VENEZIA: LA FAVORITA E ROMA CONVINCONO, THE MOUNTAIN DELUDE

Una Lady Gaga irriconoscibile quella di “A star is born”, film che si prende la scena oggi, 31 agosto, al Festival del Cinema di Venezia. Già, perché nonostante la pellicola sia fuori concorso, si è creata attorno ad essa una grande attesa, non si sa se per il film in sé o se per la visione di Lady Gaga senza trucco. Bradley Cooper, un po’ invecchiato, conosce una ragazza che canta da Dio (sembra quasi di sentire Lady Gaga!) ma (clichè) non ha fiducia in se stessa. Lui la spinge a darsi da fare e uscire dal guscio, un giorno la manda sul palco a tradimento, questa tira fuori una voce che manco Lady Gaga, appunto, e tra i due scoppia una storia d’amore. In tutto questo la cosa più incredibile è vedere la Germanotta senza bistecche di carne addosso e senza quarantotto chili di fondotinta: sinceramente, irriconoscibile. I protagonisti del film, diretto dallo stesso Cooper, sono sbarcati ieri in laguna: un insolitamente sobrio ed elegante tubino nero per lei, che arriva seduta sul taxi come la gran diva che è, e un abbigliamento molto casual per lui, accompagnato dalla bellissima compagna Irina Shayk e dalla loro figlioletta Lea. Ma continuiamo con i film che concorrono al leoncino. Ieri è stato proiettato “Roma”, ultima opera di Alfonso Cuarón targata Netflix: questa volta la stampa spagnola e quella italiana si trovano d’accordo nel dire che la pellicola è stata accolta calorosamente. Scostandosi totalmente da “Gravity”, il regista ci racconta la sua infanzia in Messico. Curioso il racconto degli attori: arrivavano il giorno del ciak senza avere idea di cosa sarebbe accaduto. Conoscevano solamente l’identità del proprio personaggio, ma non c’era trama. Il tutto veniva ripreso in ordine cronologico, e ogni giorno i protagonisti scoprivano come sarebbe proseguita la storia. Un metodo totalmente innovativo di girare un film: a volte Cuarón diceva a un attore che l’altro avrebbe pronunciato una frase, e all’altro ordinava invece di pronunciarne un’altra. Tutto ciò portava a reazioni spontanee, che si ritrovano nel film stesso. Ieri è stata anche la giornata del greco Lanthimos, che è piaciuto molto con il suo “La favorita” (dal titolo premonitore?). La pellicola, biografica, è ambientata nel diciottesimo secolo durante il regno della regina Anna, e parla di giochi di potere, sesso, amore, tra Abigail Masham (Emma stone) e Lady Sarah (Rachel Weisz). In conferenza stampa la moderatrice D’Agnolo Vallan si incarta fin da subito, iniziando con una frase che ha più schwa di un bambino che non sa se prendere il cioccolato o la nutella. Continua poi con le gaffe dimenticandosi di presentare gli ospiti al tavolo (cioè quelli per cui sono tutti lì in conferenza stampa). Piccola parentesi: io capisco l’emozione, l’agitazione, che errare humanum est, però a un certo livello alcune cose non dovrebbero accadere… o no? Parentesi chiusa. Lanthimos riceve complimenti, racconta (in ottimo inglese) che si è avvicinato a “La favorita” dopo aver letto e apprezzato la sceneggiatura originale, e soprattutto di essere stato stimolato dall’idea di mettere in scena tre personaggi femminili (Emma Stone, Olivia Colman e Rachel Weisz) così complessi e interessanti. La Stone sostiene di essere stata molto felice di aver avuto un personaggio non troppo chiacchierone, ma più espressivo, e che se potesse le piacerebbe fare un intero film in questo modo (muto). Secondo appunto della conferenza: di nuovo, l’interprete inglese- italiano. “The challenges of the roles for both of you” viene tradotto con “Ruoli piuttosto sfidanti per ambedue”, e non credo si debba aggiungere altro. Per favore, il mondo è pieno di interpreti validi! Assumeteli. L’ultimo film proiettato ieri, in corsa per il Leone d’Oro, è “The Mountain” di Rick Alverson, che non ha riscosso però critiche positive. “El País”, dopo aver dedicato un’intera pagina a lodare “Roma” e “La Favorita”, liquida la pellicola di Alverson in tre righe: “Il regista Rick Alverson narra con lentezza e crudezza i tentativi di curare i malati mentali a base di scariche elettriche negli Stati Uniti degli anni Cinquanta. Il film avanza impassibile, cercando di annullare le emozioni come accadrebbe nella mente dei malati sottoposti alle scariche. Il problema è che la lobotomia, alla fine, contagia anche il pubblico”. Oggi si continua quindi con la proiezione di altri tre film in gara: “The ballad of Buster Scruggs” dei fratelli Coen, “Double Vies” di Olivier Assayas e “Peterloo”, l’unico film targato Amazon del Festival, del regista Mike Leigh.