IL SOCIALISMO PACIFISTA E I SUOI NEMICI

Tra le grandi culture della sinistra ottocentesca, l’ultima in ordine di tempo ad emergere è quella del socialismo democratico. Ed è anche l’unica ad essere organicamente e direi esistenzialmente pacifista.Non lo era stata certo quella giacobina (“l’essenza della rivoluzione sta nella distruzione di tutto quello che vi si oppone” aveva detto Saint-Just); nè quella marxista (per cui il giudizio sulle guerre e su chi vi partecipava dipendeva dalla natura del conflito e dei suoi partecipanti); nè quella, sempre ricorrente, dell’interventismo democratico, in nome dei diritti dei popoli e delle nazioni oppresse.Il pacifismo socialista, quello della seconda internazionale, dei Jaurès e dei Turati, dei Nenni e dei laburisti inglesi e poi dei Brandt e dei Palme è invece in presa diretta con i ceti che questo rappresenta, il proletariato agricolo e industriale. E nasce dalla consapevolezza profonda che la guerra e la violenza collettiva e organizzata sono il Male. E non solo per i lutti e le distruzioni che l’accompagnano ma anche per l’imbarbarimento intellettuale e morale che l’accompagna e, soprattutto, per la volontà che attraverso di essa si esprime, a ostacolare, con ogni mezzo, l’ascea e il protagonismo delle classi subalterne.E allora, la sostanza del pacifismo socialista non sta nel condannare le guerre ma nel prevenirle o comunque nell’affrettarne la fine.Sarà questo l’obbiettivo centrale della seconda internazionale agli inizi del novecento. E poi del movimento pacifista tra le due guerre. E, infine, quello per cui hanno lottato, nei decenni sucessivi alla seconda guerra mondiale, tutti i grandi leader europei del nostro movimento. Siamo stati sconfitti nel 1914 e nel 1939. E non certo, sia chiaro, per nostre colpe. Abbiamo vinto dal 1945 in poi in Europa, al di là di ogni immaginazione, e per nostro merito. Nostri e solo nostri gli accordi di Helsinki e le politiche di distensione e di dialogo che hanno portato, contro ogni aspettativa, alla dissoluzione pacifica e consensuale dell’impero sovietico.Dopo ci siamo addormentati. Vittime del nostro successo. Sino a non vedere e non sentire le avvisaglie di nuove possibili. catastrofi. Certo c’erano le guerre: ma erano lontane; e a morire erano sempre gli altri; e si combattevano per cause giuste o almeno così ci sussurravano suadenti gli alfieri dell’interventismo democratico. Oggi, però, il rumore è diventato assordante. E proviene, non da terre lontane ma dal nostro stesso mondo e con le stesse caratteristiche di generale imbarbarimento che vedevano all’orizzonte i nostri compagni di allora.E allora sarebbe il caso di svegliarsi. Perchè mai come in questo caso l’alternativa all’internazionalismo socialista è la barbarie. In un mondo senza regole in cui prevale la legge del più forte e a danno dei diritti e della vita stessa dei pù deboli.