IL DRAMMA DI UN UOMO SENZA PENSIONE CHE ROMPE IL SILENZIO
Francesco Briganti è un ex agente di commercio. Sessantasei anni portati con fierezza, quella di una vita piena senza sconti e senza alibi vissuta col motto del ” meglio un rimorso che un rimpianto”. Un’età in cui è fisiologico pensare al futuro e non nell’ottica del verbo che contiene in sé gli slanci adolescenziali, bensì nell’ottica di chi deve concentrare forze ed energie per affrontare una fase importante dell’esistenza. Periodo, quindi, di rendicontazione del passato per potere fruire delle fatiche fatte nel prossimo futuro. E, come ogni persona nella sua stessa situazione anagrafica, si informa, si addentra nel mondo pieno di cavilli e normucole del sistema previdenziale italiano. In qualità di ex agente di commercio era tenuto ex lege ad una doppia contribuzione: Inps ed Enasarco. La contribuzione Enasarco, pur essendo una contribuzione integrativa ha natura obbligatoria per gli agenti. Unico caso di una integrativa non avente base volontaria. Desidera andare in pensione quest’ uomo. Bello il suo mestiere, fatto di passione, vita, incontri, parole, strette di mano. Ma fatto di km di asfalto, di tensione, di dubbi su ogni fine mese meno produttivo del precedente, fatto di difficoltà, sempre più evidenti, a correre, a mangiare ore, a rispettare appuntamenti, ad avere una soglia di attenzione elevatissima quando è la strada la scrivania, è la strada il campo di battaglia, è la strada il pane quotidiano. Si ritrova così a sentirsi sperduto fra i vari uffici che si passano la palla ben consci che la patata della ” pensione Briganti” è veramente bollente. Scopre, come Fantozzi, rimbalzato da una parte all’altra delle normucole italiche, che a lui non spetta pensione. Non quella Inps perché non ha raggiunto il minimo contributivo. Non quella Enasarco perché una serie di regolamenti, procrastinati nel tempo, ha elevato la contribuzione per avere il minimo pensionistico a venti anni. Lui avrebbe versato diciassette anni di contributi con un esborso di circa cinquantamila euro. Non avrebbe avuto diritto al cumulo con Inps in quanto la giurisprudenza non ne prevede al momento la possibilità. Non avrebbe avuto diritto alla totalizzazione esclusa dalla normativa speciale. Non avrebbe avuto diritto alla prosecuzione volontaria in quanto decaduto; le nuove normative incentivano gli investimenti solo sui giovani.Non avrebbe avuto diritto neppure alla pensione sociale, per farlo, avrebbe dovuto eludere la legge e divorziare dalla moglie. Nessuna pensione, quindi, per Francesco, il quale, abituato alla razionalità del pensiero, ritiene che essendo i contributi versati frutto del suo lavoro, espressione di un investimento per il futuro, corrispettivo di un contratto sinallagmatico, debbano essergli restituiti e ne fa richiesta a Enasarco. Quei soldi servirebbero per garantirgli un futuro dignitoso, una quiescenza serena, una vecchiaia degna dei sacrifici fatti. Ma la risposta che giunge è perentoria, chiara, inequivocabile: gli anni di contribuzione non raggiungono il minimo previsto dal regolamento, i contributi versatinon sono, pertanto, rimborsabili. Chi affronta quotidianamente le insidie della strada, chi deve avere riflessi pronti per evitare incidenti o pericolose inversioni a U del suo mestiere, non può lasciarsi abbattere da una notizia siffatta che avrebbe sconvolto i Fantozzi nostrani. Comincia a fare ricerche, a documentarsi, a penetrare in un universo sempre più arzigogolato e confuso atto a fare smarrire nei suoi meandri i malcapitati che vi incappano: il sistema della previdenza italiana. Scopre così che il suo non è un caso isolato. Circa 150 mila i c.d. ” silenti Enasarco”, ex agenti che, non raggiungendo il minimo contributivo in una pensione integrativa, vedono acquisiti alle casse dell’ente i contributi versati, senza possibilità di restituzione o rendita alcuna. Scopre così che dal 1973 in poi grazie