IL GLOBAL COMPACT E L’ITALIA

IL GLOBAL COMPACT E L’ITALIA

Quella sul “global compact” è una tante risoluzioni dell’Onu. Tutte basate sul richiamo ai principi e agli obbiettivi comuni che dovrebbero ispirare, negli interessi dell’umanità, i rapporti tra i popoli e le nazioni.Se ne contano diecine e diecine, sugli argomenti più svariati – dal disarmo al controllo degli armamenti, dalla difesa delle culture e dei beni culturali al clima, dai diritti dei popoli ai diritti umani – ma tutte votate con maggioranze consistenti: siamo in un universo dove il voto di Nauru conta come quello degli Stati uniti e dove non esiste diritto di veto.Al posto del veto c’è, naturalmente, il diritto di “non aderire” di cui si sono avvalsi ripetutamente le grandi potenze per ragioni di “interesse nazionale” e anche quanti si ritenevano in qualche colpiti o minacciati dalle risoluzioni dell’Assemblea.Recentemente però le reazioni negative si sono accentuate e allargate, sull’onda di un disprezzo pregiudiziale nei confronti delle Nazioni unite che ha a che fare, più che con la razionalità della real politik, con il cinismo brutale impersonato da Trump.E’ in tale “contesto” che il Parlamento italiano sarà chiamato a votare, nel prossimo febbraio, sulla adesione dell’Italia al global compact in materia di migrazioni, confermando o smentendo l’assenso inizialmente espresso dal nostro Presidente del Consiglio.Sarà un voto sui principi; ma proprio per questo un vero e proprio “momento della verità”: per il governo, per le forze che lo sostengono e per la politica italiana.Cosa dice, infatti, il “global compact”: primo che il diritto ad emigrare è un diritto naturale ( perché mai, infatti, il diritto di andarsene da qualche altra parte dovrebbe essere concesso senza limiti ai denari, alle imprese e alle merci e negato, invece, in linea di principio alle persone); secondo che la distinzione tra i portatori del diritto di asilo e gli immigrati economici non sta in piedi; terzo che il diritto di limitare/regolare i flussi rimane un elemento essenziale della sovranità nazionale ma andrebbe esercitato in un contesto negoziale tra paesi “di partenza” e paesi “di arrivo”.Nulla di vincolante in tutto questo; nulla che apra la strada a “invasioni” di sorta od obblighi a fare o non fare alcunché. Semplicemente il richiamo al fatto che africani, asiatici o sudamericani sono esseri umani e che, come tali, sono titolari di diritti.E allora chi voterà no dovrà assumersene tutte le conseguenze politico-morali; né potrà pretendere, in nome di esigenze politiche contingenti, solidarietà automatiche da parte dei suoi alleati di governo. Mentre, a loro volta, i pentastellati dovranno decidere se essere fedeli ai principi su cui si basa il loro movimento oppure aderire, per necessità, a una decisione che criminalizza non già il clandestino ma l’immigrato in generale sulle orme tracciate da Trump. All’opposizione, infine, di dare credibilità a un internazionalismo talvolta sbandierato più spesso accantonato per ragioni di bottega.Sarà, per tutti, il momento della verità.