FIERI DI FARA, CHE HA PORTATO IN SALVO LA SUA CREATURA FINO A POZZALLO
Tra quel barcone pieno zeppo di migranti che sabato notte è sbarcato a Pozzallo, c’è una ragazza di 19 anni. Scende tra i primi, di fretta. Tiene stretta a sé una piccola creatura di appena 15 giorni: uno scricciolo con tracce di sangue addosso e i segni del cordone ombelicale al collo. Fara aveva partorito la piccola da poco, da sola. Ma era riuscita a portarla in salvo. Non solo dal mare, dalle onde, dai temporali, dal freddo. Ma dall’inferno dei campi di detenzione libici, dove Fara era stata stuprata. Lei come tante donne che cercano di arrivare in Europa. Una storia tragica, di violenza e sofferenza. Dove solo la forza e il coraggio di una giovane madre che sfida il mondo per proteggere la sua piccola è riuscita a darle un lieto fine. Per questo Fara, sbarcata a cavallo tra l’imponente manifestazione femminista e la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, diventa in quelle ore simbolo di lotta alla violenza. I volontari si prendono cura di Fara e della piccola, che versa in condizioni non facili e per questo viene ricoverata all’ospedale “Maria Paternò Arezzo” di Ragusa. Dopo la trafila burocratica, Fara chiede di vedere sua figlia e di poterle stare accanto mentre è ricoverata in ospedale e lotta per guarire. Quando arriva nel reparto di neonatologia, accade qualcosa di inimmaginabile. Alcune persone l’aggrediscono, iniziano a gridarle contro: “ci porta malattie, è inammissibile che sia entrata qui”, altre le urlano di andarsene: “vattene, non ti vogliamo”. Magari gli stessi che avevano fatto un bel post contro la violenza sulle donne pochi minuti prima. E’ servito l’intervento dei medici prima e dei carabinieri poi. I carabinieri. Per permettere a una giovane madre, violentata in Libia, dopo un viaggio inimmaginabile, di vedere sua figlia che ha due settimane di vita e lotta per la vita in ospedale. Una piccola storia, che racconta molto dell’Italia di oggi. Certo, non è tutto così. Perché c’è chi ha aiutato Fara, chi si è preso cura della sua piccola, le istituzioni intervenute a stigmatizzare l’accaduto. Ma c’è anche questo. E dircelo serve per smettere di raccontarci che “il razzismo in Italia non esiste” e che “non c’è nessun clima di odio e pregiudizio verso gli stranieri”. Serve per ricordarci che abbiamo il dovere di combattere insieme ciò che ha portato a questo clima insopportabile. Anche per Fara e la sua piccola. Per dirgli che siamo orgogliosi di averle tra noi.
