DECRETO PILLON: SE LO CONOSCI, NON LO EMENDI
Un decreto quello Pillon che ha portato a discussioni, polemiche, reazioni dal momento in cui si è iniziato a parlarne. Anni di giurisprudenza intelligente che ha cercato di tenere conto dei bisogni emotivi e sociali dei minori, vengono gettati nel bidone dei rifiuti ed anche con poche battute. Che siano di carattere provocatorio, o che siano volutamente volute, i toni su questo decreto si alzano di giorno in giorno. Il disegno di legge a prima firma Pillon è arrivato in commissione Giustizia del Senato lo scorso 10 settembre 2018 e da allora ha creato solo malumori e discussioni poiché viene definito maschilista e non in grado di mettere al centro la famiglia , i genitori e le problematiche che al suo interno si possono venire a creare.All’interno del ddl troviamo questi punti: a) mediazione obbligatoria; b) tempi paritari ed equilibrio tra i genitori; c) eliminazione dell’assegno di mantenimento; d) lotta all’alienazione genitoriale.Tutto questo finisce con il dare un’idea di famiglia che non corrisponde a ciò che la famiglia è realmente, facendola sentire fuori luogo e stravolgendo il concetto di famiglia che fino ad ora è stato presente nel nostro paese. La mediazione diventa obbligatoria per le coppie con figli al fine di aiutarle a trovare un accordo nell’interesse dei minori, ci si affida dunque a qualcuno che non è controllato da nessuno e che inoltre non conosce la storia di quella famiglia, ma in qualche modo si ritroverebbe ad agire al suo posto. Da non tralasciare che a pagare le spese per i mediatori saranno le stesse famiglie, non si tratta di un servizio gratuito. Il ddl introduce la“bigenitorialità perfetta”: in caso di separazione di una coppia, il mantenimento dei figli, il loro affido, e di conseguenza i costi e il tempo trascorso con loro, devono essere equamente divisi tra padre e madre. Uno dei temi centrali del ddl è quello del tempo che i figli trascorrono con i genitori: “Indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Potrebbe apparire tutto semplice e facilmente realizzabile ma ci si dimentica la difficoltà di spiegare alle mamme che hanno rinunciato al lavoro per crescere i figli che avrebbero potuto farne a meno se solo fossero state aiutate nella suddivisione dei compiti come sarebbe stato corretto fare. Inoltre, chi va a spiegare ai padri in carriera, che per almeno 12 giorni al mese, non posso essere più disponibili quando il loro capo li richiamerà al lavoro. Non sarebbe cosa semplice dire agli imprenditori che, per una decina di giorni al mese, dovranno portarsi i loro bimbi in azienda. E come si spiega a quei lavoratori costretti al trasferimento, per la qualità del loro impiego, che dovranno cambiare lavoro. Non si tiene in considerazione che i genitori dovranno lavorare entrambi molto oppure che si ritroveranno a dover affrontare il costo suppletivo di una tata a tempo pieno o di due mezze tate. Non tutti hanno la fortuna di vivere vicini ai genitori o di averli in salute ed in pensione che siano in grado di potersi occupare dei nipoti durante il giorno, proprio quando i genitori sono entrambi impegnati al lavoro. Insomma bambini con la valigia, ma di cui non si sa quanto possano essere contenti di saltellare per metà mese da una casa all’altra. Nessuno si interroga su quanto in realtà farebbe loro piacere vivere situazioni di questo tipo. Forse neanche a noi adulti farebbe piacere se ci venissimo a trovare in situazioni analoghe. Non sarebbe più giusto che in casa rimanessero i figli e fossero invece i genitori ad alternarsi nel loro accudimento? Forse si dovrebbe considerare che il terminebigenitorialitànon vuol dire uguaglianza e parità materiale, ma pari responsabilità nella gestione di due ruoli diversi e complementari, e questo non è stato fatto. Parliamo anche dell’abolizione dell’assegno di mantenimento. Sparirebbe la cifra forfettaria stabilita automaticamente, sostituita da un assegno calcolato ad hoc sui figli e sul progetto che i genitori hanno su di loro. La cifra stabilita sarà divisa equamente tra i genitori, in base a quanto guadagnano.Nel caso in cui la madre si ritrovi ad essere priva di reddito, tutte le spese toccheranno al padre, che però non darà un assegno forfettario, ma pagherà