VENEZIA: JENNIFER KENT, IL CRETINO SESSISTA E LE POLTRONE SCASSATE

Non prendiamoci in giro, il film più atteso di ieri era “The Nightingale” di Jennifer Kent. Non tanto per il film (che comunque non ha entusiasmato), quanto per la questione “sessismo” che ci ha accompagnato per tutta la Mostra.Conferenza stampa: alla presentazione della Kent, applauso con ovazione da stadio (sessismo al contrario, tipo “sei una donna, grande!”). Arriva il turno della domanda di una giornalista belga, che dapprima loda il film definendolo addirittura “da Leone” (?) e poi dice ciò per cui ha davvero preso il microfono: “Purtroppo ieri alla proiezione per la stampa abbiamo sentito delle reazioni isolate, ma ciononostante sessiste e violente – la Kent annuisce affranta – Quindi mi rivolgo al suo film, perché di ispirazione: se e quando queste persone diventeranno impossibili da ignorare, come bisognerà affrontarle? Dobbiamo continuare a cercare di dialogare, a discutere, o c’è un altro modo per risolvere?”. Gli insulti ai quali fa riferimento la giornalista sono quelli di Mario Rossi (nome di fantasia, non merita alcuna pubblicità), regista torinese di vent’anni accreditato da Shiva Produzioni, che al termine della proiezione ha urlato “Vergognati puttana, fai schifo”. Un illuminato, un colto, un genio. A tale Rossi (non ci sentiamo di aggiungerci l’epiteto “signor”) è stato tolto l’accredito stampa (il minimo, sarebbe da impedirgli di prendere in mano la macchina da presa, chissà cosa ne fa uscire).Dopodiché, come spesso avviene oggigiorno dopo aver fatto figuracce (e di che portata), il tale si è scusato su Facebook: “Sono stato io l’uomo che ieri sera alla proiezione stampa di “The Nightingale” di Jennifer Kent, ha gridato un insulto deplorevole alla regista una volta apparso il suo nome. Per evitare alla base qualunque tipo di speculazione su cosa abbia detto lo ripeto qua “Vergognati puttana, fai schifo”. Un rigurgito uscito da una bocca che non pensava né a quello che diceva né alle relative conseguenze. Di base non sono contrario ai fischi e insulti alla fine delle proiezioni ai festival, ma il mio gesto di ieri sera è da condannare per la sua natura estremamente esplicita e offensiva. Vorrei innanzitutto chiedere scusa a tutte le persone che si sono sentite offese dal mio gesto, alla regista Jennifer Kent alla quale auguro una splendida carriera e alla Biennale di Venezia e i direttori Paolo Baratta e Alberto Barbera per la brutta figura che ho fatto fare a livello internazionale…». Più che della brutta figura a livello internazionale mi preoccuperei della tua brutta figura, caro Mario. E del fatto che ti sembri normale gridare insulti alla fine delle proiezioni di un film.Pacifica la risposta della Kent: “È importante reagire con compassione e amore all’ignoranza. Si tratta di una storia che deve essere raccontata nel 2018. Essere l’unica donna regista non mi rende felice, mi piacerebbe avere altre sorelle registe qui. Il compito del cinema è riflettere il mondo, e certo il rapporto uomini/donne qui è squilibrato. Il tema è molto importante (…)”.Insulti cretini a parte, il film risulta davvero forte, al limite del pornografico, in modo eccessivo: ambientato nella prima metà dell’Ottocento, narra le vicende di una ragazza stuprata in cerca di vendetta, che si addentra nelle terre della Tasmania grazie all’aiuto di Billy, un aborigeno, anche lui segnato da un passato pieno di violenza.Altro film in gara ieri, l’ultimo italiano Mario Martone con il suo “Capri-Revolution”. Il film convince la critica: la storia, ambientata a Capri all’alba della prima guerra mondiale, vede protagonista la pastorella Lucia, analfabeta, la cui vita viene sconvolta quando si accorge che una comune di naturisti si è insediata sulla sua isola: all’iniziale shock subentra l’interesse, che la porterà a scontrarsi con la sua famiglia.Ma il nono giorno della kermesse ha visto anche la consegna di un importante premio: il Leone d’Oro alla carriera al regista David Cronenberg. Alberto Barbera ce lo presenta, leggendo la motivazione ufficiale all’assegnazione del premio. Cronenberg si alza (da quelle poltroncine di un colore indefinito, davvero orribili, che andrebbero almeno rifoderate) e va a ritirare il premio. Guillermo del Toro raggiunge il collega sul palco, scambio di ringraziamenti, discorsi tradotti solo con i sottotitoli (niente interprete questa volta, forse meglio). Dopo poco più di undici minuti, tutti a casa.Oggi verrà presentato l’ultimo film in gara per il Leone, “Zan-uccidere” del giapponese Shinya Tsukamoto (il film più breve in gara con i suoi 80 minuti). Domani sera si scoprirà a chi andrà l’ambito leone alato. Restate connessi (chestay tunednon ci piace).