“P” COME PREGIUDICATO

La cronaca di questi giorni ancora una volta mette in evidenza quanto siano insopportabilmente rozze le categorie mentali che orientano le opinioni. I politici, gli immigrati, i preti, i gay… non potevano mancare i pregiudicati, quasi che a quella categoria non appartengano sia coloro che hanno eletto il crimine e l’illegalità a sistema di vita sia chi è incappato occasionalmente nelle maglie della giustizia. Lo stigma è lì bello e pronto per tutti non diverso dalla “lettera scarlatta”, quella A rossa che qualche secolo fa veniva cucita sui vestiti delle adultere americane. Ma se la complessità della vita ha abbattuto totem come l’infedeltà coniugale o la verginità fisica, la verginità giudiziaria rimane identica a sempre e quella “fedina macchiata” incubo dei nostri nonni viene sbattuta in faccia alla prima occasione. Eppure basterebbe farsi un giro nei palazzi di giustizia per toccare con mano quanta gente assolutamente normale, proba, affidabile e utile alla società venga condannata a pene detentive per fatti in cui chiunque potrebbe incorrere.