MANCANO I POSTI SERVE UN PIANO DI LAVORO GARANTITO

MANCANO I POSTI SERVE UN PIANO DI LAVORO GARANTITO

Qualsiasi forma di salario minimo garantito non può curare la malattia della disoccupazione. Se pertanto usciamo dalla logica di essere considerati meri consumatori (consumo ergo sum) ma, piuttosto, come affermato sopra, guardiamo al lavoro come una possibile fonte di arricchimento personale e sociale in senso lato, allora perché non considerare il fatto che sarebbe meglio un lavoro garantito piuttosto che un reddito garantito e, pertanto, iniziare a lottare per ottenerlo? Perché non contribuire a rafforzare il mondo del lavoro in modo tale che, se davvero il lavoro dovesse divenire progressivamente superfluo, si possa pensare a ridurre e redistribuire gli orari di lavoro, invece di creare una società spaccata in due, in cui una parte sempre più piccola lavora per pagare le rendite dell’altra parte? E tuttavia, riguardo al creare lavoro, dal lato strettamente economico occorre osservare come neanche uno stimolo, sic et simpliciter, alla domanda potrebbe essere efficace nella creazione di un numero e di un tipo di posti di lavoro tali da costituire una reale opportunità di inclusione sociale: si aumenta la spesa e si spera che i consumi inneschino un meccanismo tale da generare un incremento di produzione che faccia aumentare i posti di lavoro. Ma non è così. In generale si pensa che basti invocare politiche keynesiane perché tutto si risolva. Lo stesso Keynes, in realtà, non si è espresso completamente su come sostenere politiche di bilancio che vengano indirizzate esplicitamente e direttamente a favore dei disoccupati, anche se in molti suoi scritti emerge un chiaro progetto a favore di un programma di lavoro “all’occorrenza” permanente e disponibile a tutti.