo definire storica, scientifica, basata sulla conoscenza di quello che è il sistema delle violazioni d diritti umani in Egitto, che ha portato fin da subito a definire un delitto di Stato quanto accaduto a Regeni. In questi quattro anni c’è chi ha fatto il suo dovere fino in fondo, come la Procura di Roma, che è arrivata a iscrivere nel registro degli indagati dei funzionari dei servizi d’intelligence egiziana. Secondo le indagini questi hanno avuto un ruolo nelle situazioni precedenti al rapimento. Sappiamo da una testimonianza che un agente egiziano ha detto a dei suoi colleghi africani, durante un incontro avvenuto in Kenya, di aver personalmente preso parte al sequestro di Giulio. Ci sono dinamiche che ci portano a dire che a lui sia successo quello che purtroppo accade a tutte le Giulie e i Giulio d’Egitto, con dinamiche analoghe, stessi protagonisti e purtroppo stesso esito. La fiaccolata servirà a riportare attenzione sulla vicenda. Lei ritiene che l’azione politica e diplomatica dell’Italia sull’Egitto sia stata sufficiente? No, come dicevo, c’è chi ha fatto il suo dovere, come la Procura, e altri due soggetti che non l’hanno fatto. Da uno potevamo aspettarcelo: il regime egiziano è basato sull’impunità, il depistaggio e il silenzio, quindi ha fatto quello che fa di solito. Ci si aspettava da parte dei governi italiani qualcosa di più. In questi quattro anni l’unico gesto significativo, il ritiro dell’ambasciatore è stato annullato da una decisione inopportuna nell’agosto 2017. Oggi, con la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Italia e Egitto, non c’è stato alcun passo avanti nella ricerca della verità, al contrario le relazioni sono progredite, i dossier su cui ci sono punti di visti comuni sono tanti, i rapporti economici e commerciali sono andati sempre più a gonfie vele, la cooperazione nel campo militare, giudiziario, persino nella fornitura di armi è andata avanti, ma ogni volta c’è qualcosa che si mette davanti alla necessità di andare fino in fondo alla verità per Giulio. E’ evidente che questa strategia di chiedere la verità sommessamente, puntando sui buoni rapporti, quasi come se fosse una cortesia, non ha funzionato. I genitori di Giulio dicono che dobbiamo chiedere un cambio di passo, e la prima cosa è chiedere di nuovo che l’ambasciatore italiano vada via da Il Cairo, cosa che noi di Amnesty International ci sentiamo di appoggiare, così come altre necessità, che si lavori ad esempio a livello internazionale per incidere sulla reputazione dell’Egitto, che è un Paese che viene premiato ogni volta, purché non si parli dei diritti umani. Qui l’intervista a Riccardo Noury in audio