IL MIRACOLO DELLA VITA DI UN NEONATO TRA LE BRACCIA DI SUA MADRE

Un neonato tra le braccia della sua mamma si sente felicemente al sicuro. Nessuno gli insegnò a cercare le sue mammelle; nessuno gli disse che a quella fonte avrebbe dovuto succhiare, eppure è “informato” di tutto. Uno spettacolo stupefacente, il miracolo della vita. Un miracolo al quale, come a tutti i miracoli che avvengono ogni giorno sotto i nostri occhi, ci abituiamo presto. Purtroppo. La scienza ha il dovere di aiutare, correggere, migliorare la natura, non di rinnegarla, manipolarla, sostituirsi ad essa. Lo stesso neonato, solo pochi mesi prima, con la mamma ha vissuto un rapporto, unico, meraviglioso, originale, irripetibile. Ha respirato il suo respiro, ha preso carne dalla sua carne. In quale culla avrebbe potuto essere più sicuro? Quale luogo avrebbe potuto prevedere il Creatore per la più debole e indifesa delle sue creature? Non tra le braccia, non in una sorta di “marsupio”, ma dentro, nel grembo, invisibile a tutti tranne che a lei, la mamma, che lo sente palpitare fin dei primi giorni. Felice. Giovane. Zeppo di futuro e di speranze. Dentro, impegnato in un “dialogo” che solo loro, le mamme, possono raccontare e di cui tutti noi nati conserviamo una memoria inconscia ma reale. L’amore supplisce a tante cose, è vero. Chi ama non è estraneo a nessuno, è altrettanto vero. La paternità e la maternità si possono esercitare in tanti modi. Tutto vero. Ma niente è più vero del legame profondissimo che ci lega alle radici delle nostre radici che, a loro volta, affondano nel Mistero. Nessuna retorica, per carità. Nessun discorso strappalacrime. Nessuna vecchia canzone per commuovere i nostalgici. Solo un fermarsi e riflettere, con onestà, senza preconcetti. Io sono felicissimo di essere nato, ma non dimentico di essere arrivato per ultimo, proprio quando la mia mamma stava per prendere congedo dal generare ancora. Di figli, lei e papà, ne avevano avuti, eccome. Non credo che impazzissero dalla gioia al pensiero di un’altra bocca da sfamare. E se avessero pensato a una “scorciatoia”? Se avessero deciso di eliminarmi? Il solo pensiero mi spaventa. Nella vita tutto si paga. Occorre vedere per chi e per che cosa conviene spendere la cifra più alta. Per ogni “si” pronunciato occorre dire un numero incommensurabile di “no”. Non sempre ce ne accorgiamo, ma per avere accanto la donna che amiamo, abbiamo dovuto ignorare tutte le donne del mondo. Giusto. Stesso discorso vale per i valori per i quali ci impegniamo. Tutti noi oggi viventi sulla terra, siamo nati, siamo stati accolti, curati, educati. I nostri genitori rinunciarono a tante cose, è vero, ma la nostra presenza, i nostri capricci, il vederci crescere li ricambiarono abbondantemente. Nei reparti di oncologia infantile, ho visto mamme diventare una cosa sola con i figli che andavano spegnandosi. Unico loro desiderio: poter soffrire e morire al posto loro. Unica gioia: vederli guarire. “È dando che si riceve”. Papa Francesco, mercoledì, ha ribadito che “ tutto il male operato nel mondo si riassume nel disprezzo della vita … a cominciare dalla vita del concepito” “ Non è giusto – ha detto Francesco – far fuori una vita umana per risolvere un problema. È come affittare un sicario”. Parole che fanno rabbrividire. Pesanti. Forti. Dure. Vere. Non è cambiando il nome che si cambia la realtà. Una pietra potrai anche chiamarla pane, non riuscirà mai a sfamarti. Nel mondo ogni anno 56 milioni di bambini vengono abortiti. Una cifra spaventosa. E ciò avviene in un tempo in cui la sensibilità verso gli animali va crescendo. Anche verso i boschi, i mari, i ghiacciai abbiamo compreso di dover essere più giusti, umili e misericordiosi se non vogliamo lasciare un deserto ai nostri figli. Possiamo esercitare la stessa umiltà, la medesima misericordia, la stessa umanità anche verso i nostri fratelli non ancora nati? Possiamo metterci nei loro panni nel momento in cui stanno per essere strappati con forza dal grembo materno in cui chiedono solo di rimanere ancora pochi mesi? Possiamo concedere anche a questi piccoli fratelli il diritto alla parola? Il diritto alla vita? Non sarebbe questo un atteggiamento veramente democratico e civile? Un valore è veramente tale quando non nega, ma si fa carico del valore col quale potrebbe confliggere. Non sempre è facile ma è possibile. Gli uomini, con le risorse di cui dispongono: l’intelligenza, la ragione, la scienza, le ricchezze, la carità, la solidarietà sono più che capaci, se lo vogliono, di impegnarsi per il bene delle sorelle e dei fratelli già nati senza il bisogno di fare male a coloro che questa fortuna non hanno avuto ancora. E quale male è più irreparabile e definitivo dell’ eliminazione di un innocentissimo essere umano, talmente piccino da non avere nemmeno la voce per gridare al mondo il suo dolore, suo dissenso, la sua voglia di vivere? Ripensiamoci. Senza offenderci. Senza farci inutilmente male.