CAMBIA IL PADRENOSTRO
Dalla Grotta di Giobbe, fuori Sanliurfa (Edessa), portai a casa due bottiglie dell’acqua sorgiva che Dio lì fece sgorgare per dissetarlo durante i suoi sette anni di pazienza e di disgrazia. L’acqua qui andò a ruba fra gli amici ma la maggior parte la regalai al figlio di un capo clan della camorra, Misso, che aveva il padre, delinquente e pio, malato di cancro in ospedale. A ripensarci forse sono stato, io miscredente, strumento nelle mani del Signore? Mi diverte pensarlo. E a maggior ragione mi diverte il sensibile aggiustamento che la Chiesa sta apportando al Padrenostro: non più un Dio che ci induce in tentazione ma un Dio che non ci abbandona alla tentazione. Cioè non più pusher ma don Picchi. Sorvolando sul fatto che sarebbe bastato a suo tempo non inventare la tentazione per risolvere il problema alla radice, io però ho ripensato subito al mio Giobbe e alle terribili prove a cui Dio, d’accordo con Satana, lo sottomise per indurlo alla peggiore delle bibliche tentazioni: mandare a quel paese Dio, fede, baracca e burattini. Tutte gliene fecero: gli ammazzarono settemila pecore, gli uccisero gli asini, gli fecero fuori figli, figlie e nipoti, gli distrussero ogni cosa, lo fecero ammalare, lo ridussero alla miseria e al disprezzo… Altro che tentazioni, c’era da denunciare Dio per complicità diretta col Demonio. Ma oggi una visione “perbene” di Dio non lo consente, direi che non ce n’è più la libertà. Dunque al Dio creatore universale, anche del male, si preferisce un Dio più ridotto alle nostre possibilità di comprensione. Almeno così lo sento io.
