STORIE VISIONARIE: ALGANEWS VIVRÀ CENTINAIA DI ANNI

STORIE VISIONARIE: ALGANEWS VIVRÀ CENTINAIA DI ANNI

“8 Giugno 2975 ore 7,30 del mattino. Buongiorno Mario, la temperatura esterna è di 22 gradi in aumento, cielo sereno, leggero vento di scirocco. Oggi è il giorno di accesso ai documenti storici riservati del Museo Internazionale del Giornalismo. Giorni rimanenti alla discussione della tesi di laurea 42”.Quando il cellulare multidimensionale mi svegliò stavo sognando proprio la discussione della mia tesi, anzi l’incubo. Mi laureavo in lettere, specializzazione giornalismo. La mia tesi era sulla storia del giornalismo partecipativo. Maledetto il giorno che il professore mi aveva indicato quel tema. “Carissimo” aveva esordito all’inizio. Si sapeva che quando diceva carissimo dovevi aspettarti la botta: “carissimo, lei ha voti altissimi deve ambire al massimo, alla lode, anche se sa che 900 anni fa i governanti di allora radiarono questa valutazione. Vada e faccia una bella tesi sulla storia del giornalismo partecipativo. Trovi lei un bel titolo, forte, significativo che riassuma questa altissima forma di cultura informativa, vada e mi stupisca”. Già stupirlo. Ma che titolo gli davo a questa tesi“.La doccia aveva la porta interattiva, ordinai: “20 gradi, essenza rosa lieve”.L’acqua mi piaceva profumata e un po’ fredda, così mi sarei svegliato meglio. Un volta finito, asciugato e vestito mi sedetti al tavolo di cucina e ordinai un cornetto e del caffè amaro. Mentre lo schermo quadridimensionale riportava le notizie del giorno si aprì il piccolo sportello sul supporto del tavolo, il buon odore del cornetto caldo invase il locale. Più tardi decisi che avrei preso la metro alta quella lenta, i 400 km orari mi permettevano di guardare meglio la città, una cosa che mi piaceva molto. Arrivai in centro in venti minuti. All’ingresso del museo mostrai la tessera che mi avrebbe consentito l’ingresso alla parte riservata e recondita del museo. Il permesso sarebbe durato una sola settimana. Fui accompagnato da un addetto. Era anziano, mi raccontò che era il più vecchio del museo e che erano anni che non accompagnava qualcuno nella parte sotterranea, quella riservata, con le cose più antiche. “Ormai non le richiede più nessuno” mi confessò. Scendemmo diverse rampe di scale e in fondo ci accolse un corridoio oscuro che sembrava finire nel nulla.“Mi seguae non abbia paura, per qualche metro cammineremo nel buio purtroppo il pulsante è più in là, all’ingresso della sezione”.I nostri passi sembravano risuonare nel nulla e mi pervase uno strano disagio.Finalmente sentii il tic di un pulsante e la luce illuminò una porta. Sembrava antica, sul lato una bella targa di marmo:“Museo del Giornalismo Sezione Lucio Giordano”.Questo mi diceva che sarei entrato nel posto giusto, l’antico giornalista era stato il mio ispiratore.Di lui però non si conosceva molto, tutte le informazioni erano andate perdute nelle distruzioni della grande guerra dei droni del 2095, in particolare nessuno sapeva il nome del giornale in cui pubblicava e niente si era stato scoperto in merito.Si erano trovati antichi frammenti di articoli, scritti da vari autori che collaboravano con lui; una sorta di redazione virtuale allargata, ma niente di più. Entrammo nelle stanze della vecchia ala.Ebbi l’impressione netta che fossero anni che nessuno vi accedeva. “Ecco” mi disse il vecchio addetto “la lascio qui a lavorare io ritorno sopra, mi raccomando questo pulsante mi avvertirà così quando vorrà uscire, si ricordi il museo alle 18 chiude”.Rimasi solo non senza un po’ di disagio. Per rompere la tensione