LA GUERRA DIMENTICATA IN YEMEN. NEL SILENZIO DEI MEDIA MORTI 85.000 BAMBINI

A marzo 2019 lo Yemen raggiungerà il suo quinto anno di guerra civile. Una guerra che sta mettendo il popolo yemenita in ginocchio. Lo Yemen è considerato il Paese più povero del mondo arabo attraversato spesso da disastri naturali, questa guerra è un’ulteriore piaga. Ancora oggi, a molti, sono sconosciuti i motivi di tale conflitto. Alla fine dell’anno appena trascorso, precisamente nel novembre 2018, alcuni giornali hanno parlato di una condizione critica che riguarda il Paese arabo e della gravità nella quale si trovano migliaia di bambini, ma poi le cose sono continuate ad andare com’erano e le notizie nuove hanno rapidamente mandato nel dimenticatoio questa tragedia dalle proporzioni inquietanti… Lo Yemen è un Paese arabo che molti di noi hanno a malapena sentito nominare, forse perché troppo occupati nelle preoccupazioni nostrane e nel nostro costante impegno a tener ben lontani dalle coste italiche i “barconi dei disperati” che per fortuna talvolta ci pensa il mare ad inghiottirli, così ci evita tutte le noie ed i disagi…Secondo i dati riferiti dall’Ong Save the Children (dati basati sulle relazioni delle Nazioni Unite), sembrerebbe essere un “grosso produttore di morti di bambini”, sono infatti ben 84.701 quelli che tra l’aprile 2015 e l’ottobre 2018, per per fame o malattie, hanno perso la vita. Le cause principali sono imputabili alla grave malnutrizione ed i bambini a rischio sono quelli sotto i cinque anni d’età. Il Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite (Unicef) ha reso noto che dal 2015 oltre 2.400 bambini hanno perso la vita e oltre 3.600 sono rimasti feriti a causa degli scontri avvenuti in Yemen, dove la guerra ha causato oltre 10 mila vittime tra la popolazione civile.L’Oms, (Organizzazione mondiale della sanità) denuncia che a causa della guerra in corso, l’ottanta per cento dei minori che risiedono nello Yemen necessitano di assistenza umanitaria, ci sono oltre 11 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni in costante rischio di vita. Dalle relazioni dell’Unicef emerge che sono almeno 2,2 milioni i bambini che patiscono la malnutrizione acuta in Yemen. A fronte di una popolazione che conta più di 27 milioni di abitanti, ci sono almeno 16,37 milioni di persone che hanno bisogno di servizi sanitari di base.La condizione sanitaria del Paese è ulteriormente peggiorata in seguito all’epidemia di colera in corso nel Paese arabo, dove ogni 10 minuti a casa della denutrizione muore un bambino. Che il mondo vada a due velocità lo abbiamo ormai assorbito e ce ne siamo anche fatta una ragione, in fondo certi Paesi sono talmente lontani da noi, che certe notizie, producono alla fine un disinteresse globale.I discorsi dei politici indignati perchè il nostro pianeta proprio non vuol saperne di raggiungere un equilibrio sociale che consenta una normale vivibilità a tutti, restano spesso belle parole e concretizzare una collaborazione tra Stati che permetta il raggiungimento degli scopi prefissi, resta comunque un’utopia. L’occidente ne prenderà coscienza quando il conflitto in Siria finirà e lo farà per un interesse personale. La guerra in Yemen è scoppiata nell’aprile del 2015. Dopo tre anni di guerra, l’Onu denuncia che circa 14 milioni di persone sono a rischio di carestia. Il conflitto ha causato una drastica riduzione delle importazioni di generi alimentari. Peggiorata dopo l’assedio del porto della città di Hodeidah con le importazioni commerciali di cibo che ha visto una riduzione di oltre 55mila tonnellate al mese. Per Save The Children, al momento, i generi alimentari che arrivano nel Paese sono sufficienti per soddisfare i bisogni solo del 16% della popolazione. Tamer Kirolos direttore di Save the Children spiega: “chiediamo la fine immediata