direttamente le spese vive, o pagherà una cifra a fronte di fattura. In questo caso pare non valere più l’onere del mantenere una famiglia dopo averla creata, il ruolo del capo famiglia viene dimenticato quando si tratta di venir meno a quanto promesso, passando“allegramente”sopra le esigenze dei figli . Insomma termina un rapporto tra coniugi e si tende a dimenticare di avere dei figli. Molto, forse troppo di cui parlare e da tutto questo scaturisce tutta l’immaturità che ci si mette quando si pensa di essere risolutori di situazioni famigliari ed al tempo stesso non si tiene conto di quanto la superficialità non aiuti ma devasti ciò che resta di un matrimonio terminato. L’ulteriore novità, di stampo maschilista sancita dal disegno di legge riguarda il principio dell’assegnazione della casa coniugale. Oggi l’assegnazione avviene a favore del genitore collocatario dei minori prevalentemente. Quasi sempre viene assegnata alla madre poiché è lei il genitore di riferimento. Questo principio viene a cadere con la previsione di un calendario di affidamento paritetico che porterebbe all’obiettivo di avere due case differenti per i bambini. Salvo l’ipotesi nella quale sia il giudice a precisare chi può continuare a vivere nella casa coniugale, tutte le questioni relative alla proprietà o alla locazione saranno risolte in base alle norme civilistiche vigenti in materia di proprietà e comunione. Due case, la difficoltà di riuscire a tenere un lavoro a tempo indeterminato, il costo della vita che aumenta così come aumentano le esigenze dei figli che crescono e poche o nessuna alternativa e non quella di far finta di nulla, di indossare la maschera dell’ipocrisia e della falsità e di decidere di non separarsi condannandosi e condannando anche i figli nel continuare a sopravvivere in una casa dove non c’è più ne amore e tantomeno rispetto. Una delle critiche più accese riguarda il fatto che il ddl sarebbe un disincentivo per le donne che subiscono violenza a chiedere la separazione. Da più parti è giunta l’accusa di essere un decreto maschilista che va contro le donne che si trovano in situazioni più deboli senza guardare al supremo interesse del minore. Secondo le esponenti del Pd,“stravolge il diritto di famiglia vigente” in Italia; “mina alla base lo sviluppo armonico di bambine e bambini figli di coppie separate, costringendoli a vivere scissi in tempi paritetici tra genitori”; “aggrava i costi della separazione inserendo obbligatoriamente la figura del ‘mediatore familiare’,che è a carico di chi si separa”.“L’art. 11 del progetto di legge prevede poi che chi non ha la possibilità di ospitare il figlio in spazi adeguati non ha il diritto di tenerlo con sé secondo tempi ‘paritetici’. Dunque, il genitore più povero rischia di perdere anche la possibilità di vedere il figlio”. Nato a Brescia, il primo giugno del 1971, avvocato cassazionista Simone Pillon , attivo fin da giovane nel mondo cattolico e sociale , è stato consigliere nazionale del Forum delle associazioni familiari fino al 2015. Tra gli organizzatori dei tre Family Da» del 2007, del 2015 e del 2016, alle elezioni politiche del 2018 è stato eletto al Senato della Repubblica, tra le fila della Lega nella circoscrizione Lombardia. Hanno fatto discutere alcune sue affermazioni sull’ideologia di genere e sulla possibilità che venga insegnata nelle scuole italiane. Pillon ha asserito che «esiste una lobby gay che punta al reclutamento omosessuale». Poco dopo la sua elezione, da senatore, sostenne che nelle scuole della «sua» Brescia era « insegnata agli alunni la stregoneria» Secondo lui, alcuni bambini erano costretti a «bere pozioni magiche», «dipingersi dei simboli sulle braccia», «costretti a invocare gli spiriti», riferendosi al progetto sul testo «Fiabe e racconti dal mondo».Il senatore leghista Pillon ad agosto scorso aveva poi fatto discutere, intervenendo su interruzione di gravidanza, utero in affitto e famiglie omogenitoriali. Dichiarando che il primo obiettivo da raggiungere era quello di «aborti zero». Sulla modifica della 194 aveva poi chiarito «ci arriveremo, come è successo in Argentina», dove il Senato aveva respinto la proposta — a cui la Camera aveva dato il via libera — di legalizzazione dell’aborto (ricordiamo le parole