QUEGLI ORRENDI CARTELLONI PRO VITA
Siamo un Paese, ormai, demograficamente morto. Per fare un esempio, il saldo naturale (nascite meno decessi) nel 2016 ha registrato un valore negativo pari a -134mila, mentre nel 2015 era di -162mila. Siamo un Paese in cui 1 coppia su 5 – il 20 per cento, insomma – ha difficoltà ad avere bambini. E per averli è costretta ad esami, a cure, alla procreazione assistita. Cose che nel settore privato hanno dei costi – e molto elevati anche – dato che nel pubblico le liste d’attesa sono talmente lunghe che si fa prima ad entrare in menopausa. Siamo un Paese in cui l’adozione – nazionale – è accessibile a poche, pochissime persone rispetto alle tantissime richieste. Invece l’adozione internazionale è una lunga, lunghissima ed estenuante corsa ad ostacoli, che arriva a costare fino a 35mila euro. Avete capito bene, trentacinquemila euro.Eppure siamo un Paese in cui, per esempio, i migranti minori non accompagnati – che fuggono da orrore, guerre, carestie – sul nostro territorio nel 2016 erano quasi 6mila, mentre nel 2017 quasi 10mila.Bambini, ragazzi che non aspetterebbero altro che essere adottati, tutelati, amati. Non certo trattati come un peso o come “invasori”. Tant’è che il numero di loro che sparisce – come denunciato anche da Amnesty – è impressionante. Bene. Dinnanzi a tanta e tale desolazione, cosa decide di fare la famigerata associazione che risponde al nome di “ProVita”?Una battaglia per abbassare i costi delle cure per la fertilità? No. Una battaglia per agevolare l’accesso alle adozioni nazionali ed internazionali? No. Nulla di tutto questo. Nulla di utile, nulla di serio, nulla di concreto.Si “limitano” invece a riempire, a sporcare le città italiane – e il web – con orridi cartelloni spot partoriti – è proprio il caso di dirlo – da mentalità distorte e ampiamente fuori luogo, fuori contesto storico e incivili nella accezione più alta.Abomini pubblicitari contro l’aborto e contro la libertà delle donne.Vergogne pubbliche che ritraggono – ed insultano – due padri e il loro bambino, marchiato, secondo la loro “fantasia”, con un codice a barre che ricorda troppo da vicino il nazismo.Invece di adoperarsi per dare un senso al loro stesso nome – ProVita, appunto – denigrano chi, nonostante tutto e tutti, una famiglia è riuscita comunque a costruirla.E la riempie di amore. Che è l’unica – l’unica – cosa che conta.