dei combattimenti, per non perdere ulteriori vite umane. I bambini nello Yemen sono sull’orlo del baratro e per salvarli è necessario fornire loro al più presto alimenti ad alto contenuto di nutrienti”. La fascia costiera dello Yemen, in particolare quella dello stretto di Bab el Mandeb ha un’importanza strategica enorme. Tutti i Paesi che si trovano su quelle rive, dall’Arabia Saudita a Israele vivono anche grazie alle importazioni che passano per quello stretto. Come è fondamentale il Canale di Suez, lo è ancora di più lo stretto che ne rappresenta la porta. Al momento i rifornimenti necessari al Nord del paese passano attraverso il porto meridionale di Aden. Di conseguenza, l’arrivo degli aiuti può richiedere fino a tre settimane, anziché una come sarebbe possibile con la riapertura totale del porto di Hodeidah.Il petrolio che scorre attraverso questa rotta è una delle chiavi di lettura per capire il motivo di questa sanguinosa guerra. La quantità di petrolio in transito nel Mar Rosso era di circa 17 milioni di barili al giorno nel 2009. Nel 2015, la cifra era scesa sotto la soglia dei 4 milioni. Un segnale eloquente di quanto questa guerra incida su una delle chiavi per capire il Medio Oriente: il petrolio. Non si può dimenticare il disastro umanitario che sta vivendo lo Yemen. I nostri occhi sono puntati sulla Siria e quando questo tremendo conflitto cesserà, la guerra in Yemen prenderà il suo posto diventanto il conflitto mondiale più importante del medio oriente. Questa guerra è stata spesso definita come “il conflitto dimenticato” a causa della scarsa attenzione mediatica ha visto l’ambiguità delle potenze internazionali abbracciare gli interessi regionali di certe parti, più che cercare una soluzione al conflitto anche per vie diplomatiche.Il conflitto nello Yemen che attualmente è ancora in corso è una guerra civile iniziata ( almeno ufficialmente) il 19 marzo del 2015 e vede contrapposte due principali fazioni, le forze leali al governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi e quelle degli Huthi, che hanno il controllo della capitale e che appoggiano l’ex presidente, Ali Abdullah Saleh. Gli Huthi nel settembre del 2014 hanno preso il controllo della capitale Sana’a e poi il 19 marzo 2015 hanno iniziato attacchi per allargare il controllo anche alle province meridionali. Così il 25 marzo grazie all’alleanza delle forze fedeli a Saleh, sono arrivati alle porte di Aden, dove ha sede il governo di Hadi, che ha trovato rifugio in Arabia Saudita.Il 26 marzo dall’Arabia Saudita è partito un raid aereo alla volta degli Huthi, allo scopo di reinsediare Hadi al governo. Nel mese che è seguito, in base ad un rapporto dell’Onu, hanno perso la vita negli scontri armati in Yemen, tra le 7.400 e le 16.200 persone e di questi, il numero relativo alla popolazione civile è indicato tra i 4125 e 10000 vittime. In Arabia Saudita la conta delle perdite è stata di circa 500 persone.Il presidente dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha affermato che la coalizione dell’Arabia Saudita ha provocato il doppio delle vittime (tra i civili) rispetto a quanto hanno provocato tutte le altre forze messe insieme. Ansar Allah, meglio noto come Huthi. Un gruppo armato prevalentemente sciita zaydita ma anche con presenze sunnite. Sorto alla fine del XX secolo ha dato vita a un’organizzazione armata che si è definita Partigiani di Dio. Nel 2004 ha dato luogo all’insurrezione contro il governo yemenita.Nel corso degli anni 2000 c’è stata alternanza continua tra accordi di pace e conflitti. Nel 2007 il governo ha soffocato piuttosto brutalmente le invocazioni di secessione del Sud promossa dagli yemeniti. Mentre gli Huthi insorgono nel 2009, arrivando per un breve tempo nell’Arabia Saudita, ma nel 2010 viene firmato un nuovo “cessate il fuoco” col