QUELLA” VITA D’ ALBERGO” DI MONTES E’ LA STANZA DEL NOSTRO DESTINO

Come un film nel film, una sorta di inseguimento di se stesso alla ricerca di una stanza dove trovare finalmente la giusta dimensione. Nel caso specifico, una stanza d’albergo, una tra le mille che il protagonista ha annusato, osservato, studiato, visitato e rivisitato. Sì perché lui, il giornalista, si occupa da tempo di qualcosa di vetusto, o meglio, lo pratica in modo vetusto. Il “gradimento”, che si misura a stellette di consenso, che si segue su Internet per non farsi fregare, il TripAdvisor dei soggiorni in alberghi da “recensire”, lui lo pratica a modo suo: scrivendo, raccontando nei dettagli, recensendo sul suo giornale il comportamento di un addetto alla reception, di una cuoca in cucina, di un cameriere; insomma lui, in incognito, entra in un albergo per distruggerlo o portarlo agli onori della cronaca turistica. Roba da intenditori, anche un pò snob, anzi molto snob all’apparenza. Ed è forse proprio questa descrizione di una realtà in continuo mutamento ma che resta tra le quattro pareti di una stanza, a creargli una silenziosa ansia di evasione da ciò che è routinario.Javier Montes, scrittore quarantaduenne di Madrid, nel suo nuovo libro “Vita d’albergo” (ed. Nutrimenti), offre al suo “uomo senza qualità” l’opportunità di redimersi da se stesso facendolo inciampare nell’ “avventura proibita”. Ed è così semplice, sembra; basta “deragliare” per caso. Invece di quella chiave per aprire la solita porta, gliene offrono involontariamente un’altra che apre una stanza che non è la “sua” stanza ma quella che il destino ha voluto fosse “la stanza sbagliata”. Lì, tra coperte arruffate, lenzuola strappate illuminate da una luce fioca ma vivida, si sta girando un video porno. L’attricetta è nervosa, il giovane partner non le sta dietro a dovere, c’è tensione. Lui intanto si nasconde, osserva, fa il guardone ma ovviamente viene scoperto. Eppure non accade niente: la donna-regista lo scansa, esce dalla stanza, rientra, gli chiede “cosa ci fa lei qui?” ma senza dare troppo peso alla sua presenza; così come Pedro, il suo aiutante che manovra la telecamera.E’ l’inizio di una ossessione. All’Hotel Imperial quella sera è accaduto qualcosa che lui, il protagonista, non potrà né vorrà più dimenticare ma, al contrario, inizierà a desiderare incessantemente. D’altronde lo aveva confessato proprio all’inizio: «Forse sono troppo sentimentale, di sicuro ho buona memoria. Ho notato che, a partire da una certa età, le due cose si confondono, sarà per questo che preferisco gli alberghi che sanno ricordare». Montes, da abile narratore e indagatore dell’anima, dissemina il suo romanzo di riflessioni che, a partire dall’oggettività inanimata di cose, oggetti, volti, ombre, diventano un modo profondo di pensare l’esistenza: «A volte il tempo si prende la rivincita facendo agli alberghi un regalo maledetto: li mette da parte e accelera fino a trasformarli in isole senza porti, in paludi dove ristagnano e cominciano ad avere un odore dolciastro gli anni che non hanno smesso di fluire con astio fuori dalle stanze». O ancora, riferito all’implicito desiderio del protagonista: «Perché fare finta di essere al corrente dei decreti che stabiliscono cosa può o non può succedere, se dentro di noi sappiamo benissimo di essere noi stessi gli artefici di tutto quanto, di ciò che più desideriamo e di ciò che più temiamo? A volte non dobbiamo nemmeno sforzarci troppo di desiderare: è sufficiente farlo per pochi giorni, nei ritagli di tempo».La donna, quella donna del porno, gli si ripresenterà, gli parlerà, gli chiederà se può invitarla nella sua stanza e le svelerà un segreto: è un’avida lettrice dei pezzi che il protagonista scrive sul proprio giornale. Perché lei, in fondo, ha un’occupazione non troppo diversa: «Questo è il mio lavoro. E’ una pagina web, come puoi vedere e l’indirizzo è www.vitadalbergo.com. Sì, è così, faccio anche io una vita d’albergo». Sceglie ragazzi, ragazze, coppie da provinare («rigorosamente non professionisti») nelle stanze, gira spezzoni di video hard poi li carica sul suo sito e fa business. Dunque la vita improvvisamente ti offre diverse prospettive e quasi opposte “morali” dalle quali guardare e vivere il tuo lavoro e la tua esistenza. Eccolo il senso ultimo di “Vita d’albergo”, unitamente ad una discesa senza alibi nel desiderio: «In fondo – dice il protagonista – avevo paura di incontrarla perché temevo che si manifestasse all’improvviso sul suo volto, in ciò che avrebbe detto o taciuto, il divario improvviso e doloroso tra i suoi pensieri e i miei. Ma io sono stanco di stare da solo nel mio sogno, di costringermi a non immaginare sviluppi di questa storia. Ho calcolato male le mie forze: ho pensato che avrei potuto seguirla così per molto tempo. Che avrei tratto un piacere maggiore dal cercarla che dal trovarla. Ma non sono più convinto che sia una buona soluzione…».