LA PROVINCIALE MILANO IN CODA PER UN CAFFE’

LA PROVINCIALE MILANO IN CODA PER UN CAFFE’

Milan l’è on grand Milan. Talmente grande che si sveglia all’alba, eccitatissima, per un bar. Anzi, un franchising. (PREMESSO CHE chiunque va nei bar che gli pare e che non esiste un modo giusto di bere il caffè o di stare in una città. Se avete posizioni ragionevoli tipo “io non mi sono esaltato, ma a sto punto figata”, NON PARLO CON VOI) La città che si pensa metropoli, la capitale morale illusa di essere tra le vincitrici della globalizzazione, si esalta per una roba che c’è anche nel più sfigato paesino dell’Iowa, nella più ridicola cittadina dell’Arkansas, in qualunque aeroporto. Che Milano sia la città in Italia che se la passa meglio in questi anni è indubbio. Che Milano sia una moderna città europea, mah: il fatto che i suoi cosmopoliti abitanti si eccitino per un frappuccino la dice lunga. Se davvero – come leggo in molti post – non se ne poteva più dei bar meneghini, degli spazi angusti, della gastronomia scadente, da una città spumeggiante come si proclama Milano mi sarei aspettato un progetto locale, una (la parola mi fa orrore) start-up. E invece no: si aspetta la Liberazione. Nei centri di tutte le città del mondo, ormai, trovate le stesse cose: a Oxford Street come sulla Quinta Avenue, fino a via Toledo o via del Corso. Tutti a fare shopping da Zara, o da H&M, se siete un po’ più facoltosi da Vuitton o Burberry’s; un bel caffè da Starbucks, poi tutti a casa con i nostri mobili Ikea. Che si viva a Lisbona o a Budapest, cambia poco. Sicuramente la mia città se la passa molto male, in questo periodo. Ma viva la mia città – o almeno quella sua parte – troppo altezzosa, troppo povera, troppo cafona per essere travolta da questa furia. Andremo a fondo comunque, ma ci andremo a modo nostro. Abbiamo un sacco di difetti, ma la megalomania di chi si sente (del tutto a torto, ma ne parliamo un’altra volta) erede di civiltà millenarie rimane un pregio: ci impedisce di esaltarci per un caffè a 1,80€