IL SILENZIOSO ADDIO DEL TOTOCALCIO

IL SILENZIOSO ADDIO DEL TOTOCALCIO

E’ come quando muore un personaggio dello spettacolo che era sparito dalle scene da lungo tempo, la prima cosa che ti viene in mente è: “Ah, perché era ancora vivo?”. E’ la triste legge della società dell’immagine: esisti solo se appari. Il “buen retiro” non è previsto, o stai sotto la luce dei riflettori (anche virtuali) o è come stare sotto due metri di terra. Ecco ieri, dopo settantadue anni di vita, è morto ufficialmente il Totocalcio, ma certamente quelli che sapevano che fosse ancora tra di noi erano pochissimi. Anzi, sicuramente a quelli sotto i vent’anni a sentire questo nome si disegnerà in faccia un’espressione tipica della mucca in fase di ruminazione: come se uno gli dicesse “plastilina”, o “Commodore64”. Cose così, roba di un’altra era geologica insomma. Gli altri invece, quelli con età via via crescenti, il Totocalcio lo hanno ben presente. E spesso lo hanno “frequentato” a lungo. E del resto per decenni la schedina colorata popolata dei tre segni magici è stata l’unica possibilità (legale) di scommettere sulle partite di calcio. Ma non solo: era anche l’unica possibilità di fare “il botto” che ti cambiava la vita. E non per modo di dire, sul serio, perché più di una volta per il tredici si è trattato di “miliardi”. Un numero difficile da scrivere, un fiume di vecchie lirette che improvvisamente inondava la casa (se ce l’aveva) del “fortunato ed abile pronosticatore”, questa la definizione ufficiale dell’epoca, e in cerca del quale si scatenavano i corrispondenti locali di tutti i giornali. Caccia, ovviamente, sempre andata a vuoto, perché in contemporanea alla vincita si sarebbero materializzate legioni di parenti ed amici di cui il “fortunato ed abile” ignorava l’esistenza e non sentiva proprio il bisogno. E poi perché c’era sempre da tenere presente “il mostro” che turbava (e turba) le notti delle italiche genti: il fisco. In realtà le vincite non dovevano essere tassate, c’era anche una legge in proposito, ma sai com’è: quando improvvisamente ti capita “la botta di culo” il terrore che ci sia la fregatura in agguato ti fa diventare più prudente di un serpente. E proprio del rapporto tra vessati e vessatori parlava “I Tartassati”, uno dei tanti film in cui è entrato come attore in qualche modo il Totocalcio. Lì la guerra lunga tutta la pellicola tra l’evasore Totò e il maresciallo della Guardia di Finanza Aldo Fabrizi finiva con il lieto fine per il matrimonio tra i figli, ma anche con la rovina finanziaria del commerciante Totò colpito dalla multa gigante inflittagli dalle indagini del futuro suocero. Così nell’ultima scena i due, pacificati ma distrutti, si trovano a cercare un modo per rientrare economicamente, e Fabrizi propone un sistema… “un sistema di tre fisse e dieci multiple, ventiquattro dodici sicuri e la possibilità che il tredici si incolonni tre volte… Perché figliolo mio, da noi se uno vuole risolvere qualcosa c’è rimasta una sola possibilità: il Totocalcio”. E a guardare bene mica è cambiato moltissimo da quella fine degli anni 50: il Totocalcio muore nell’indifferenza generale, ma al suo posto nel frattempo si è generata una progenie di “Gremlins”. Piccoli mostriciattoli di ogni tipo ti accolgono infatti quando entri in quelle che una volta erano le ricevitorie, o i bar tabacchi, dove si giocava la schedina: slot machine, gratta e vinci di ogni ordine e grado, estrazioni di numeri ogni cinque minuti, corse di cani e partite virtuali, scommesse su qualunque evento disponibile in natura. Per il poveraccio l’albero della cuccagna virtuale si è moltiplicato, e la possibilità del colpo che ti cambia la vita è lì che ti guarda, con la faccia di Jack Nicholson quando faceva “Joker”. Sorridente e crudele aspetta solo che ti frughi in tasca per spenderti in solitudine, e in un breve istante, quegli spiccioli di speranza. Il Totocalcio invece non era così, fosse anche solo per il lavoro da monaci amanuensi a cui ti costringeva il ricopiare su “spoglio” e “matrice” (le altre parti di cui si componeva la schedina) i segni del tuo pronostico, e dovevi stare bene attento a non sbagliare, perché se no addio alla eventuale vincita. Ma anche perché in genere si giocava in coppia, o in società, per allargare il sistema, e di conseguenza c’erano le lunghe discussioni sui pronostici, specie su quelli della partite delle serie C che erano le ultime due partite della schedina. Roba che, in assenza di televisione, richiamava più al lavoro degli astrologhi che a quello dei pronosticatori, anche se c’era sempre quello che millantava una conoscenza perfetta di ogni formazione della terza serie. Roba da “Al Bar dello Sport”, titolo di un altro film storico in cui il tredici miliardario aveva il ruolo principale. “Madonna benedetta della ripalta di Cerignola fai segnare il gol ai viola!” la celebre preghiera di Lino Banfi in cerca del gol della Fiorentina che gli avrebbe completato il dodici, diventato poi tredici col gol di Cantarutti (mito tra i miti!) che portava il Catania ad espugnare il campo della Juventus. Erano filmetti di serie B (sia pure cento volte meglio dei cinepanettoni che poi hanno occupato militarmente i nostri schermi nei tristi lustri successivi) ma che ti facevano sentire partecipe, perché quel sogno lì, quella situazione lì, se la immaginavano tutti al momento di farsi convalidare la schedina. I pronostici sul calcio resteranno floridi anche dopo il decesso del Totocalcio ovviamente. Ci sono centinaia, se non migliaia, di siti che se ne occupano. E le opzioni sono infinite tra numero di gol, sanzioni dell’arbitro, corner, pali, tibie, stinchi, nasi… e via “fantozzineggiando”. Però quella specie di scontrino del supermercato che ti danno non potrà mai avere la poesia di quella schedina di carta dal colore che cambiava tutte le settimane. “E chi se ne frega” diranno i ruminanti a cui si accennava prima. Beh, non è escluso che abbiano ragione, ed è anche difficile opporre ragioni valide, perché come diceva Cocteau “So che la poesia è indispensabile, ma non saprei dire per cosa”. E dunque addio Totocalcio, non eri necessario ma a qualcuno mancherai. E non poco.