SI CHIAMAVA SURAWA JAITHE, AVEVA 18 ANNI E VENIVA DAL GAMBIA

SI CHIAMAVA SURAWA JAITHE, AVEVA 18 ANNI E VENIVA DAL GAMBIA

È morto stanotte, nel rogo che si è sviluppato in una baracca della tendopoli di San Ferdinando. Non doveva essere lì, Surawa, perché aveva casa a Gioiosa. Ci sarà andato per stare con qualche amico, o per prendere qualche prodotto alimentare del suo Paese che non si trova nei supermercati italiani. Non doveva stare lì, certo. Come non dovrebbe esistere, in un Paese civile, una baraccopoli del genere. Una tendopoli insicura, pericolosa, posta affianco a quella ufficiale e che – in barba a ogni diritto umano – “ospita” oltre 800 persone. Un Paese civile, dicevo, metterebbe in sicurezza quella gente, smantellando e accogliendo in maniera differente, un po’ come fatto a Riace. E invece il Governo, con Salvini, ha scelto di incancrenire queste situazioni. Con un decreto che smantella non l’abusivo, ma gli Sprar. Un decreto che ghettizza e spoglia dai diritti, piuttosto che includere. Un provvedimento che moltiplicherà i fantasmi che abitavano quella baraccopoli. In tutta la penisola. Mettendo a rischio la loro vita. E la sicurezza di tutti. Riposa in pace, Suruwa. Che la terra ti sia lieve.