COME È DIFFICILE DIVENTARE ITALIANI

COME È DIFFICILE DIVENTARE ITALIANI

Sentite questa storiella. Una mia amica tedesca, da molti anni in Italia con permesso permanente, decide di chiedere la cittadinanza italiana. La domanda può essere presentata soltanto on line, pagando 200 euro, e compilando una ventina di pagine. Riempie tutto, richiede il certificato penale in Germania, lo fa tradurre come previsto da un interprete dotato di certificazione del tribunale e riceve via mail la convocazione per la verifica cartacea dei documenti, di lì a due mesi. Più precisamente, doveva presentarsi agli uffici della Prefettura di Roma, in via Ostiense 131, lunedì 17 luglio dalle 9 alle 11. Entro nei dettagli perché tutto quello che dico deve essere verificabile. Arriva prima delle nove e viene indirizzata e stipata in un corridoietto stretto, senza circolazione d’aria, assieme a un’ottantina di persone, a destra i migranti per chiedere il permesso di soggiorno, a sinistra le cittadinanze. Ma il servizio inizia alle 9,20, con venti minuti di ritardo: il 20 per cento del tempo utile è stato già bruciato. Entra l’”aspirante italiano” con il numeretto 1, e non esce più. Poco prima delle dieci si presenta sulla porte un’impiegata, con questo ferale annuncio. “Ci dispiace, il sistema stamattina non funziona: non riusciamo a metterci in contatto col ministero dell’Interno. Tornate venerdì, dalle 9 alle 11”. C’è gente che si è assentata dal lavoro per un giorno, chi ha preso il treno e poi i mezzi pubblici per arrivare lì, la mia amica stessa ha guidato per 70 chilometri all’andata e altri 70 ne deve fare per tornare a casa. Immaginiamo le reazioni incredule, i sospiri di delusione. L’amica torna il venerdì. Analizzano il cartaceo e glielo restituiscono. “E’ tutto a posto. Se entro due anni e mezzo non riceve la cittadinanza, ci contatti”. Due anni e mezzo, capite? Dopo aver speso quattro-cinque mesi a raccogliere tutti i documenti (e le persone più anziane hanno dovuto sborsare altri 150 euro, per farsi fare la pratica online da un patronato). Così funziona la burocrazia italiana, sotto la guida di assai ben pagati dirigenti, per i quali la variabile tempo non esiste. Ma c’è di più. Incuriosito dalla vicenda, sono andato sul sito della Prefettura, alla voce cittadinanza, Area IV bis, retta dal viceprefetto aggiunto Maria Gabriella Casaccio e ho letto le regole per poter presentare la domanda : dieci anni di residenza legale ininterrotta per i non appartenenti all’Unione europea, quattro anni per i cittadini europei, cinque anni per i rifugiati mentre possono chiedere la cittadinanza anche i “maggiorenni nati in Italia residenti da 3 anni”. Ma no, errore marchiano! I ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, come tutti sanno, debbono avere 18 anni di residenza ininterrotta, non tre, e dalla maggiore età hanno solo un anno di tempo per fare domanda, se no rischiano di diventare irregolari! Se tuo padre si è dovuto trasferire in Svizzera per un anno con la famiglia e poi tornate, tu non puoi presentare la domanda, perché non ci sono i 18 anni di residenza ininterrotta. Ho catturato l’immagine e ve la propongo. Se nel tempio degli adempimenti e delle regole, si danno istruzioni sballate su una legge che è nel 1991, stiamo proprio freschi. Naturalmente, anche chi ha commesso questo errore di compilazione e di controllo avrà il suo bravo premio di risultato.