ADDIO PAUL ALLEN: NON SOLO MICROSOFT, UNA VITA ALL’INSEGNA DELLA SCOPERTA
Quando si pensa a Microsoft lo si associa a Bill Gates, un po’ come accade con Steve Jobs per la Apple. Ma il gigante statunitense rivale della mela non aveva solo Bill tra le sue menti fondatrici: l’altra metà era Paul Allen, co-fondatore della Micro-soft. Ed è proprio questa mente eccelsa e piena di curiosità che ci ha lasciati lunedì scorso, arrendendosi dopo anni di lotta a un pragmatico linfoma. In un’intervista rilasciata a Geekwire nel 2011, alla domanda se usasse Iphone, Windows Phone o Android, Paul rispose: “In questo sono un po’ vecchio stile, uso un Blackberry. Mia madre, che Dio la benedica, mi obbligò a studiare dattilografia quando avevo 16 anni. Quindi le mie dita sono velocissime sulla tastiera, e invio parecchie e-mail al giorno. Sono sicuro che prima o poi mi convertirò a… una nuova piattaforma (ride)”. Un uomo autoironico, generoso, ma anche interessato all’ignoto, al nuovo, e (pare) non troppo interessato alla fama. Ripercorriamo insieme i principali passaggi della sua vita. Nato nel 1953 a Seattle da un bibliotecario e un’insegnante, frequentò la Lakeside School, una scuola privata dove conobbe colui con il quale avrebbe fatto la storia della tecnologia: Bill Gates, un ragazzino di due anni più giovane che, diremmo ora, era unnerdcome lui. A soli 16 anni i due fondarono con altri ragazzi un’azienda che per un anno testò le apparecchiature della ditta “Computer Center Corporation”. Finito il college, Gates e Allen si iscrissero a due università diverse: il primo scelse la rinomata Harvard, il secondo la semplice università pubblica di Washington. Nel 1975 abbandonarono entrambi gli studi, e fondarono la “Micro-soft”. Nel 1980 la Microsoft doveva consegnare alla IBM il sistema operativo DOS, che però non aveva ancora sviluppato. Per non perdere l’affare, Allen acquistò la licenza del QDOS (Quick and Dirty Operating System) di Tim Paterson, sborsando 75’000 dollari. Così facendo però, si assicurò il contratto di fornitura del DOS per i pc IBM, facendo in modo che la Microsoft si avviasse verso l’enorme successo che la rese uno dei colossi dell’informatica mondiale. Pare che si accanisca un triste destino contro le menti geniali dell’informatica: come Steve Jobs, anche Allen ha passato l’intera vita a combattere contro il male del secolo. A soli 29 contrasse un linfoma di Hodgkin, e dovette allontanarsi dall’azienda per curarsi. Oltre alla Microsoft, fondò la propria ditta di software, la Asymetrix. Nel 1990 nacque Vulcan Ventures, una società a fondi di rischio specializzati in servizi di connettività via cavo a banda larga. Nel 2000 l’addio alla sua “creatura” del 1975, della quale tenne l’8% circa di azioni (138 milioni) e un posto da consulente. Allen non si sposò mai, né ebbe figli: fu però un grande filantropo. Nel 1986 fondò la Paul G. Allen Family Foundation per amministrare le sue donazioni. Dal 2007, il genio del computer ha donato circa 900 milioni a varie fondazioni dedicate alla ricerca scientifica e tecnologica, alla sanità, alla preservazione del mare e delle specie animali. Allen era anche un appassionato dell’ignoto: lo spazio l’ha sempre affascinato, tanto da finanziare l’iniziativa SpaceShipOne, che studia affinché i viaggi privati nello spazio diventino realtà. Ma la sua mente non viaggiava solo tra software e spazio: ci troviamo di fronte al fan numero uno di Jimi Hendrix. Era così innamorato del suo mito che costruì a Seattle, per 270 milioni di euro, l’Experience Music Project, un museo gigantesco dedicato al grande chitarrista. “Ci ho messo 25 anni per suonare una vagamente decente Purple Haze”, dichiarava a Geekwire. Una nota stonata nella sua incredibile vita c’è: la triste fine del rapporto con Bill Gates. Nella sua autobiografia “Idea Man”, Allen dice peste e corna del suo ex-amico. Innanzitutto, che cercò di buttarlo fuori dalla Microsoft quando nel 1982 gli venne diagnosticato il cancro, poiché sosteneva che non stesse lavorando abbastanza. L’immagine che ne esce di Gates non è delle migliori: uno schiavista che sminuiva pubblicamente i propri collaboratori e li scherniva sostenendo che volessero farlo fuori. Francamente, non c’è nulla di cui stupirsi: non parlarono meglio del rivale Steve Jobs i suoi colleghi e collaboratori. Probabilmente quando si arriva a un certo livello, ci vuole anche una certa dose di freddezza e indifferenza verso il prossimo. Chiudiamo questo ricordo con una frase di Paul, che ci spinge a non accontentarci, a volere di più: “Cosa dovrebbe esistere? Per me, è questa la domanda più eccitante del mondo. Di che cosa abbiamo bisogno, che non abbiamo ancora? Come possiamo realizzare il nostro potenziale?”
