ULTIMO NON E’ STATO IL PRIMO

Esistono, e sono sempre esistiti, degli eroi inconsapevoli, servitori dello stato e della giustizia pagati un tanto all’ora per rischiare la propria pelle. Sono quegli uomini e quelle donne con cui si riempiono le pagine dei giornali, agenti che, quando muoiono, vengono commemorati con stelle alla memoria e pianti dai parenti, in solitudine. A volte compiono atti troppo grandi, non sempre rispettando i parametri dettati da chi sta dietro una scrivania, agendo senza avvisare per non correre il rischio di rovinare una operazione. È il caso del capitano “Ultimo”, celebrato dalla televisione e dimenticato da uno Stato che concede la scorta a chiunque, ma non a tutti. Il capitano, al secolo Sergio De Caprio, si fece notare per l’operazione “Duomo connection”, che nel 1990, a Milano, portò in carcere diversi pregiudicati siciliani, oltre a scoperchiare affari legati all’edilizia di un gruppo di mafiosi in contatto con esponenti della giunta ambrogina dell’epoca. L’anno successivo Ultimo comandò una speciale sezione denominata Crimor, con cui si occupò dell chiusura di una raffineria di droga controllata da un clan mafioso, al nord. Il Crimor era una squadra facente parte del ROS, raggruppamento operativo speciale, operante a Palermo, e formata da agenti ed ufficiali dei Carabinieri solitamente poco considerati all’interno dell’Arma. Fu Ultimo a mettere le manette al capo dei capi, Totò Riina, nel 1993, un arresto che suscitò perplessità, tanto da condurre ad un processo. Infatti alcune dichiarazioni di un pentito, Massimo Ciancimino, inerenti la consegna di Riina da parte dei mafiosi e quindi non imputabile ad indagini, fecero emergere il dubbio di un accordo tra i ROS e la mafia. Dal processo Ultimo uscì con una assoluzione, e rimase nei ROS fino al 2000, anno in cui chiese il trasferimento, anche se nel frattempo si era comunque dedicato alla ricerca di criminali latitanti. Dai ROS al NOE, il Nucleo Operativo Ecologico, ed ancora operazioni antimafia nel 2012, con la perquisizione di abitazioni palermitane, alla ricerca di documenti riguardanti una discarica rumena, la più grande d’europa, ed il riciclaggio di denaro ad esso connessa. Un altro arresto eccellente fu quello del Presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, per l’ipotesi di corruzione internazionale. Nel 2009 gli venne tolta la scorta, poi ripristinata nel 2010, giudicata necessaria a seguito delle dichiarazioni del pentito La Barbera, che parlò di 1 miliardo di lire offerto per avere notizie sull’alloggio di Ultimo. Altri pentiti riferono di piani per uccidere il militare, e di altri per catturarlo vivo, ed inoltre venne riferito che Bernando Provenzano aveva l’ossessione di uccidere Ultimo. La scorta venne revocata nel 2014, ma dopo una settimana gli venne restituita. Con il sostegno di Raul Bova, che lo impersona nei film tv ispirati alla sua figura, ha aperto una casa famiglia a Roma, per il recupero di minori di famiglie legate alla mafia. E proprio davanti a quella casa famiglia un giorno fa è stata data alle fiamme una automobile. Una Audi, rubata, ed incendiata da sconosciuti. Gesto reso possibile dalla mancanza della scorta, revocata nuovamente il 3 settembre, per cui solamente oggi il Tar del Lazio ha disposto il ripristino. Lasciare senza scorta un uomo minacciato pubblicamente, nel mirino di mafiosi e chissà quanti altri, portato in giudizio per aver agito in modo autonomo, come solamente chi conosce il sottobosco criminale può fare. Ultimo non è stato il primo ad essere lasciato solo, da uno Stato ingrato, attento alle sbavature di chi non usa i guanti bianchi, di chi sa che ci sono troppe voci indegne tra gli altri servitori. Non è l’ultimo a cui è stata tolta la scorta, per una distorta percezione del pericolo da parte di chi deve valutare i rischi. Certo, nell’Italia dove una automobile al seguito non si nega a nessuno, il nome di Marco Biagi o di Natale Giunta, lo chef palermitano che ha denunciato il pizzo, sembrano stridere con la decisione di lasciarli senza protezione. E che dire di Piersanti Mattarella, che in un momento, un attimo in cui era senza scorta, da Presidente della Regione Sicilia e contro la mafia incontrò il suo tragico destino. Ed ancora Giuseppe Fava e Peppino Impastato, giornalisti senza scorta ma con il cuore ed il coraggio di chi, da dietro una scrivania, da sopra uno scranno, da una nomina politica. Ultimo forse per qualcuno sarà semplicemente un agente che fa il suo dovere, per altri sarà un rompiballe inopportuno, per altri ancora un gasato. Ma per il resto della gente resta un semplice eroe senza mantello e senza costume, come il re della Canzone di Marinella, senza corona e senza scorta, ma in grado di bussare a porte che nessuno ha voluto aprire prima.