a regolamenti che hanno ottenuto l’avallo dei Ministeri competenti, è stata innalzata sempre in avanti l’asticella del minimo contributivo. Scopre che una previdenza integrativa obbligatoria sarebbe una anomalia tutta italiana.Che la giurisprudenza in materia previdenziale aveva avallato l’operato dell’ente in quanto basato su una normativa concertata coi ministeri. Scopriva che i ” Silenti” erano tanti, erano sfiduciati, abbandonati dalle istituzioni che solo ciclicamente, soprattutto in prossimità di periodi elettorali, si ricordavano di loro. E, una notte, in una delle sue notti insonni, decise che non voleva essere un numero silente. Capì che solo assumendosene il rischio in prima persona, come aveva sempre fatto, poteva uscire dal silenzio in cui forzosamente quel mondo era nascosto. Decise di iniziare uno sciopero della fame per denunziare una stortura normativa. Un folle venne dipinto all’annunzio. Un visionario dopo qualche giorno di sciopero documentato e certificato. Un pazzo scatenato dopo una settimana di perdita di peso, di tremolii, di conati. E intanto l’opinione pubblica scopriva un mondo. Un microcosmo abbandonato a se stesso. I Silenti uscivano dalla sabbia e si stringevano attorno a Francesco. Nasceva un Comitato spontaneo salviamofrancesco con lo scopo principale di dissuaderlo dal piano kamikaze. Il dado era tratto. La sofferenza visibile, tangibile di un uomo aveva scatenato un movimento di opinione. Dodici giorni di ininterrotto sciopero della fame. Tv e radio non potevano ignorare il problema, non potevano farlo neppure i silenti stessi, la politica e Enasarco medesima. Una lotta contro il tempo per evitare sviluppi drammatici. All’Aria che Tira, dopo l’intervista, una sequela di attestazioni di solidarietà da parte di forze politiche e gente comune. La stessa presa di coscienza da parte dell’ente previdenziale a dovere rivedere la normativa. Un pool di avvocati, metteva a disposizione la sua professionalità per cercare di modificare il corso della giurisprudenza. Si attivava la gente comune che risvegliata da un tam tam mediatico, si ritrovava accanto ai ” silenti” in una protesta dinanzi a Montecitorio. La politica, finalmente si accorgeva di loro e scendeva nella piazza ad ascoltarli, ad ascoltare Francesco che emaciato e visibilmente provato dai lunghi giorni di sciopero, non disdegnava di perorare, tuttavia,le ragioni di una categoria dimenticata. Il gruppo di persone attorno a lui si allargava e ciò che era nato per salvarlo dal suo sciopero della fame diveniva il centro di riferimento di tanti nelle sue stesse condizioni. Maipiusilenti, un grido unanime di gente senza voce. Esperti costituzionalisti offrivano il loro contributo. Francesco sospendeva lo sciopero della fame che ne aveva minato il corpo, ma corroborato lo spirito. Nel suo digiuno di protesta aveva avuto accanto migliaia di persone, aveva scoperto la bellezza e il calore della solidarietà italiana, la forza di un impegno che lo affiancava. È di qualche giorno fa la notizia che i suoi avvocati avrebbero presentato il ricorso in tribunale.” Il primo fra tanti”dichiara fiducioso Francesco, sapendo che molti suoi colleghi hanno seguito il suo esempio. ” Il dato importante, è che in questo giudizio ad essere chiamato in causa è anche lo Stato italiano, garante della Costituzione. Quella stessa Costituzione che garantisce ai suoi cittadini un’esistenza dignitosa, una vecchiaia decorosa e non può essere vilipesa o offesa da norme che impediscono la piena essenza della personalità umana. Lo Stato che ha avallato regolamenti ingiusti, deve assumersi la responsabilità delle sue scelte e farlo politicamente e giudiziariamente” afferma Francesco. Brillano gli occhi di quest’uomo mentre fa questa affermazione. Ci crede al futuro, crede nella sua Costituzione, crede in quanti hanno stretto la sua mano, crede nei suoi avvocati e crede in quella legge che sa tradurre una norma in giustizia .
