I QUATTRO MISTERI DEL CASO KHASHOGGI

Sono quattro i cerchi investigativi del caso Khashoggi, aspetti che ovviamente pesano in una vicenda dalle implicazioni diplomatiche ed economiche. Con il passare dei giorni cresce la pressione perché Riad dia delle risposte precise sulla sorte del commentatore saudita scomparso il 2 ottobre a Istanbul. La prova audioI turchi – non in modo ufficiale – hanno fatto trapelare che esisterebbe un audio e forse un video che documentano l’aggressione all’interno dell’edificio. Come hanno ottenuto il file? La prima ipotesi sostiene che potrebbe essere stato l’orologio Apple della vittima a registrare il tutto. Gli esperti e i veterani dello spionaggio sembrano escluderlo, giudizio basato su una valutazione tecnica. L’alternativa – affermano – è che sia stata una microspia a sorvegliare le mosse. Una “cimice” piazzata dai servizi di Ankara? I sauditi la cercheranno di sicuro per capire. Ma esiste una seconda possibilità: Jamal Khashoggi potrebbe averla nascosta sotto la camicia o all’interno di un oggetto, come una penna. Qualcosa che ha superato metal detector, perquisizione ed eventuale schermature dell’ambiente: in questo caso il dissidente ha documentato in prima persona quanto stava accadendo. Lui era già stato una volta nell’edificio qualche settimana prima, quindi avrà studiato comportamento delle guardie. Qualcuno gli ha fornito il “microfono”? Oppure è stata una sua iniziativa in quanto temeva per la sua vita. Ovviamente possono esserci altre spiegazioni e le notizie di questi giorni, piene di dettagli non sempre verificabili, servono da cortina fumogena per coprire la vera fonte. E resta anche un interrogativo sull’atto stesso. Volevano rapirlo e qualcosa è andato storto? Ma perché agire all’interno del consolato? In questo modo tutti sapevano che era l’ultimo posto visitato dal bersaglio. Il corpoSe Jamal è stato assassinato dove è finito il suo corpo? Sui media locali molte teorie. Inizialmente si è pensato che sia stato sezionato da un medico legale arrivato con un volo speciale da Riad e poi sepolto nel giardino della residenza del console, villa vicina alla scena della sparizione e dove è arrivato un misterioso furgone nero con a bordo alcuni presunti agenti segreti sauditi. Il secondo scenario, invece, insinua l’idea che il team abbia usato la rete fognaria. Non sarebbe neppure impossibile che abbiamo provato a distruggere i resti. Infatti la Turchia insiste con la richiesta di una perquisizione. Gli ospiti non hanno risposto, probabile che abbiano bisogno di tempo per fare “pulizia”. Sempre che ciò sia possibile.L’allarmeE’ un passaggio non da poco. L’intelligence Usa – ha sostenuto il Washington Post – ha intercettato alti dirigenti sauditi che parlavano di attirare in una trappola Khashoggi, l’obiettivo era di rapirlo. Dettaglio seguito da un altro: l’ordine è arrivato dai massimi vertici del regno, ossia dal principe Mohammed bin Salman. Ci si chiede se l’allarme sia poi passato al potere politico a Washington: ci sono mezze smentite e molta “nebbia” visto che riguarda la sicurezza ma anche i legami tra Casa Bianca e casa reale saudita. Un filone che potrebbe riservare sorprese: è indicativa la velocità con la quale il mondo delle spie statunitensi ha fatto uscire news di questo livello. Sono elementi che creano imbarazzo (relativo) a Riad, ma anche nella capitale americana.Il duelloAttorno all’intrigo è in corso una lotta parallela, l’arena è la propaganda. I sauditi, con l’aiuto degli Emirati, da un lato, la Turchia, sostenuta dal Qatar, dall’altro spargono informazioni non proprio accurate, spingono tesi cospirative, diffondono voci. E’ una confusione in qualche modo calcolata, utile a colpire l’avversario ma anche a proteggere eventuali vie di fuga concordate. In alcuni casi copiano: Riad ha sostenuto che i 15 agenti immortalati dalle telecamere di sicurezza turche a Istanbul erano dei semplici “turisti”. La stessa versione di Mosca per i due presunti elementi del GRU coinvolti nell’attacco contro l’ex spia Skripal in Gran Bretagna.