SALARIO MINIMO: LA SCALA VERSO L’INFERNO

SALARIO MINIMO: LA SCALA VERSO L’INFERNO

Qualche mese addietromi sono occupatodel disegno di legge pentastellato, a prima firma della senatriceNunzia Catalfo, che punta a fissare un salario minimo legale. Iniziativa senza dubbio nobile ma che, per i modi in cui è declinata, finisce ad essere l’ennesima pietra sulla strada delle infernali buone intenzioni. Il rischio, oltre a fughe nel sommerso, è di far saltare la contrattazione collettiva. Vado pazzo per i piani ben riusciti. Oggi sula Stampasi dà conto di uno studio diConfesercentiche denuncia l’effetto di ricaduta del salario minimo a 9 euro orari, lordi di imposte e contributi. L’inghippo si chiama “scala parametrale”. Come scrivePaolo Baroninel suo articolo, Perché? Applichiamo il salario minimo di 9 euro al primo gradino della scala parametrale del contratto collettivo Terziario, Distribuzione e Servizi.Ipotizziamo che ciò produca un incremento di 1 euro rispetto alla situazione attuale (prendete la retribuzione mensile di un settimo livello di quel CCNL, dividetela per il numero di ore ed avrete all’incirca quella differenza). Ecco i calcoli: Come si nota, la presenza delle scale parametrali nei CCNL causa un “effetto di propagazione” del maggiore onere, e il conto finale è ben superiore ai 3,2 miliardi stimati daIstat. Chissà se qualcuno dei firmatari del ddl Catalfo ha pensato a questo dettaglio “minore”. Ma non è finita. Questo numeretto fisso, che non è chiaro perché si insista a voler inserire nella legge, andrebbe a terremotare la contrattazione collettiva, producendo l’effetto di disgregarla. La logica non fa una grinza, e forse per quello nessuno dei nostri legislatori se ne è curato, stante la nota allergia alla logica medesima. Per usare le parole ed i concetti della presidente di Confesercenti, Quindi, quel valore monetario di salario minimo legale andrebbe a far saltare la contrattazione collettivafungendo da potente magnete ed ancoraggio al ribasso della retribuzione, che sarebbe opponibile anche ad eventuale ispezione del lavoro. Senza contare che nella retribuzione complessiva ci sono anche elementi non monetari ma che rappresentano potere d’acquisto, come il welfare aziendale. A conferma che non stiamo parlando di argomenti avanzati da biechi sfruttatori del proletariato, segnaliamo che anche il segretario generale della Cgil,Maurizio Landini, vede questo ddl come il fumo negli occhi proprio perché non considera le componenti accessorie della retribuzione e rischia di spazzarle via, oltre a risucchiare verso il basso le retribuzioni. A ben vedere, l’esito di una legge siffatta potrebbe essere quello di causare la distruzione dei contratti collettivi nei settorilabour intensivea tutto vantaggio dei datori di lavoro. Queste sono leunintended consequencesdi fissare livelli di salario minimo elevati. Si tratta,mutatis mutandis, degli stessi effetti disfunzionali di un reddito di cittadinanza fissato sulla base della povertà relativa e non assoluta, con tutto quello che ne consegue in termini di riduzione dell’offerta di lavoro. Però comprendo che una robusta dose di ignoranza (quella che porta aconfondere salario minimo e paga oraria, ad esempio) e l’irresistibile richiamo di fare approvare leggi “esemplari” di equità porta a fregarsene degli effetti collaterali, sin quando i medesimi non si materializzano. “Ma allora tu che faresti, sporco liberista affamatore di padri e madri di famiglia?”. Una cosa molto semplice: lasciare aggiustare domanda ed offerta di lavoro, anche mediante decentramento della contrattazione collettiva, e poi intervenire con erogazioni di welfarea sostegno deiworking poors.Sarebbero soldi spesi bene, e di certo assai meglio di queste “misure bandiera” per piccoli demagoghisudamericaniitaliani che ci fanno scendere le scale verso gli inferi. O più propriamente verso una cantina ormai sommersa.