VENEZIA 2018: “AMERICAN DHARMA” MORRIS VS BANNON. IL GENERALE SELVAGGIO E IL DOCUMENTARISTA BOMBARDIERE

VENEZIA 2018: “AMERICAN DHARMA” MORRIS VS BANNON. IL GENERALE SELVAGGIO E IL DOCUMENTARISTA BOMBARDIERE

Che sorpresa non vedere qui al Lido, dopo Salvini, anche Steve Bannon, il cervello dei conservatori americani, l’istigatore di Charlottesville, il fidato e astuto braccio destro di Trump nella fase finale, vincente e spettacolarmente scorretta della campagna presidenziale 2016. E non sentire neppure il suo nome scandito dall’altoparlante alla proiezione non pienissima diAmerican Dharma(ovvero il destino, il fato e il dovere americano è quello di essere i killer del mondo,a fin di bene)che Errol Morris, il più adorato dei documentaristi-artisti, convinto elettore di Hillary, ha voluto realizzare con e sul suo ex compagno di studi ad Harvard, l’ “apocalittico razionale”, come si definisce, che vuol strappare i repubblicani ai petrolieri e fondare un “partito operaio nazionale d’America”. Perché parlare con Mazzarini moderni così pericolosi? Perché – spiega Morris – “con i nemici bisogna discutere, comprenderne le strategie”, smascherarne le bugie, convincerli dei loro errori, se no come si batte la destra suprematista, nativista e fascistoide, rampante in tutto il mondo? Perché, cerco di spiegarvelo, sono Richelieu“tigri di carta”. C’è comunque chi assicura di avere visto il biondo e corpulento “Lucifero di Breitbart” (il sito on line di “fake news” finora più efficace della storia che si è avvalso di protettori ben globalizzati) intrufolarsi subdolamente nella platea del Palazzo del Cinema, ma più per citare, da cinefilo quale è, i tic nevrotici di Terrence Malick, che per paura di una sinistra festivaliera, che sembra sparita, o di una destra giustizialista. Ma le polemiche suscitate a New York e Londra dopo il doppio invito delNew Yorkere dell’Economiste il boicottaggio dei loro festival da parte di Jim Carrey, Judd Apatow, Laurie Penny e Ally Fog che si rifiutano di discutere con questo nuovo prototipo diun-american, gli devono aver consigliato il profilo bassissimo. Eppure della “requisitoria” di Errol Morris, 95′ di interrogatorio in un hangar d’aeroporto (per citareCielo di fuoco, il film preferito da Bannon), opera prudentemente collocata fuori concorso da Barbera, il Falstaff di Trump (il Presidente si è poi sbarazzato del suo acuto giullare) è il protagonista assoluto. Qualcuno aggiunge stupito, non in qualità di imputato ma di interrogato mai troppo incalzato (se non attraverso la sovrimpressione dei titoli di giornali on line che commentano a raffica, approfondiscono e contestano le sue affermazioni: ma solo gli esperti in videogame riescono a seguire tutto senza giramenti di testa). Bannon oltrettutto si dice uno sfegatato ammiratore diThe Fog of Ware condanna il partito democratico per aver mandato a morire proletari nelle due guerre mondiali e in Vietnam. Dimenticando la repubblicana guerra di Corea, di Afghanistan e Iraq…. Certo, Morris non è un umorista d’assalto, come Michael Moore, non aggredisce, lascia piuttosto ai suoi soggetti la parola, in modo che quel che dicono venga usato contro di loro. O, almeno, rende un po’ più aromatici e poetici sciovinismo, ignoranza e fanatismo dominanti (Mike Leigh ci ha ben spiegato inPeterlooperché il modello democratico applicato in Usa, di derivazione britannico, permette di far perdere le elezioni a chi le vince con 3 milioni di voti in più: basta modificare le aree elettorali e usare con astuzia il maggioritario contro candidate precedentemente “distratte”). Morris ha applicato il suo metodo di lavoro, con risultati stupefacenti, con McNamara, di cui abbiamo ben compreso prima diThe Postla teoria della minimizzazione delle perdite in Vietnam (120 mila morti in Corea si ridussero a 60 mila), e, con risultati più modesti, con Rumsfield, che della gang Bush jr. è stato un pericoloso stratega, l’untore del radicalismo islamista nel pianeta e un ambiguo nemico-amico dell’Isis. Bannon, come Trump e come Reagan è un politico sui generis. La triade viene dal mondo dello spettacolo (che è però solo un comparto minore dei megaconglomerati ingegneristico-managerial-finanziari). Reagan ex attore del cinema, Bannon ex regista di film di propaganda e organizzatore di “festival del cinema conservatore”, affinché anche la destra comprenda che la cultura (bitcoin compresi) deve guidare la politica; e Trump un ex divo della televisione e icona pop ben prima di convincere i suoi concittadini a portare alla Casa Bianca lui, erede di papponi del Klondike, perennemente rispettoso di quei valori aviti, anima della civiltà cristiana bianca. Ed è proprio alla Hollywood classica degli anni 20-50, e ai suoi divi mitici, John Wayne, Gregory Peck e Henry Fonda (così giocondamente fraintesi), che, come gli squadristi diAct of Killing,Bannon si ispira per raccontare la sua filosofia ed etica. Secondo Bannon, ammiratore di Napoleone e della Brexit, la globalizzazione provoca una reazione dal basso che senza immediati e radicali cambiamenti potrebbe sfociare in una pericolosa (auspicata?) rivoluzione sociale. Conferma, in questo senso, che contro Sanders lo scontro poteva essere perdente, mentre Hillary è caduta nella loro trappola, perché impossibilitata a rispondere con soluzioni concrete (muro, dazi, America First) ai diktat del mercato globale. Si ha l’impressione che Morris voglia rispondere a Bannon come le sue stesse armi. Producendo con il suo film un “sovraccarico sensoriale” che intontisca l’avversario (e il pubblico non esperto in informazione digitale). E utilizzi contro l’ammiratore di Alec Guiness e diUn ponte sul fiume Kwaie di Kubrick diOrizzonti di gloria,che molto poco hanno a che fare con la Hollywood classica, l’identica unità di combattimento che il generale Savage (Gregory Peck) ottimizza inCielo di fuocodi Henry King (1949) l’unità di bombardieri 918. “Peck non è il mio mito, ma ha inventato la comunicazione moderna. A costo di farsi odiare utilizzare l’arma emozionale. Fuori uscire da sé, quando in gioco c’è il destino della Nazione. Diventare pedine del Fato. Semplificare semplificare, dice Bannon (in questo hitleriano). Complicare, complicare, risponde Morris. Le regole sono complicazioni. I politici sono complicazioni. Benemerite. Conquistate. Imposte dalla moltitudine.