SCUOLA MEDIA, DA 3 A 2 ANNI: CE LO CHIEDE L’EUROPA

SCUOLA MEDIA, DA 3 A 2 ANNI: CE LO CHIEDE L’EUROPA

“Ce lo chiede l’Europa”, questo il refrain di tremontiana memoria utilizzato da ministri e politici di turno, ogni qualvolta si doveva far digerire un boccone amaro agli italiani. Ai quali non restava altro che piegare la testa e andare avanti, cornuti e mazziati, come si suol dire.A rispolverare il leitmotiv la pugliese Angela D’Onghia, sottosegretaria all’Istruzione nei governi Renzi (eletta con Scelta Civica, ora in Popolari per l’Italia) e Gentiloni, imprenditrice nel settore dell’abbigliamento, nella vita privata, intenzionata a portare la scuola media, ovvero la scuola secondaria di 1° grado, da 3 a 2 anni. Perché appunto “ce lo chiede l’Europa”.Così dopo la sperimentazione dei 100 licei brevi, passati da 5 a 4 anni, che partiranno da quest’anno scolastico e, destinati ad allargarsi di numero sino a divenire obbligatori in un prossimo futuro, arriva la nuova sfornata. Un taglio di qua, uno di là, ecco servito il nuovo percorso formativo “di due più due più tre”, al termine della scuola primaria. Un nuovo abito, più corto, più snello con meno stoffa, meno accessori, meno fronzoli, quindi meno costoso. Per chi lo deve confezionare, s’intende. Perché, al di là delle dichiarazioni di circostanza sulla modernizzazione dei cicli scolastici verso un percorso unico, l’idea di fondo è sempre la solita su come risparmiare. Lo capirebbe anche un bambino che accorciare gli anni di formazione significa diminuire le cattedre, diminuire il personale docente e amministrativo, in un parola diminuire i costi di un settore che da decenni viene visto come il fumo negli occhi. Del resto come dimenticare che “con la cultura non si mangia”, altro cavallo di battaglia dell’ex ministro Tremonti? L’idea di ridurre gli anni scolastici serpeggia da molto tempo. E oggi che i sindacati contano come il due di briscola si procede spediti a colpi di forbici. Per decreto, senza ostruzione alcuna. O di pochi, che però non hanno i numeri per fermare la mannaia che continua ad abbattersi sulla scuola pubblica facendone scempio. “Nessun taglio dei posti di lavoro. Anzi, avremo bisogno di avere sempre più docenti. Il nuovo modo di formare non sarà legato all’età dei ragazzi ma ai cicli, alla vita di ciascun alunno. Non si tratta solo di risparmiare ma piuttosto di un investimento serio e innovativo”,si affanna a replicare la D’Onghia a chi l’accusa di un nuovo attacco all’istituzione scolastica. Già, come non crederle. Basta vedere i decreti attuativi che hanno portato a regime la cosiddetta#buonascuola. L’alternanza scuola-lavoro, un vero capolavoro, in cui sono incappati gli studenti questa estate. Obbligati a lavorare a costo zero nei centri di ristorazione, sostituendo molto spesso il personale addetto, una vera goduria per i gestori, sfruttamento allo stato puro per gli studenti. Che hanno e continuano a denunciarne le malefatte subite. Accorciare gli anni di studio effettivo ma innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni: è questa la ricetta della ministra Fedeli per la riorganizzazione del percorso formativo. Nel quale rientra a pieno titolo appunto la scuola media ridotta da 3 a 2 anni, considerata, non si sa da chi e a quale titolo “l’anello debole della catena”. Che qualche mente geniale anziché rendere più solida e stabile pensa sia preferibile tagliare. Del resto, se ce lo chiede l’Europa, ben poco si può fare.La condizione per innalzare l’obbligo scolastico, stando alla Fedeli, consiste nella revisione dei cicli e dei percorsi didattici. Strizzando l’occhio a quanto avviene negli altri Paesi europei, alcuni dei quali fissano l’obbligo scolastico a 15-16 anni, altri a 18. Obbligo che gli studenti adempiono frequentando percorsi di studio e di formazione che combinano corsi scolastici a tempo parziale con corsi part-time presso luoghi di lavoro.Copiare i modelli europei senza averne la stoffa per realizzarli, lo abbiamo visto in altri campi, ha prodotto solo disastri. E noi in questo sì che siamo dei veri maestri.