del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana all’indomani della nomina, quando disse di voler «intervenire per potenziare i consultori così di cercare di dissuadere le donne dall’abortire» È uno degli animatori del Family Day, tra quelli che ha consigliato il comizio mostrando il rosario a Salvini.Una persona anagraficamente giovane, che però pare apparire fortemente ancorata ad un retaggio culturale obsoleto che non tiene conto del progresso evolutivo del pensiero e del contesto sociale in cui viviamo.Con i suoi 24 punti contenuti nel ddl fa involvere piuttosto che evolvere, fa tornare ad avere timore per le novità, isolando ed azzerando gli anni di lotta che ci sono stati soprattutto per l’accettazione di quelle” diversità ”che mentre per alcuni restano tali, per altri sono diventati motivo di crescita e di arricchimento personale e culturale.Osservazioni e critiche relative a questo ddl hanno interessato sia il mondo politico che quello sociale. Tra questil’appello delle opposizioni in una conferenza stampa in Senato voluta dall’ex ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e dalla senatrice di +Europa, Emma Bonino, che commenta: “È un ritorno agli anni Settanta. Un’intrusione inaccettabile nella vita privata”.Queste le parole di Emma Bonino: “C’è qualche ragazza giovane in sala? Bene, me ne rallegro, perché questo ddl riguarda voi”: così la senatrice Emma Bonino esordisce nella conferenza stampa a Palazzo Madama contro il disegno di legge del leghista Simone Pillon sull’affido condiviso. “Mi ritrovo in un’atmosfera degli anni ’70, c’è da tirare fuori gli slogan di quegli anni a partire dal semplice ‘Io sono mia’. Spiace che una tesi non illegittima ma culturale venga sponsorizzata dal governo”, aggiunge Bonino. Insieme a lei anche la senatrice dem Valeria Fedeli e il senatore Pietro Grasso di Leu. “Dobbiamo fare una battaglia insieme – spiega l’ex presidente del Senato – uomini e donne, secondo me molto più gli uomini che le donne perché spetta a loro cambiare”. Alcuni degli esponenti del Movimento Cinque Stelle, sono intervenuti creando spaccature in merito al ddl. Una tutela familiare che diventa in qualche modo“forzata”, che dimentica le donne ed i minori e che mette anche i padri in situazioni di disagio nella gestione della famiglia che famiglia non è più se a prevalere sono le questioni economiche e lo scaricare le proprie responsabilità ad altri. La rete dei Centri anti-violenza e altre realtà sociali hanno lanciato l’allarme contro il ddl n. 735/2018 .I movimenti femministi hanno ribadito che la riforma è un grave attacco alle donne e alle conquiste ottenute con fatica negli ultimi decenni nell’ambito del diritto e della giurisprudenza sulla famiglia e sulla violenza domestica. Inoltre la letteradell’allarme lanciato alle Nazioni Uniteal Governo dalle relatrici speciali dell’OnuDubravka Šimonović e Ivana Radačićafferma che il ddl è una misura repressiva e i sintomo di «una tendenza, espressa attraverso le dichiarazioni di alcuni funzionari governativi» e attraverso altri provvedimenti dei partiti di maggioranza «contro i diritti delle donne». In Italia, è in atto, il «tentativo di ripristinare un ordine sociale basato su stereotipi di genere e relazioni di potere diseguali e contrarie agli obblighi internazionali in materia di diritti umani». Il disegno di legge 735 si compone di ventiquattro articoli e prevede che le disposizioni introdotte, una volta entrate in vigore, si applichino anche ai procedimenti pendenti. Gli psicologi denunciano l’invisibilità del minore poiché Il testo di legge si limita ad imporre al minore la figura del padre per via giuridica. Non è infatti un affido matematicamente alternato a tutelare il minore anzi, Il rischio è che si obblighino i minori alla permanenza con un genitore non gradito per motivi che la norma non prende in considerazione ma che inevitabilmente avrà una influenza sullo sviluppo del minore stesso. La richiesta degli psicologi verte proprio sul dare voce ai minori in modo da poter esprimere liberamente quali sono le loro volontà. Li si vorrebbero scindere tra i due genitori, come in due metà perfette, ma completamente privi di capacità decisionale. Inermi nella pianificazione predisposta da un estraneo, il giudice, che predisporrà i suoi tempi, i suoi impegni e i luoghi in cui trascorrerli e svolgerli. Minori senza voce ma con due case. L’imperativo categorico“prima i padri”si traduce nei fatti in una retrocessione della donna anche all’interno del nucleo familiare, lasciando il fianco scoperto ai gravi problemi di violenza. Nel decreto si prende in considerazione anche il tema dell’alienazione genitoriale.