governo yemenita.Sarà il leader Huthi Abd al-Malik al che dichiarerà ufficialmente nel 2011, nella rivolta yemenita, che il suo gruppo supporta le dimostrazioni che vogliono le dimissioni del presidente ‘Ali ‘Abd Allah Saleh. Nello stesso anno, come Saleh si prepara a lasciare l’incarico, gli Huthi prendono d’assedio il villaggio prevalentemente sunnita di Dammaj a nord dello Yemen, questo era un passo fondamentale per arrivare all’autonomia di Sa’da.Quindi, gli Huthi si schierano le forze yemenite sotto il comando del generale Ali Mohsen al-Ahmar e dopo una breve battaglia, nel mese di settembre 2014 riescono a prendere il controllo di Sana’a, la capitale yemenita, le due fazioni sono adesso costrette ad un accordo forzato. A gennaio 2015 “colpo di Stato” gli Huthi dimettono ‘Abd Rabbih Mansur Hadi e il 6 febbraio 2015 prendono il governo del Paese.Gli Stati Uniti impegnati nel conflitto accusano gli Huthi di ricevere armi e addestramento dall’Iran, dove la componente sciita è predominante, anche se gli Huthi negano qualsiasi affiliazione. Non solo l’Iran è partecipe nel rifornimento delle armi ma anche L’Eritrea è parte in causa in questa diatriba e fornisce anche assistenza sanitaria ai combattenti Huthi, L’Eritrea smentisce qualsiasi accusa. Stati Uniti e Golfo Persico sostengono il governo yemenita. Droni americani sono stati regolarmente impiegati contro obiettivi di Al Qaeda nella Penisola Arabica. Gli Usa hanno fornito armi agli yemeniti e l’Arabia Saudita, aiuti finanziari. Per i Sauditi nello Yemen non si tratta solo di ripristinare un governo a loro favorevole ma anche di contrastare l’Iran, nemico storico contro cui combatte da anni una “guerra fredda” tra sunniti e sciiti.L’intervento iraniano nasce proprio dal contrasto sempre esistente con l’Arabia Saudita, tant’è che hanno approfittato dell’aumento della pressione al confine tra Yemen ed Arabia Saudita per supportare i ribelli Huthi.Altra componente importante di questa guerra sono gli Emirati Arabi, alleati dei Sauditi. Il loro intento è indebolire la minaccia della Fratellanza Musulmana, che in Yemen è costituita dal partito Islah, uno dei protagonisti della rivolta del 2011. Gli Emirati Arabi, inoltre finanziano ed addestrano nel sud del Paese le milizie secessioniste anti Huthi.Gli Emirati, in Yemen si sono inoltre garantiti interessi di mercato. L’ambiziosa politica estera emiratina che guarda con interesse all’Oceano Indiano e al Corno d’Africa rende le coste sud dello Yemen un punto strategico chiave che permetterebbe di scavalcare le minacce iraniane di chiudere lo stretto di Hormuz, che mette in comunicazione il Golfo Persico con l’Oceano Indiano.L’altro elemento da valutare nella disamina del conflitto è la presenza sul territorio di gruppi terroristici come Al Qaeda e, dall’ultimo anno, anche l’ISIS. Nascosti nelle zone desertiche e di difficile controllo. Nello scorso dicembre, si sono finalmente tenuti i colloqui per la pace in Yemen. I colloqui, avvenuti in Svezia, sono un primo passo per la creazione di un clima di fiducia indispensabile per poter proseguire concretamente verso la risoluzione del conflitto. Al centro dei colloqui c’è stata la questione dello scambio dei prigionieri, ma si sono anche gettate le basi per cominciare a dialogare su un possibile “cessate il fuoco”; l’apertura di corridoi umanitari e il ritiro delle forze belligeranti dalla città portuale di Hodeida. Queste guerre intestine che spesso avvengono in Paesi ricchi di petrolio, si nascondono dietro al paravento della religione. Tutti gli interventi internazionali, più che condurre una linea diplomatica per tutelare i civili preferisco anteporre i propri lungimiranti interessi economici. Purtroppo le spese di tutto ciò ricadono sulla popolazione e ingenerano un esodo che ricade sul mondo economico occidentale.