C’ERA UNA VOLTA. COME SI ARRIVÒ AL VOTO ALLE DONNE
DI CLAUDIA SABAIl voto alle donne rappresenta una delle conquiste più importanti nella lotta per la parità dei sessi.Il 30 gennaio del 1945, con l’Europa ancora in guerra e il Nord Italia in mano ai tedeschi, il Consiglio dei ministri discusse una proposta di Palmiro Togliatti (Partito Comunista) e Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana).Non tutti si mostrarono favorevoli alla proposta.Contrari, il Partito liberale, il Partito d’Azione e il Partito Repubblicano.Ma ormai era qualcosa che non poteva essere più rimandata. Anche il Vaticano si mostrò favorevole. Il papa Pio XII lo ribadi’ con queste parole:“Ogni donna, dunque, senza eccezione, ha, intendete bene, il dovere, lo stretto dovere di coscienza, di non rimanere assente, di entrare in azione per contenere le correnti che minacciano il focolare, per combattere le dottrine che ne scalzano le fondamenta, per preparare, organizzare e compiere la sua restaurazione“.Il 1 febbraio fu emanato il decreto legislativo n. 23 che conferiva il diritto di voto alle donne italiane con più di 21 anni, salvo le prostitute.Di conseguenza avrebbero potuto anche essere elette.La norma venne però stabilita con un decreto successivo, il 10 marzo del 1946.È proprio questo l’anno, che segna un passo importante per le donne italiane. Fino ad allora il diritto di voto era limitato solo agli uomini.La loro prima occasione di voto non fu il referendum del 2 giugno 1946 per scegliere tra monarchia e repubblica, come in molti suppongono, bensì le amministrative di qualche mese prima, quando le donne si recarono al voto in massa e l’affluenza superò l’89 per cento.Circa 2 mila candidate vennero elette nei consigli comunali in forte maggioranza nelle liste di sinistra. La stessa partecipazione ci fu per il referendum del 2 giugno. Le donne elette alla Costituente furono 21 su 226 candidate e cinque deputate entrarono a far parte della Commissione incaricata dall’Assemblea a scrivere quella che sarebbe poi diventata la Costituzione Italiana.Dove, all’articolo 3 sanciva, che tutti i cittadini sono eguali.
