PARLIAMONE DOPO. ORA C’È IL CINEMA

PARLIAMONE DOPO. ORA C’È IL CINEMA

C’è un momento, quando si spengono le luci, in cui si raggiunge qualcosa di molto vicino alla pace. Accade durante l’animazione iniziale e dura 34 secondi, qualcuno in più se si considerano i loghi degli sponsor e le avvertenze – durante la proiezione non fare le fotografie – che scorrono mute, nel finale. La sigla, nome che banalizza un corto d’autore, è di Chicca Richelmy, regista torinese scomparsa troppo giovane nel 2008. Tutte le proiezioni sono precedute da questo momento di seperazione: c’è un prima – quando arrivi in metropolitana, o hai appena trovato parcheggio, o sistemato la bici – e quella è la via per il dopo, l’esperienza sensoriale. In generale, le storie in cui è presente un varco spazio-temporale sono definite fantastiche, perché si suppone che non esista, o non sia ancora stato scoperto, un meccanismo per cui ci sposta nello spazio e nel tempo senza muoversi. In particolare, il Torino Film Festival è letteralmente fantastico, un andirivieni continuo immobili su una seggiola.Quando la sigla smette eccoci in Ungheria, dove Tamàs è stato mollato dalla fidanzata. Lei è a Parigi per una borsa di studio, lui è andato a trovarla e ha ricevuto la parola fine. A casa ripassa la vita, spuntano i suoi io precedenti e si scopre essere la somma di tanti Tamàs in conflitto. Siamo quello che siamo perché siamo stati quello che siamo stati: fino a quanto possiamo avercela, con il noi stessi di dieci anni fa?Fuori, Torino rimanda nelle ossa il gelo dell’inverno che sa di neve. Il cielo è grigio, una mendicante accarezza il cane, per invogliare il passante a offrire monete. Dal Reposi al Massimo sono venti minuti a passeggio, al punto informazioni di via Verdi un impiegato chiede carino a una donna: «Da dove vieni, di bello?», e lei risponde: «Vivo qui, ma sono inglese», con quell’accento. Una guida turistica in piazza Castello spiega che «a Bologna i portici sono di più, ma a Torino sono tutti diversi». Però tu non lo sai, che cosa accade fuori, quando sei dentro.Perché c’è di nuovo il corto d’autore, che ci porta in Francia. Elisa è una ragazza bellissima che vota sé stessa all’accudimento della sorella disabile, ora che sua madre se n’è andata di casa. Lei, un lavoro estivo e l’esasperazione: quando arriva a desiderare morta la sorella, il padre le dà uno schiaffo, e a quel punto la potenza della narrazione ha il suo massimo, ci sbatte in faccia noi stessi nella fragile condizione di umana debolezza: quante volte ci siamo arrabbiati con la vittima, come fosse un carnefice, perché il male è diabolico e disorienta?Fuori, la cassiera dice a un cliente che in quindici anni non ha mai visto persone maleducate come quest’anno. Si riferisce a una signora con l’accredito che, ricevuta la notizia che la proiezione era esaurita, se n’è andata maledicendo l’accredito e la città di Torino. Fuori, una donna cammina al mercatino di piazza Castello, vin brulé e cioccolata calda a 3 euro, e dice al telefono: «Ci sarà una verità da qualche parte, no?».È possibile trovarla dentro, dove siamo nella nostra città però ai tempi della grande immigrazione dal sud, nel 1973. Stiamo vivendo con Fortunato, siamo con lui quando arriva da Trevico, dorme a Porta Nuova, trova un piemontese che vuole affittargli una stanza in una carbonaia, quando incontra una studentessa borghese e se ne invaghisce.Fuori c’è un movimento collettivo di disapprovazione, quando a quelli in coda viene detto che la sala due è esaurita, e tutti allora a bofonchiare, a trattenere l’insulto a nessuno che pure esce di bocca, qualcuno se ne va indispettito, altri virano ad altre sale, dove ri-parte il corto di Chicca.Eccoci a Nettuno, dove una giovane, bellissima donna ha perso il marito di 35 anni morto in un incidente sul lavoro, in fabbrica. È nell’attesa del giorno della sepoltura e però non piange, non ce la fa. Ci prova ma non ce la fa, eppure amava il marito, tuttavia non piange: lei ride.Fuori, una donna chiede a un uomo: «Sei arrabbiato con me?». Stanno per entrare in sala cinque. «Lascia stare, ne parliamo dopo. Adesso c’è il cinema». Fuori e dentro, tra la vita e il cinema, tra il cinema e Torino, per una settimana. Il Torino Film Festival è questo, un regalo per la città, fantastico.