LA FUGA DEI CERVELLI? UN VERO ESODO

LA FUGA DEI CERVELLI? UN VERO ESODO

Che l’Italia non sia un paese per giovani lo si scrive e lo si denuncia da tempo.Basta guardarsi attorno. Non servono statistiche per confermare quanto è già evidente nelle nostre case, nelle nostre città da nord a sud, isole comprese. E se non è appetibile per i giovani in generale, figuriamoci per chi ha completato un percorso formativo universitario. Sono tanti, troppi,i Marcello, Tiziana, Valerio, Francesca, Davide e Maria che, terminati gli studi accademici, dopo essersi guardati intorno, inviato centinaia di mail e di CV, sostenuto innumerevoli colloqui conclusosi con il classico “le faremo sapere”,che si traduce poi con un nulla di fatto,hanno deciso di spiccare il volo.Dapprima in numero contenuto, poi sempre di più. Fino a perderne il conto. Tanto che più che fuga lo si dovrebbe definire esodo quella dei ‘cervelli’ oltre i confini. Non c’è agenzia o istituto di ricerca che non rimarchi, periodicamente, questo trend negativo oltre che inarrestabile. L’ultimo, il quinto Rapporto Istat sul benessere equo e sostenibile (BES), pubblicato qualche mese fa, conferma, ancora una volta quanto sia incontrovertibilela scarsa capacità del nostro Paese di trattenere in suolo patrio i proprio talenti.Nel 2016, oltre 10000 laureati hanno oltrepassato i confini, il doppio di quanto registrato nel 2012.Una perdita inestimabile per il nostro Paese.Un potenziale umano, che si è formato in Italia ma che andrà a fare grandi quei Paesi dove la cultura, a differenza del nostro, la promuovono, la incentivano, la finanziano e la retribuiscono. Siamo il Paese dei paradossi. Veniamo costantemente bacchettati per essere la maglia nera in Europa per numero di diplomati e laureati e poi quando possiamo contare su queste eccellenze ce le facciamo sfuggire. Incapaci come siamo di trattenerle con opportunità lavorative adeguate.Non c’è Regione esente da questa fuga,anche se il picco più considerevole come sempre spetta al Sud e alle isole dove la disoccupazione giovanile raggiunge cifre esponenziali.Politiche inadeguate, scarse risorse (solo un risicato 4% del Pil rispetto al 5,2% della media Ocse, è destinato all’istruzione),lungimiranza pari a zero per il dopo percorso universitario. Un cane che si morde la coda. Sono troppo pochi i laureati etroppi, tra quei laureati,coloro che mettono in valigia sogni e aspettative di un futuro vivibile per cercare all’estero nuove e migliori opportunità di lavoro e di vita:circa 3mila ogni anno.Un’emorragia di talenti in fuga da un’Italia che non saprebbe cosa farne, una grave ferita economia e sociale.Quantificabile in oltre 14 miliardi,secondo un recente studio di Confindustria.Inestimabile invece la perdita umana. La migliore perché la più giovane, la più istruita, la più vitale.Una perdita che pare non preoccupare la politica se non quando è a caccia di voti. Quando avremo un governo capace di cambiare verso, coi fatti e non con le chiacchiere, sarà sempre troppo tardi