QUANDO DIO SCONVOLGE I PIANI

I fatti sono sempre più duri e resistenti delle parole e rifiutano di sottomettersi a qualsiasi ideologia. Costretto a rimanere a casa per un contrattempo, mi ritrovo immerso nella lettura quando la telefonata di Enzo mi richiama alla realtà. È, come sempre, all’esterno di una clinica campana dove praticano l’aborto. Buon samaritano, Enzo, passa tante ore della sua vita, rischiando di persona, per tentare di offrire un aiuto concreto a chi ha deciso di varcare quella soglia e cercare di impedire a qualche essere umano di finire nella fogna. Ha salvato, in questi anni, da aborto certo, centinaia di bambini mettendo in contatto i genitori con associazioni, parrocchie, medici di buona volontà, movimenti, volontari. Avvicina con semplicità e cordialità la donna o la coppia che sta per abortire. Saluta, parla, chiede, offre il suo aiuto. Incoraggia, ascolta, invita, coinvolge. L’aborto non sarà mai la soluzione ai nostri problemi, lo sanno tutti. Purtroppo ancora viene proposto come unica alternativa a chi è in difficoltà per accogliere un figlio. In Campania, ma anche altrove, tanti bambini vengono abortiti solo per motivi di ordine economico. È l’aborto cui tanti poveri sono costretti a sottomettersi. Tante famiglie sono allo stremo e un’ altra gravidanza le spaventa. Queste persone vanno in clinica con la faccia spenta e il cuore rotto. Abortire per loro non è qualcosa da poco conto. Però dallo Stato un aiuto non arriva. Se vuoi abortire, si, ti dà una mano; se vuoi mettere al mondo il figlio, no, te la devi vedere tu. Lunedì mattina Enzo mi chiama. Con lui c’è una coppia di stranieri che vive dalle mie parti. La sua voce è squillante, mette gioia, fiducia. Minimizza i problemi, invita alla speranza. Mi passa Piruk, il papà. Poche parole, un saluto caldo, un appuntamento. La certezza che troveranno una mano tesa, una spalla su cui appoggiare il loro peso e Piruk con sua moglie vanno via da quel luogo di morte. Basta davvero tanto poco perché una nuova vita nasca? La risposta può essere un semplice “si”. Domenica scorsa, Messa delle 12.00. Prima del commiato scendo tra i fedeli per qualche avviso. Le ultime notizie, le catechesi del Papa, mi fanno dire ancora qualcosa sulla sacralità della vita e il dovere del cristiano di custodirla fin dal grembo materno. Accade tutto all’improvviso. Raffaele, un uomo sulla sessantina, chiede gentilmente la parola: « Voglio testimoniare – dice – ciò che è accaduto a mia figlia dodici anni fa, quando, incinta, si sottopose ai vari esami medici per portare avanti la gravidanza con serenità. Le fu detto che avrebbe partorito un figlio malformato, per cui le veniva consigliato di abortire. Venimmo subito in questa chiesa, e proprio davanti alla statua del cuore di Gesù, lei padre, ci incoraggiò, dicendo che intanto non c’era certezza di niente, e poi che anche i bambini non perfettamente sani hanno il diritto di nascere. Accogliemmo il suo invito e nacque una bambina sanissima e bella come il sole …». La ragazzina è li, accanto al nonno, e si alza a sua volta, orgogliosa e serena. La sua giovanissima età mi mette a disagio, ma poi mi accorgo che in casa le hanno già raccontato tutto e non una volta sola. La bambina sa di essere stata accolta con amore ed è grata a Dio, ai genitori, alla Chiesa, al nonno. L’ assemblea prorompe in un applauso spontaneo e prolungato. I volti dei fedeli sono raggianti. Irene, incoraggiata, a sua volta chiede e ottiene la parola: « Avevo 45 anni quando sono rimasta incinta di Emmanuele. Il medico mi disse: « Tu sei pazza, rischi la vita. Ti consiglio di abortire perché, dagli accertamenti fatti, di certo partorirai un bambino down … ». Irene, donna di fede, gli rispose che di aborto non se ne parlava proprio e iniziò ad attendere quel figlio senza mai cessare di sperare e di pregare. Nacque Emmanuele. Un bambino bellissimo, sano, intelligente, oggi quindicenne. Emmanuele non è una persona down ma se lo fosse stato non sarebbe cambiato niente. Un altro interminabile applauso. Negli occhi umidi e lucenti dei fedeli leggo fede, gioia, speranza, commozione. Due testimonianze spontanee, inaspettate hanno riempito i cuori dei fedeli più dell’ omelia. Riconoscenti alla santa madre Chiesa che, fin dalla più tenera età, ci ha inculcato il rispetto e l’ amore per la vita nascente, rendiamo lode a Dio. Sento il dovere di raccontare queste storie per condividere la nostra gioia e ridare speranza a chi è in preda al dubbio. Per ribadire che con la vita – bellezza immensa ricevuto in dono – non si va a tentoni. I fatti sono fatti. Più duri e resistenti delle rocce. Un giorno tutto sarà chiaro. Almeno per chi crede nella Resurrezione e nel Giudizio finale. Intanto che ci muoviamo e avanziamo nella penombra della sera, continuiamo a proclamare e a vivere in pienezza il “Vangelo della vita”.