I QUATTRO RISCHI SULL’AFGHANISTAN

(Corriere.it)Tutti (o quasi) vogliono andarsene dall’Afghanistan e mettere fine alla guerra più lunga. Il punto è come farlo senza che il ritiro si tramuta in una “fuga” che consegni, alla fine, il paese ai talebani. E in queste ore gli esperti, insieme ai militari, indicano una serie di rischi. Primo. Gli Usa, nei negoziati con il nemico, lavorano alla nascita di un governo di transizione dove siedono ribelli e l’attuale leadership afghana. Toccherà a questo esecutivo portare a nuove elezioni. E’ una strada quasi obbligata, però non è detto che porti ai risultati voluti. Non stiamo parlando di una realtà compatta, possibili che certe fratture si allarghino ancora e che i militanti vogliano prendersi l’intera torta. In altri quadranti e in altre epoche i traghettatori sono stati spesso travolti o hanno rappresentato la classica foglia di fico. Secondo. La capacità di Kabul di “tenere”. Già adesso polizia ed esercito faticano a fronteggiare gli attacchi, cosa avverrà una volta che verrà meno l’ombrello alleato? Non a caso il Pentagono ipotizza di lasciare nuclei di forze speciali mentre il settore privato suggerisce di creare un contingente di contractors, combattenti-mercenari, che dovrebbero cooperare con la piccola task force statunitense. E’ l’idea di Erik Prince, fondatore della Blackwater, che ha lungo accarezzato l’idea di diventare il proconsole dell’Afghanistan. Ipotesi ieri respinta perché c’è la truppa regolare, ma un domani – in caso di necessità – potrebbe essere accettata. I russi lo stanno già facendo in molti scacchieri. Terzo. La minaccia degli estremisti. Secondo l’intelligence – rileva il New York Times – operano sul terreno non meno di 20 gruppi terroristici, riconducibili sia allo Stato Islamico che ad al Qaeda. I talebani si impegnerebbero a contrastarli. Ma lo faranno davvero? Più agevole colpire i seguaci del Califfo (sono frequenti i combattimenti), più arduo con gli eredi di Osama che da una vita hanno ottenuto protezione e coperture. E’ un “mondo” mai netto, con tante sfumature, che lascia spazi a manovre e manipolazioni. Il vicino Pakistan ha sempre mantenuto dei legami con alcune fazioni proprio a questo scopo. Va ricordato come l’attacco dell’11 settembre arrivò dopo i tentativi di Cia e sauditi – con contatti con i talebani – di neutralizzare Bin Laden. Quarto. L’eventuale caos alla libica o come in Somalia apre spazi, con volontari jihadisti che arrivano da altri fronti. E’ già successo, può ricapitare. Gli accordi lasciano sempre degli scontenti, favoriscono scissioni, danno pretesti agli irriducibili. Una parte dei guerriglieri Isis vengono dai ranghi talebani, erano dei dissidenti. La storia afghana è segnata da faide, Il territorio è l’ideale per nascondersi e continuare la lotta ad oltranza. Che poi questo avversario sia in grado di colpire a distanza è tutto da vedere, specie se perdesse le coperture politiche e logistiche.