BREXIT: SI SQUAGLIA LA LADY DI BURRO. CI VUOLE FANTASIA PER EVITARE LA CATASTROFE

BREXIT: SI SQUAGLIA LA LADY DI BURRO. CI VUOLE FANTASIA PER EVITARE LA CATASTROFE

432 NO, 202 SI. Oltre le più nere previsioni che davano una differenza di 200 voti come il peggio del peggio. La proposta di brexit che Theresa May aveva concordato a Bruxelles svanisce nel nulla. D’accordo che una mediazione deve scontentare un po’ tutti perché tutti la possano accettare, ma una mediazione fallimentare scontenta tutti e nessuno l’accetta. Non certamente quelli che la volevano più dura, come i nordirlandesi che sentono puzza di bruciato quando li si blandisce dicendo che il mantenimento di un confine modello Ue tra loro e la repubblica d’Irlanda sarà solo provvisorio. Loro, che stanno col cuore e il portafoglio dalle parti di Londra, e che scendono sul piede di una guerra già sperimentata al solo fiutare un accostamento con l’odiata Dublino. Nemmeno i sostenitori di sinistra della brexit, che, come il leader dei laburisti, Corbyn, intravedono la possibilità di sommergere la May con una valanga di voti di sfiducia e prendere il potere dopo il ricorso alle urne. Peraltro, nemmeno i sostenitori del remain (restare nella Ue) potevano, per coerenza, votare un accordo che aveva come premessa il leave (uscire dalla Ue). Ragione per cui, dopo una lady di ferro, il Regno Unito deve annoverarne una di burro che si squaglia senza possibilità di salvezza nel fuoco di un tiro incrociato parlamentare. E adesso, povera (si fa per dire) donna? Le scenografie più rilassanti che gli analisti del giorno prima avevano prefigurato assumono contorni più sfumati. Gli ingredienti dello scenario più minaccioso, il no deal, l’uscita senza accordo, guadagnano terreno. Tutto è perduto? Si avvicinano giorni di dissesto nel commercio tra l’Europa e i britannici, nella gestione delle piazze finanziarie, nel traffico aereo, nel settore dei dazi, nei rapporti con gli immigrati a Londra e dintorni? Ci asteniamo, per ragioni di spazio, dal delineare il quadro completo delle conseguenze più nefaste. Torniamo agli scenari ipotizzabili e vediamo come e in che modo possano essere praticabili.innanzitutto quasi da dimenticare quello dei ritocchi operati dalla May medesima sul breve periodo, da concordare seduta stante e da riproporre a Bruxelles nel giro di pochi giorni. Veniva ritenuto praticabile solo nel caso di sconfitta per qualche decina di voti in meno. A seguire l’altro scenario meno devastante, quello di una revisione dell’accordo da parte del parlamento, con una regia, forse della May, ma forse no, che si basasse comunque su una specie di grande coalizione. Difficile da raggiungere in un primo tempo, ma garanzia di un successo nelle urne nel caso l’intesa andasse in porto. Due interrogativi pesanti su questa ipotesi. Primo: come mettere d’accordo gli oppositori di oggi, sia sostenitori di un’uscita dura che sostenitori di una permanenza nella Ue. Secondo: una volta tornati a Bruxelles, massimo in luglio, come far digerire le modifiche apportate. Da quelle parti ci si è mostrati accomodanti sui tempi di un moderato posticipo della decisione britannica, ma quanto alla possibilità di modificare i contenuti di quanto deciso con Theresa, non erano stati lasciati spiragli significativi. C’è poi un’altra ipotesi, che verrà chiarita oggi stesso: sfiducia alla May, su proposta laburista, e nuove elezioni. Chiara la fase 1; nebbioso con smog il seguito. Oggi vedremo subito se la valanga anti May del voto di ieri si replicherà o se conservatori euroscettici, conservatori remain, con l’aggiunta dei nordirlandesi nazionalisti, continueranno ad affondare il coltello nella ormai squagliata Theresa, probabilmente assente, oppure la lasceranno a bagnomaria, pur di non fare un piacere all’odiato Corbyn. Ma, anche se la sfiducia passasse, cosa deciderebbe poi il popolo britannico resta un’incognita. Governo brexit versione laburista dura e quindi nuovo scontro con la Ue? Ritorno dei conservatori (con quale egemonia?) senza più la lady? Altro specificare. Infine la speranza degli europeisti più convinti, ma non di tutti: un nuovo referendum dopo una gestazione relativamente breve, nel quale prevalga un ravvedimento in chiave Ue, con relativa cancellazione di quanto prodotto dall’apprendista stregone Cameron quando scelse la via del referendum credendo di vincere facilmente una partita a palle di neve e venne invece travolto da una valanga. Qualche obiezione nel merito: non tutti gli stessi europeisti propendono per tale ipotesi. Vuoi perché i sondaggi li danno in vantaggio, ma con un margine non proprio rassicurante; vuoi perché di gestire una situazione incandescente come l’attuale in pochi ne avrebbero voglia, mentre risulta più comodo sedersi sulla riva del fiume per veder passare il cadavere del proprio nemico. Nessuna delle ipotesi formulate gode di enormi possibilità di riuscita. La catastrofe del no deal, con gli annessi e connessi segnalati all’inizio, prende corpo segnando di brividi le schiene degli ottimisti. Per il momento pare che la May sia in volo per Bruxelles a medicare le scottature della scorsa serata. Ma in terra belga il cielo è nuvoloso e per domani sono previsti rovesci. E poi ci vorrebbe tanta fantasia per far credere che esista una soluzione che tutti possano qualificare come una propria vittoria.Ma la fantasia da quelle parti è una risorsa che pare scarseggiare.