CHI HA PAURA DELL’UOMO BIANCO

CHI HA PAURA DELL’UOMO BIANCO

Netebulou – il villaggio da cui è partito per Libia/Europa Seny il capoprogetto di “Casa Loro” della DonBosco2000 – è un piccolo villaggio a sud di Tambacounda. Non lo trovi neanche sulle mappe e per arrivarci devi attraversare strade sterrate. Qui se non hai un mezzo, raggiungere la città diventa un’impresa. Soprattutto per le donne, spesso prigioniere all’interno della comunità. I bianchi qui arrivano di rado attirando ovvia curiosità.E dunque deve averci scambiato per due fantasmi la figlia di Helagi, tornato dalla Libia due settimane fa. Due anni passati all’inferno per tornare senza un soldo in tasca dopo aver visto morire amici e compagni di viaggio. La bimba dalla gonnellina rossa ha circa un anno: appena vede le nostre facce pallide scoppia a piangere…“Ha paura di voi, mi dice il padre – perché siete bianchi…”Come quando a noi da piccoli ci dicevano che se facevamo i cattivi, arrivava l’uomo nero.È la seconda volta che un bimbo di circa un anno, piange al nostro cospetto.Per mia natura non mi sento mai “diversa” in alcun contesto poiché considero l’altro del tutto identico a me, se non per educazione o per le modalità in cui si fa funzionare il cervello: non certo per le sfumature della pelle.Ora, dopo avere appurato di essere una sorta di mostro per i bimbi molto piccoli, camminando per le strade del continente nero mi accorgo di essere una rosea minoranza.In Senegal ci chiamano “toubab” un modo per etichettare i bianchi. Persone di cui diffidare, che arrivano per farsi una vacanza o per sfruttare le loro risorse , senza integrarsi o quanto meno senza sforzarsi di capire il Paese in cui vivono. Se però passi qualche piccolo test, sarai il benvenuto e il burbero bofonchio infastidito ad ogni tua domanda si tramuterà in un sorriso. Più o meno come conquistate un genovese, un sardo o – ancora più difficile – un calabrese o un lampedusano.Così ho guadagnato rispetto ingoiando senza mostrare alcun effetto di segni di ustione in peperoncino giallo, senza crucciarmi  del loro avvertimento che mai io toubab e pure donna avrei mai sopportato quel frutto piccante della loro terra. Ho poi stupito le donne che vendono una spezie puzzolentissima chiamandola con il nome africano e comprandone 10 sacchetti da portare in Italia. E sono diventata la beniamina delle ragazze di un villaggio sperduto ballando con loro.Insomma alla fine anche un toubab può essere accettato se dimostra di saper capire e di sapersi integrare invece di venire qui a rubare risorse e sfruttate bellezza e gioventù.Oggi in albergo è entrata un ‘attempata signora con due statue nere ( il turismo sessuale maschile ha avuto un boom negli ultimi anni in Senegal) Altri uomini bianchi si aggirano da giorni in compagnia di giovani del luogo.Io alla fine, spno riuscita a strappare un sorriso alla piccola bimba dalla gonnellina rossa. Perché volevo che già da ora sapesse che, se non siamo tutti uguali, non è per il colore della nostra pelle.