mi avvicinai agli scaffali con tutti i supporti trascritti in 2 e 3 dimensioni. Vecchia tecnologia, centinaia di anni di storia. Fortunatamente avevo portato il riduttore a ioni freddi che consentiva di leggere qualsiasi tipo di vecchio supporto. Trovai notizie sulla dissoluzione dell’unità Europea del 2019. I lunghi 40 anni di totalitarismo, la lotta civile del 2062.La crisi dell’America del 2070.La guerra nucleare indoasiatica del 2090 e infine la tremenda Guerra dei Droni del 2095. Molte notizie su quei supporti, ma in verità ciò che mi attraeva erano quelle strane macchine, messe in fondo, negli scaffali più lontani, più bui. Non resistetti e ne presi uno. Era coperto da una spessa coltre di polvere. Soffiai più volte e con un fazzoletto pulii meglio la superficie. La targhetta esplicativa del museo posta sopra diceva: “reperto n. 17654 supporto elettroinformatico per elaborazione di dati in uso alla fine del 1900 inizi 2000 chiamato Personal Computer”. Non capivo bene cosa fosse. “Apri” provai a ordinare: “avvia, inizia” ma non accadeva niente. Evidentemente non rispondeva ai comandi vocali. Mi misi a guardarlo sottosopra. Nell’alzarlo mi accorsi che si apriva, come un libro antico. Con stupore vidi che su una parte c’era uno schermo e dall’altra una tastiera fisica. Sicuramente dopo centinaia di anni niente avrebbe funzionato ma tentai comunque e premetti quello che mi sembrava il tasto di accensione. Con sorpresa lo schermo si illuminò e subito apparve una scritta: “tempo rimanente 15 minuti”.Non sapevo minimamente cosa fare, ma appoggiando le dita su un rettangolo alla base della tastiera apparve una piccola freccia sullo schermo. Se spostavo le dita sul rettangolo si spostava anche la freccia. Capii che rispondeva al tocco.Portai la freccia sopra la x che appariva sulla scritta, ma non accadde niente.Contrariato battei inavvertitamente le dita sul rettangolo e questa volta la scritta sparì. Ora capivo cosa dovevo fare.Apparvero così tante schermate. Ero emozionato, in pratica stavo vedendo l’attività del proprietario di centinaia di anni prima. Avevo solo 15 minuti poi tutto si sarebbe spento per sempre. Accedevo in successione alle consultazioni di allora, era come una macchina del tempo, entusiasmante, misteriosa, affascinante. A un tratto apparve una pagina che mi incollò allo schermo. C’era scritto Facebook. Forse un sistema di comunicazione fra più persone. La data mi fece sussultare 26 Dicembre 2018. Ero dentro la storia, ma ciò che lessi mi fece quasi svenire. Il cuore mi batteva forte, le tempie pulsavano: “all’attenzione di Lucio Giordano”.Era lui, proprio lui.Il proprietario del computer in quella fine anno di tantissimo tempo prima stava scrivendo proprio al protagonista dei miei studi. Lessi avidamente e ad un punto rimasi senza fiato: “Alganews redazione”. Ecco il nome che nessuno sapeva. Incredulo capii d’aver fatto una scoperta eccezionale. Feci appena in tempo a scattare un’immagine poi rimasi come ipnotizzato su quelle scritte, la vista annebbiata. In quel momento tutto si spense. La piccola energia sembrava rimasta lì per me, una magia che mi faceva girare la testa e ora finalmente dopo un tempo eterno poteva esaurirsi. La mia immagine riflessa sullo schermo ormai vuoto mi fece risvegliare da quello stato, respiravo a fatica come se avessi corso. Premetti il tasto e chiamai per uscire. Avevo bisogno d’aria fresca, che mi facesse capire che ero cosciente e non stavo sognando. Ora potevo uscire, ora sapevo il titolo che avrei dato alla mia tesi. Il titolo di una scoperta che viveva da centinaia di anni: “Alganews”