VENEZIA 74. DOWNSIZING: DELUDE IL FILM DI MATT DAMON

VENEZIA 74. DOWNSIZING: DELUDE IL FILM DI MATT DAMON

VENEZIA 1. “DOWNSIZING”.GIUDIZIO: MEGLIO PENSARE IN GRANDE.VOTO: 8, POI 7, POI 6, POI 6 MENO MENO, POI 5/6…Il film di Alexander Payne è un’ovvia apertura veneziana, grazie al cast che garantisce un tappeto rosso di primo livello, ma è piuttosto arduo affermare che sia anche un “grande” film. Checché ne dica Matt Damon (“un copione originale, unico”) l’idea è tutt’altro che nuova e Payne la gestisce in maniera ambigua, come se non fosse del tutto sicuro su che film fare.L’idea, appunto, è che in un laboratorio norvegese venga inventata una medicina che permette di “restringere” le persone, lasciandone intatte le funzioni vitali, fino a una statura di circa 10 centimetri. Lo scopo è nobile: ridurre i consumi di cibo e acqua, nonché la produzione di rifiuti, per salvare la Terra. Damon è il borghesuccio americano che, assieme a tanti altri, accetta la scommessa: il marketing, che subito parte spietato, dice che gli stessi soldi che ci fanno menare una vita grama essendo alti 1,80 ci renderebbero ricchi una volta ridotti alle dimensioni di un toporagno. Il concetto è discutibile (si spende meno per mangiare, ma altre spese perché mai dovrebbero diminuire?) ma insomma Damon si butta, e una volta divenuto lillipuziano va a vivere in una città per “small people” un po’ alla “Truman Show”. Ma ben presto si scopre che non sono tutte rose e fiori…Non aspettatevi un film di effetti speciali: ci sono, ma molto contenuti. In realtà il film è in parte una satira sui costumi americani, in parte un “conte philosophique” con toni ecologisti e poetici. Come dicevo, Payne tenta di tenere in vita entrambi gli approcci: il primo ogni tanto gli riesce bene, il secondo proprio no. Il finale oscilla tra “Il signore degli anelli” e un apologo alla Ferreri, tipo “Il seme dell’uomo”, ma non riesce a fare in modo efficace nessuna delle due cose. Anche l’aspetto satirico poteva essere più crudele. Curiosamente in conferenza stampa hanno chiesto a Payne se fosse influenzato da Cechov e Gogol’ (?), ma nessuno – almeno per quanto ho finora letto e sentito – tira in ballo Swift: per il “Gulliver”, ma anche per la famosa e provocatoria “proposta” su come risolvere gli eterni problemi irlandesi della fame e della sovrappopolazione. Ma vorrei esser molto chiaro: 1) nessuno ha mai fatto Swift al cinema in modo efficace; 2) prima o poi, grazie agli effetti digitali, qualcuno ci proverà; 3) Payne non ci va nemmeno vicino, perché il suo film è troppo “buono”.“Nebraska”, “Sideways” e “A proposito di Schmidt” erano ben altra cosa