DA VERGATO (BO): LA BELLA STORIA DI UN CLANDESTINO E DI UN PORTAFOGLIO
Quando ho letto questa notizia ho pensato subito alle polemiche che ne sarebbero derivate, sapete quelle chiacchiere inutili ma che oramai riempiono ed affollano la rete, peggio delle “formiche” sui pazienti all’Ospedale Don Bosco di Napoli, poi ho deciso che era bella, che era una di quelle storie in cui io credo e non ho resistito, morale ve la racconto…Siamo a Vergato in provincia di Bologna, precisamente a 42 chilometri dal capoluogo romagnolo, una cittadina tranquilla e fiorente dove anche qualche immigrato ha trovato sistemazione ma non è il caso di Ohenhen Ikpenwosa, lui giovane 32enne nigeriano c’è arrivato con un permesso di protezione umanitaria scaduto, senza una fissa dimora e ovviamente senza un lavoro. Vive chiedendo l’elemosina, fuori ai negozi. Anche lui come tanti per restare sulla “nostra terra”, deve rendersi trasparente, quel tanto quanto basta per non essere mandato via. Non deve dare nell’occhio, deve scomparire la notte e muoversi in silenzio durante il giorno. Confidare nella generosità degli abitanti ma al tempo stesso, farsi da parte quando qualcuno ritiene che quel marciapiede, quella panchina, quel muretto siano solo suoi.Ieri una donna, nella fretta di questi giorni ha perso il portafoglio. Ikpenwosa l’ha visto abbandonato davanti ad un fruttivendolo, era lì nella speranza di racimolare qualche centesimo ma quando ha notato quel borsellino non ha avuto dubbi, doveva portarlo subito ai carabinieri. Certo sapeva che in quel modo la sua identità sarebbe stata scoperta e che probabilmente anche la sua permanenza a Vergato sarebbe terminata ma ha deciso che andava bene così. Quel denaro, quei documenti dovevano tornare al loro legittimo proprietario. Quando è arrivato in Caserma, ha bisbigliato il suo nome, forse per un attimo ha sperato bastasse darlo a loro, bastasse non averli nemmeno sfiorati con le dita i 205 euro che conteneva, ma non era così. Alla centrale hanno scoperto la sua clandestinità, anche se a suo carico non c’era alcun precedente penale. A quel punto è riuscito solo a dire che aveva fame. I carabinieri non sapevano cosa fare, quella inusuale richiesta li ha trovati impreparati, l’umanità però ha avuto il sopravvento ed hanno deciso di condividere con lui, il loro pranzo.Subito dopo hanno informato la proprietaria dell’avvenuto ritrovamento e poi il sindaco, Massimo Gnudi, su quanto avevano scoperto. Ai ringraziamenti sono seguite delle promesse. Il sindaco ha deciso che avrebbe personalmente accompagnato il giovane presso la Prefettura e la Questura affinché la sua posizione potesse essere in qualche modo e celermente regolarizzata.Da qui le polemiche, inutili, sterili, prevedibili. C’è chi lamenta di aver avuto solo una pacca sulla spalla quando ha restituito un cellulare perduto o un portamonete carico di euro. C’è chi ipotizza che sia una delle solite fake news, o ancora peggio un piano ordito dallo stesso nigeriano, allo scopo di ottenere un lavoro, una casa.Certo ognuno è libero di credere quello che vuole, di infierire su un giovane che la vita sta già mettendo a dura prova, ma si può anche usare questa storia come una semplice fiaba, una di quelle che accompagnava i nostri passi di bambini, che ci faceva credere che il bene vincesse sempre sul male.Possiamo anche solo ascoltarla e lasciarla lì, in una parte remota del nostro cuore, perché possa scaldarci un giorno quando ci troveremo soli su quella panchina, su quel marciapiede, che avevamo creduto un tempo, ma solo un tempo, fossero davvero solo nostri.
