CASO KHASHOGGI- PERSINO TRUMP NON CI CREDE

(Corriere.it)La versione ufficiale saudita su Khashoggi “chiude” alcuni aspetti, ma lascia aperti molti interrogativi. La diplomazia internazionale pretende risposte convincenti, persino Donald Trump ha parlato di menzogne e manovre da parte dell’alleato mediorientale. Lo scontroRiad continua a cambiare ricostruzione degli eventi. Il giornalista – affermano i sauditi – ha iniziato a litigare con il team di agenti all’interno del consolato, si sarebbe messo a gridare. A quel punto gli 007, presi dal panico, lo hanno strangolato tappandogli la bocca e mettendogli un braccio attorno al collo. Ma pochi credono che Jamal abbia ingaggiato una rissa all’interno della sede diplomatica, non poteva certo scappare. E comunque resta il fatto che il regno aveva mandato un team robusto a Istanbul, ben 15 elementi, tra cui un medico legale. Fonti saudite hanno spiegato che il dottore aveva il compito di far sparire eventuali impronte. I turchi, invece, hanno ribadito che doveva fare a pezzi il giornalista e infatti si era portato dietro una sega speciale. Le ammissioni di queste ore enfatizzano ancora di più la bugia – evidente – della prima ora, quando Riad affermava che il commentatore aveva lasciato la rappresentanza. E per far credere questo ai turchi – è il nuovo dettaglio – uno dei membri del commando si sarebbe vestito come il commentatore e sarebbe uscito dalla palazzina. E’ questa l’ultima “verità”? Tre nucleiIl New York Times afferma che la squadra implicata nel delitto era formata da tre nuclei: logistica/trasporto, sicurezza ed esecutori. Tanti per un interrogatorio. Quanto alla missione e alla catena di comando, i sauditi provano a diluire le colpe: ai servizi speciali era stato chiesto di far tornare a casa gli oppositori che vivono all’estero, ma senza un ordine esplicito di sequestro. E allora con quali mezzi dovevano convincerlo? La persuasione? Il fatto che nel team ci fosse Ahmed Mutreb – aggiungono – aveva quel fine in quanto l’ufficiale – spesso al fianco del principe Mohammed – conosceva da molto tempo Khashoggi. Sarebbe stato il generale Ahmed al Assiri a trasformare un’indicazione «vaga» nel tentativo di rapire il bersaglio. Acrobazie verbali che non portano da nessuna parte.Il corpoI sauditi sostengono che dopo il decesso hanno consegnato il cadavere ad un «collaboratore locale» con l’incarico di disfarsene. Non sanno che fine abbia fatto. È un tentativo di prendere le distanze dalle indiscrezioni che parlano dei resti fatti a pezzi o sciolti nell’acido. Le perquisizioni e i controlli turchi in due zone a nord e sud di Istanbul potrebbero essere solo «scena», ma anche azioni basate su spunti investigativi. Sempre con ritardo la polizia ha interrogato personale e dipendenti del consolato: qualcuno ha dato indicazioni? Forse qualche veicolo uscito dall’edificio può essere stato usato per far sparire il corpo della vittima.L’audioAnkara, usando i media, ha fornito particolari raccapriccianti sulle torture subite dal giornalista. Dettagli ottenuti da un audio che ha registrato l’aggressione e le violenze. Secondo i giornali Usa anche la Cia ha ascoltato il file. Se è vera questa ricostruzione è complicato per Riad far passare la leggenda della morte quasi accidentale. Il presidente Erdogan, che ha gestito con abilità la crisi, ha in mano una prova formidabile. La farà uscire per sbugiardare il regno? Oppure terrà questa carta come forma di pressione? Vale la pena ricordare che l’ammissione di responsabilità da parte di Riad è arrivata dopo una telefonata tra lo stesso Erdogan e il re Salman. Hanno deciso di chiudere qui il dossier? I colpevoliUna parte degli agenti coinvolti erano parte della cerchia di Mohammed. Il generale Ahmed al Assiri, numero due dell’intelligence, e il capo della propaganda, Saud al Qahtani, sono dei fedelissimi. Proprio al Qahtani ha detto in pubblico: tutto ciò che faccio è in risposta agli ordini del sovrano e del principe ereditario. I vincoli con i vertici sono chiari, evidenti. E le spie statunitensi, anche se il giudizio non era unanime, lo hanno «certificato». Dunque la verità di Riad che scarica tutto sui 18 funzionari è buona solo per chi la vuole comprare. Complicato anche per Trump. Infatti, venerdì, il presidente ha parlato di tragico incidente ma il giorno dopo è stato costretto ad ammettere che ci sono troppe “bugie” e trucchi. Sempre cauto sul ruolo di Mohammed. Molti analisti si chiedono se la credibilità dell’ambizioso principe supererà la tempesta: c’è chi è convinto che nulla cambierà per lui – il padre lo ha subito nominato alla testa del comitato che deve riformare i servizi, un segnale di conferma – e chi invece prevede nuovi equilibri di forza. Aspettiamo i fatti.