CHI E’ JOE BIDEN, IL PERDENTE SERIALE CHE VUOLE SFIDARE TRUMP

CHI E’ JOE BIDEN, IL PERDENTE SERIALE CHE VUOLE SFIDARE TRUMP

Chi sarebbe Joe Biden, il candidato di casa democratica, già vicepresidente Usa, di cui si parla, che vorrebbe sfidare Trump? Campagna elettorale del 2020 negli Stati Uniti. Siamo ai primi passi, ma già fa rumore la candidatura di Joe Biden. Dicono che i sondaggi lo danno in vantaggio in un possibile testa a testa con Trump. Un suo proclama contro la Presidenza attuale ha fatto scalpore nel mondo intero. Attacco a Donald con toni forti: accusa di voler cambiare l’anima degli Stati Uniti, di sovvertirne i valori chiave, di attentare alla democrazia e, come se non bastasse, di porre a rischio il ruolo mondiale degl Usa sul pianeta terra. Dunque un discorso che pare far presa. Quanto meno in Italia, dove già possiamo vantarci di un comitato @Biden2020. Inoltre dicono che Biden vanta uno zio operaio e questo contribuirebbe a recuperare i voti bianchi della classe lavoratrice yankee scippati da Trump con le sue campagne razziste. Tutto oro quel che riluce? Per certo Biden, secondo i sondaggi, partirebbe oggi favorito nel confronto con Donald, ma quale altro candidato Dem oggi non lo sarebbe, stando agli stessi sondaggi? Passiamo ai dettagli. Probabile un suo recupero di voti a destra, una destra moderata, in bilico tra repubblicani e democratici. Più difficile capire se avrebbe chance di recuperare molti voti a sinistra. Vale a dire in quella fascia di elettorato che, nutrendo sfiducia nella Clinton, non era andata a votare in numerosi stati nel 2016. Astensioni fatali se è vero che, determinando in diverse occasioni la vittoria di Trump per pochi voti, avevano nel complesso prodotto una situazione paradossale. Hillary la più votata ma perdente. Visto che negli Usa, se perdi uno stato anche per un solo voto, regali la posta in palio al rivale come se non ti avesse filato neppure un elettore. A rischio dunque un reply di Joe Biden nella versione Hillary 2.0 ? I tempi non sono maturi per esprimere un verdetto, ma c’è chi è pronto a sostenerlo, pensando evidentemente a candidature più aggressive e progressiste come quelle di Sanders e della Warren. L’analisi più spietata sul Biden “perdente seriale” è stata effettuata un mese fa da The intercept, una piattaforma di informazione che, per quanto ricorra dichiaratamente al finanziatore Pierre Omidyar (vale a dire ad ebay),  si configura come fonte militante alla Snowden sugli abusi della giustizia, le violazioni delle libertà civili, la condotta dei media, le ineguaglianze sociali e le varie forme di corruzione finanziaria o politica. Quanto meno, in riferimento a Biden quelli di Intercept, dati alla mano (21 marzo 2019), dimostrano di avere un buon archivio che induce a qualche ragionevole dubbio sul profilo politico e umano del candidato. Se la candidatura Hillary è stata un errore, ci si domanda, perché perseverare diabolicamente? In effetti quali erano stati i punti deboli che le avevano sottratto i favori di un certo elettorato che aveva poi disertato le urne? Guerra in Iraq, che negli Usa ha perso di popolarità da quando i morti a stelle e a striscie hanno superato il segnale di guardia? Chi più favorevole di Biden? Rapporti con Wall street? Se la dinastia dei Clinton veniva sospettata di relazioni pericolose con Goldmann Sachs, che dire di Biden e del suo sostegno alla MBNA (Banca Nazionale del Maryland) ai tempi di un poco esaltante affare relativo alle carte di credito emesse dalla banca medesima? Empatia coi ricconi? Qui si ricordano i tempi in cui Sanders aveva attaccato i bilionari e Biden li aveva viceversa difesi sostenendo che i top 500 della ricchezza made in Usa non erano cattivi ragazzi (bad guys). Solo un episodio, destinato a non lasciare tracce nella memoria delle classi più povere e della gente di colore in special modo? Mica tanto. Nel merito The Intercept ricorda come i Clinton abbiano pagato elettoralmente, leggi emanate da Bill nel 1994 che esacerbavano il clima razziale, dilatando le disparità nel sistema giudiziario. Qualcosa che penalizzava soprattutto la delinquenza minorile di colore. Hillay aveva difeso il provvedimento, il che per certo le era costato parecchi voti nel 2016. Ma come dimenticare che, ancor prima della sua promulgazione, nel 1993, Biden ne era stato un alfiere con dichiarazioni inquietanti ribadite ancora nel 2007 di fronte all’Associazione Nazionale degli Sceriffi. In poche parole Biden aveva dichiarato che delle cause sociali di certe patologie legate alla criminalità minorile non gliene poteva fregare mezza (I don’t care). L’importante era separare i criminali dal resto della società. Peraltro questi sentimenti Joe li aveva più o meno esternati dai tempi andati della sua presenza nell’agone politico che risale al 1973. Come dire, morale a parte, che i voti dei ghetti neri delle metropoli rischia di esserseli fottuti da tempo e per sempre. Adesso Biden ha arruolato nel suo staff Symone Sanders, una importante politologa afroamericana che gli dovrebbe consentire di recuperare quel tipo di elettorato. Riuscirà nell’ardua impresa? Nel frattempo, a destra, le amicizie finora tenute con personaggi segregazionisti  non possono certo tenere testa alle sparate provenienti da quell’area del suprematismo bianco che circonda il repubblicano Trump. A condire il tutto una serie di gaffe che ha portato a coniare un termine (i Bidenismi) che è tutto un programma. Valga per tutte, alle ultime elezioni, l’attacco al rivale Romney effettuato di fronte a una platea afroamericana. Pare non sia stato apprezzato dalle potenziali vittime del candidato repubblcano una battuta di Biden che voleva rendersi simpatico alle masse. Tradotta in italiano suonerebbe “Con Romney alla presidenza sareste riportati in catene”. Chissà perché ma alla popolazione di colore la rievocazione di un passato schiavista non va particolarmente a genio, neppure se evocata “a fin di bene”. Altra materia di cui si dovrà occupare Symone Sanders, oltre a diradare il campo da qualche accusa vagante di molestie sessuali. Per concludere l’immagine di Biden come “serial loser” (perdente seriale). Queste cose nella cultura Usa contano più che da noi e se ad Hillary aveva nuociuto la precedente sconfitta con Obama, che dire di Joe che si presenta candidato dopo due trombate due? A tutto ciò i fan di Biden rispondono coi sondaggi. Ma, attenzione, ai tempi della Clinton i sondaggi iniziali davano Hillary per netta favorita. Vale la pena di riprovarci con un Hillary/Joe 2.0? Oppure sarà il caso di rivolgersi ad uno degli altri 19 candidati, visto che ognuno di loro vanta sulla carta i favori del pronostico in un testa a testa con Trump? Al momento, a nessuna delle domande che si pongono gli elettori, Biden pare fornire una risposta precisa e circostanziata. Lasciamo tempo al tempo. Magari Biden saprà dimostrarsi più abile del previsto e ci penserà Donald a spianargli la strada con qualche boiata pazzesca, ma la replica di una strategia alla Clinton ci ricorda tanto un vecchio motto di Einstein che viene citato su The Intercept da Mehdi Hasan. “Ripetere all’infinito le stesse cose, aspettando risultati diversi”. Questo, secondo Einstein, si chiama pazzia. In bocca al lupo Joe Biden, in bocca al lupo America.