“I tentativi di alienazione, le false denunce e i tentativi di condizionamento psicologico del minore saranno punite nei casi più gravi con il risarcimento del danno e la perdita della responsabilità genitoriale. Insomma se un bambino non avesse voglia di vedere l’altro coniuge nel giorno stabilito, il“colpevole”diventa chi lo asseconda non imponendosi ma cercando di comprendere e di non forzare, quasi come se i minori non avessero capacità discernitive e venisse totalmente ignorato il loro volere, pena il rischio di vedersi additati come genitori che alienano . Se le critiche al ddl sono molto articolate e precise, non altrettanto lo sono state le risposte che, da parte di chi lo sostiene, tendono a riproporre le premesse generali su cui il ddl stesso è stato scritto. Pillon ha detto che non si tratta di un’iniziativa contro le donne e ha genericamente difeso il principio di bi-genitorialità ribandendo che «non possiamo sacrificare un genitore sull’altare dell’habitat del figlio. Certo, per un figlio è meglio una casa sola con entrambi i genitori. Ma se questo non è possibile, è meno male alternare le case che perdere un genitore, che alla fine è quasi sempre il padre». A difendere il ddl e a rivendicarne i passaggi più significativi sono poi le cosiddette associazioni dei padri separati, con le quali Pillon ha dichiarato di aver scritto la proposta. Queste associazioni portano avanti da tempo due battaglie principali, accolte di fatto dal ddl: quella economica (la possibilità di vedersi portare via la casa con l’assegnazione della stessa al minore, collocato spesso con la madre) e la fine dell’assegno di mantenimento nei confronti del minore e del coniuge più debole. Per Massimo Gandolfini, presidente dell’associazione Family Day il ddl Pillon « è una proposta fatta di luci e ombre e sarebbe meglio riscriverlo». Le ombre stanno nella «bigenitorialità perfetta, che è utopistica. Nella lista dei contrari anche la presidente della commissione europea per i diritti delle donne (Femm) Vilija Blinkeviciute che ha sottolineato come se diventasse legge«restringerebbe i diritti delle donne: è inaccettabile, è una violazione dei diritti uomo e non potrei mai dirmi d’accordo». Come il ddl è stato bocciato da“Non una di meno”: «Il ddl Pillon – ha sottolineato Natascia Cirimele – sugli affidi condivisi può far aumentare oltremodo le violenze domestiche, mettendo più a rischio – ammesso che sia possibile – la vita di donne, mamme e figli per colpa di mariti e padri violenti che li ritengono di loro proprietà». Sulla vicenda affido condiviso è intervenuta anche la prima sezione civile della Cassazione precisando che non esiste «una proporzione matematica» in base alla quale dividere a metà il tempo da trascorrere con i figli. Sul settimanale Elle in un’intervista a Luigi Di Maio si legge che la legge sulla riforma del diritto di famiglia «non è nei programmi di approvazione dei prossimi mesi perché così non va» e che il suo partito la modificherà. Molte ombre su questo decreto, molti quesiti che non ricevono risposte adeguate, in mezzo il benessere dei figli che comunque vada la vita di coppia dovrebbe essere sempre tutelato e non diventare “merce di scambio” per alimentare sterili ripicche tra“genitori”i quali comportandosi spesso come dei ragazzini paiono aver dimenticato l’importanza della loro tutela.Un mondo già di per sé confuso, in cui non si perde occasione per seminare discordia ed odio, proprio ciò di cui i bambini non hanno bisogno, ed un grande assente: l’amore che non importa da dove provenga, che supera le barriere delle divisioni di genere, che dovrebbe essere alla base della famiglia e proseguire indipendentemente dalla fine di quello fra coniugi.Non c’è decreto che tenga, più amore e meno burocrazia per questi bambini che devono diventare gli uomini del domani, non feticci usati per combattere campagne elettorali.
