A TORINO IN QUESTO SETTEMBRE NON HO IDEE SULLA CITTA’

A TORINO IN QUESTO SETTEMBRE NON HO IDEE SULLA CITTA’

Non provo nulla.Giro per la città e non sento niente.Quest’anno il rientro dalle vacanze è stato ancor più disorientante. Funziona così: la prima settimana vivo come se fossi intorpidito, la sensazione di camminare per strade anestestizzato, lo sfrigolio del labbro addormentato quando esci dal dentista, ma per tutto il corpo. Mi vedo da fuori e non sembro io. Rallentato.Ieri ho scritto questo “Questa mattina in metropolitana a un certo punto l’altoparlante interno al vagone ha parlato.Non era però la voce metallica, dall’annuncio standard, era una voce umana, di donna, che avvertiva che quel treno, per cause tecniche, dalla stazione successiva non avrebbe fatto più servizio, e tutti eravamo pregati di scendere.Qualche sguardo si è alzato, qualcuno sembrava perplesso, nessuno ha detto nulla e alla stazione successiva, Porta Nuova, siamo scesi e una guardia ha vigilato che sui vagoni non fosse rimasto nessuno.Io ho pensato alle “cause tecniche”, e cioè alle ipotesi: uno zaino abbandonato, avvistato dall’occhio di lince di un addetto alla sala controllo; un pacco bomba annunciato da una telefonata anonima (anche se: com’è possibile aver contezza del treno esatto?); un bullone cigolante, prossimo al suicidio, dalle conseguenze catastrofiche per il vagone e per tutti noi, la carne maciullata dopo lo scoppio.La generica anomalia, come la semplice spia dell’olio per l’auto, avrebbe spento il microentusiasmo per l’interruzione dalla routine e reso l’imprevisto una banale scocciatura, anziché un diversivo dall’esito eventualmente straordinario.Ma, ecco, sono fantasie in silenzio, un gioco nella mia mente, un duello al fioretto tra pensiero e sensazioni, un ballo tra suggestioni e immagini.A Porta Nuova, invece, una donna ha per caso incontrato un’amica.” A quel punto credevo di aver trovato un significato, qualcosa che rendesse meritevole il racconto, invece niente. Non c’era niente.Rileggevo e non c’era niente.Non sento niente. Due si baciano in via Lagrange, sono ragazzi, raccontare come sono vestiti è inutile. È ciò che accade in un secondo, dopo un minuto avevo già dimenticato il loro volto.Questa mattina in corso Federico Sclopis un vecchio si è immesso da un parcheggio in maniera poco responsabile, senza dare la precedenza a chi veniva. Chi veniva era un giovane su una Mini Cooper, ha fatto il gesto verso il vecchio, con la mano e il pollice alla tempia, Questo è impazzito, Che cazzo fai, qualcosa del genere, io vedevo e non sentivo.Il vecchio mi è sembrato diventare rosso, ha agitato il braccio – lo vedevo, il ragazzo della Cooper già avanti, ai mille – in un modo che mi rendo conto non so scrivere.Ho pensato: Così si gioca a scrivere. Facendo un video – del gesto del vecchio – e chiedendo agli allievi di un corso di scrittura: Scrivi quel gesto.Ci ho pensato per ore.Non sento nulla, non so scrivere quel gesto.È molto difficile in questo periodo dell’anno.La mano circolare, le labbra orientate al basso, le parole che esprimono: Eh, non è così grave.Oppure: Esageroma nen.Però io non so far visualizzare quel gesto. In un, virgolette, ideificio, ho letto “Aprire in caso di sonnolenza”, scritto sotto una RedBull appesa al muro.Là dove dormivano, con polemiche estive finite loro malgrado sui giornali, i clochard Danilo e Federica, l’Amministrazione Comunale ha piazzato delle fioriere, ché non dormano più lì, che accettino la soluzione dell’Amministrazione, della Società.C’è una comitiva di partecipanti a un meeting, in San Salvario, mi accorgo – salmone controcorrente, in corso Massimo, verso sud – tutti hanno un badge con il logo del meeting, parlano tutti inglese, però tutti mi sembrano italiani che parlano inglese, nessun inglese, nessuno straniero. Mi sembra.Non sento niente. La città non mi comunica. Non ho idee sulla città, in questo settembre. Non ho spunti: alcuno spunto mi fa dire: Andrà così.Dico Buon anno, alcuni sorridono, altri mi prendono in giro. In piazza San Carlo c’è il sole, qualche turista, fotografano, anche io.Passeggio, cammino.Nulla queastio.Un neg*o chiede qualcosa, gli do un euro.Sorride così, per sorridere, sorrido così, per sorridere.La Banca Santander ha messo il centro direzionale italiano a San Salvario, nei bar vicini si parla spagnolo, inglese, italiano con manager dall’abbigliamento da manager single nonostante – o proprio per – i cinquant’anni, o sessanta.C’è figa, che i suddetti manager corteggiano, non rilevando la figa obiezioni.Non sento niente.Mi manca il clochard del Valentino, quello che in una Favola mal scritta, nel 2013, chiamai Izzo. Che spuntò, anni dopo, vero, tutti i sabati – soltanto i sabati!, un uomo dagli occhi azzurri, gentile, che saluta con il tono basso della voce, al mio Buongiorno dice Buongiorno, e sta lì con le stampelle, sotto la neve, la pioggia, con i problemi di deambulazione, eppure i suoi occhi sono i più blu del mondo bellissimi, sorridenti.Fa schifo scrivere che gli occhi sorridono?Sì – (però non ho scritto come si scrive quando qualcuno fa quel gesto con la mano – come dire Eh vabbe’ cazzo vuoi che sia – scrivere sembra facile, perché tutti scrivono e sembra così, invece no).