“ALLA MIA PICCOLA SAMA” UN DOCUMENTARIO STREPITOSO
“Quando mi sembra di soffocare, nella calma che precede il massacro, esco con la mia telecamera e inizio a girare. Ho il bisogno di sentire il flusso. Di vedere intorno a me persone vive”.Il documentario “Alla mia piccola Sama” secondo me è strepitoso. Scuote, disturba, cerca un contatto.La regista, giovane reporter siriana – Waad Al-Ketab – filma in presa diretta l’assedio di Aleppo e la guerra civile mentre la vive sulla sua pelle. Ci sono la cinepresa e i suoi occhi azzurri, mentre il cielo è sempre plumbeo. Vedono i feriti, le bombe, i missili russi – ma sentono anche forte la comunità che si forma intorno all’idea di “resistere e restare”, aiutando le vittime innocenti del conflitto.Tra abbracci, ciotole di riso pieno di vermi e bambini che vanno a scuola nel sottoscala e hanno fame, Waad racconta soprattutto l’amore per il medico attivista e compagno Hamsa, la famiglia che riescono a costruire e il senso di protezione per la loro figlia Sama che “non piange mai”, neanche da neonata in mezzo alla guerra: “Non piange perché capisce già quello che le voglio spiegare”, dice la mamma. E’ triste e combattiva, il binomio che nelle persone a me piace di più.Le immagini del documentario sono una sorta di lettera alla piccola, per quando sarà grande. E’ a lei che si rivolge: “Così saprai perchè io e tuo padre abbiamo scelto di rimanere in Siria”. Filma per Sama, quella giovane donna. In fondo tutti scattiamo e filmiamo e scriviamo pensando a qualcuno in particolare, non è vero?Ci sono momenti strazianti – l’ospedale come un fiume di sangue -, momenti in cui è difficile non girare lo sguardo – come quando un neonato pare nato morto, e all’improvviso invece, squarciando il tetro intervallo tra una bomba e l’altra, scoppia nel pianto più liberatorio e precario della storia. “Per la mia piccola Sama” consegna anche la prova concreta che le bombe colpivano strategicamente gli ospedali.Le ultime immagini sono per la famiglia migra via. Insegnano la potenza della gente che crede “politicamente” in qualcosa, e cioè la vita umana.In queste ore, di Siria in Italia non si parla, solo sui giornali stranieri. Ancora 500 mila bambini sono in fuga nella regione dell’Idlib, a nord ovest del Paese. La cifra è incredibile. Inimmaginabile. Con loro ci sono 300 mila adulti, per lo più mamme. C’è la neve, laggiù, mentre noi scoppiamo dal caldo. Penso a quanto grande è il mondo, e quanto sarebbe bello vedere tutto, filmare tutto. Per raccontarlo a qualcuno.
