AMNESTY: DALLA GRECIA LE VOCI DELLE DONNE CHE HANNO PERSO LE RADICI

AMNESTY: DALLA GRECIA LE VOCI DELLE DONNE CHE HANNO PERSO LE RADICI

C’è chi di notte non va nei bagni del campo, per paura di essere aggredita. E chi ha dovuto subire le violenze dei trafficanti senza poter chiedere aiuto. Sono donne e ragazze migranti provenienti dall’Africa e da Paesi come Siria, Afghanistan, Iran, che, nella disperata ricerca di una vita migliore in Europa, sono costrette in situazioni dolorose e terribili. Eppure hanno un coraggio che non si piega, così come non si spegne la forza di parlare e denunciare. Le loro testimonianze sono raccolte nel rapporto di Amnesty International intitolato “Voglio decidere del mio futuro: dalla Grecia, le voci delle donne che hanno perso le radici” che raccoglie le storie di cento rifugiate e richiedenti asilo bloccate dal marzo 2017 in campi e altre strutture nella capitale greca, nei dintorni e sulle isole. Il documento è presentato oggi, 5 ottobre, ad Atene dal segretario generale di Amnesty International Kumi Naidoo. «Il miserabile rifiuto dei governi europei di aprire percorsi legali e sicuri per i rifugiati in fuga dalla guerra sta aumentando i rischi di terribili violenze per le donne e le ragazze in Grecia» dice Naidoo. «Eppure, nonostante la difficoltà e gli ostacoli, queste donne stanno trovando la forza di parlare. Coloro che hanno potere di prendere decisioni devono ascoltare le loro voci e dare seguito alle loro parole. In questi tempi di #MeToo e #TimesUp, siamo orgogliosi di essere accanto alle nostre sorelle sradicate in Grecia e di dire loro “Vi vediamo, vi ascoltiamo, vi crediamo e lotteremo con voi”».Le storie sono di grande sofferenza. «Quando i governi europei hanno chiuso le porte ai rifugiati, noi donne siamo finite sempre più nelle grinfie dei trafficanti. Non possiamo chiamare la polizia o chiedere aiuto perché siamo “illegali’, e i trafficanti ne approfittano» racconta Fatima rifugiata afghana arrivata con due sorelle. «Quando siamo arrivati sulla costa vicino a Bodrum, in Turchia» aggiunge Yara, siriana in fuga con la madre e un fratello di 17 anni, «i trafficanti ci hanno detto di aspettare. Siamo rimasti lì 20 giorni, faceva freddo e pioveva, non c’erano acqua e cibo. Avevo paura e non ho mai dormito». L’incubo non cessa quando si raggiunge l’Europa. In Grecia 6 migranti e rifugiati su 10 sono donne e bambini. Intrappolati, a causa dell’accordo tra Ue e Turchia del marzo 2016, nei terribili campi finanziati proprio dall’Unione europea.Aree dove il sovraffollamento è arrivato a un picco di crisi: nelle isole oltre 15.500 persone vivono in cinque campi che potrebbero contenerne solo 6.400. Dove mancano servizi igienico sanitari, dove l’acqua potabile è scarsa, i rifiuti non vengono smaltiti e la presenza dei topi è considerata normale.«Ogni giorno va peggio. Il campo è stracolmo…» dice una donna del campo di Moria, a Lesbo, attrezzato per 3.100 persone e che ne ospita due volte e mezzo di più.Le donne e le ragazze hanno sempre la peggio.«Le porte delle stanze delle docce non si chiudono e gli uomini entrano mentre sei dentro. Nei bagni manca la luce. Quando è notte, mi faccio accompagnare da mia sorella o urino in un secchio» denuncia una donna del campo di Vathy, sull’isola di Samo.Sulla terraferma greca sono circa 45.500 i migranti e rifugiati che vivono in strutture di accoglienza temporanee. «Ci sentiamo totalmente dimenticate. Alcune di noi sono nei campi da due anni e non è cambiato nulla. Non riesco neanche a parlare dei miei problemi perché nessuno parla la mia lingua…» denuncia una yazida irachena che si trova a Skaramagas, nei pressi di Atene. Nonostante la situazione complicatissima, le rifugiate in Grecia stanno lavorando per cambiare le cose: insieme danno vita a spazi dove incontrarsi e aiutarsi a vicenda per accedere a servizi, ricostruire reti sociali e condividere esperienze.«Le ha unite un destino crudele, ma le donne fuggite da luoghi pericolosi trovano coraggio, condivisione e grande resilienza le une nelle altre» commenta il segretario generale di Amnesty International Kumi Naidoo. E aggiunge: «Le condizioni di accoglienza sulla terraferma devono essere migliorate e i governi europei devono dare alle rifugiate il sostegno e la protezione urgenti cui hanno diritto e il benvenuto che meritano».