UNA GITA AL TERMINILLO, CON DEI RAGAZZI ECCITATI
Un sogno complesso mi ha fatto ricordare una cosa successa quando avevo 12 anni. Stavo al Terminillo, passavo sempre lì il mese di agosto ( e luglio a Numana),da sola perché mio padre e mia zia lavoravano e mio nonno era svaporato in una sera. Noi ragazzini eravamo una banda ben organizzata di teppistelli borghesi che poi, chi più chi meno, si sarebbe ben inserita nel “sistema”. Ci conoscevamo tutti da anni, alcuni di noi si frequentavano anche a Roma. Andammo a fare un pic nic sui prati, e arrivammo in un posto dove non eravamo mai stati. Mangiammo, bevemmo del vino portato di nascosto e fumammo (sì, già) placidi con la schiena sull’erba. Improvvisamente successe qualcosa. Qualcosa di non previsto. I maschi parlottavano tra loro, escludendo per la prima volta noi femmine.“Fatecela vedere” disse uno. E poi un altro e un altro. Si erano alzati e ci torreggiavano. Non avevano più lo sguardo degli amici, ma una roba strana che non conoscevo. Le mie amichette cominciarono a scappare, mentre loro le inseguivano e le palpavano. Le sentivo strillare. Feci la prima cosa che mi venne in mente: mi misi due dita in gola e vomitai addosso a Sandro che si allontanò schifato, poi finsi di svenire.“Serena sta male!” Avvertì lui. E fu come se anche gli altri maschi si risvegliassero dal loro sogno cattivo. Non successe niente, insomma, a parte un certo imbarazzo che si piazzò tra noi tutti, perché non si era più bambini ma nemmeno grandi. Quello che ci turbava, credo, era la consapevolezza ineluttabile di esserci scoperti diversi.
