INFLUENCER. E SE FOSSERO SOLO SCROCCONI ?

INFLUENCER. E SE FOSSERO SOLO SCROCCONI ?

Influencer. Con questo termine si designa un individuo che abbia un seguito, più o meno ampio, e che sia in grado di influenzare i consumatori grazie alla sua autorevolezza e competenza. Per chi ha passato una certa età questo termine suonerà strano, rimandando più ad un hobby che a una professione vera e propria, ma ormai non si può negare che per alcune persone divenire fluencer sia sinonimo di un business assolutamente redditizio. Nelle varie classifiche relative agli influencer di maggior successo, stilate in base al seguito, ossia i followers, per utilizzare un linguaggio attuale, risaltano cifre da capogiro. Ovviamente la piattaforma per eccellenza risulta essere il sito Instagram, con i suoi protagonisti ormai divenuti vere e proprie star del web, ma esistono anche altri modi per muoversi in questo ambito, come i blog personali ed i siti personali. Esistono anche siti di analisi relativi ai social media, tra i quali uno dei più famosi in Italia è Blogmeter, attivo fin dal 2007, che per quanto riguarda il web significa molto, poiché è un mondo in continua evoluzione e non tutti sono in grado di seguirne gli sviluppi e le tendenze. Proprio Blogmeter ha evidenziato quali sono i 10 personaggi di maggior successo, in grado di farsi pagare per un post oppure una foto dove si pubblicizza un brand cifre stratosferiche. A molti il nome Huda Kattan non dirà nulla, eppure, questa ragazza che ha aperto il suo blog di consigli estetici nel 2010, oggi può chiedere anche 18.000 dollari per reclamizzare un marchio, influenzare il suo pubblico. Anche Cameron Dallas è un nome che non dirà nulla alla maggior parte dei profani del web, ma si tratta di un ragazzo che, dal suo primo video postato nel 2012 ora è divenuto ambasciatore di D&G, e può pretendere anche 17.000 euro per uno scatto pubblicitario. In casa nostra Chiara Ferragni è la top star, ogni cosa che tocca diventa oro, compresa l’acqua minerale, con bottigliette vendute a 8 euro, per il solo fatto di essere state firmate da lei. Una vera e propria industria fondata sull’immagine, sull’apparenza, che foraggia sogni di vita agiata in luoghi esclusivi, quasi invitando a non lavorare, suggerendo altre possibilità per vivere. Ed è ciò che sta accadendo in effetti, perché moltissimi giovani provano a percorrere questa strada, implementando i loro seguaci sui social network anche pagando società specializzate nel fornire profili, falsi o veri che siano, pur di arrivare a numeri stratosferici ed essere notati. La maggior parte degli utenti non professionali è bombardata da comunicazioni circa nuovi followers, io ti seguo così tu mi segui e poi ti cancello e tu ti ritrovi a seguire 1000 persone che non sai chi siano mentre nella lista dei tuoi seguaci ci sono i soliti 100 nomi. Un circuito virtuale, di certo non virtuoso, che coinvolge in prima persona gli aspiranti influencers, e poi a seguire le società di marketing ad essi collegati, e le società collegati al marketing che vendono nominativi. Il nulla che aumenta, un grande niente che, in alcuni rarissimi casi produce ricchezza. Il problema però è che gli aspiranti modelli di vita e di stile, nella maggior parte dei casi, non si preoccupa del fatto che la gente, nel mondo reale, lavora davvero. Anzi, il lavoro altrui viene sfruttato per i propri fini, o perlomeno si prova a farlo, non considerando appunto che nel mondo reale la gente sa cosa vuol dire alzarsi ogni giorno per portare a casa soldi e non “likes” sul proprio profilo. Spesso le notizie relative ai rifiuti che ricevono gli aspiranti influenzatori non vengono pubblicate, ma in alcuni casi è proprio chi rifiuta le proposte, snervato, a voler far conoscere la realtà dei fatti. Già nel 2018 venne pubblicato da un albergatore inglese uno scambio di messaggi tra lui ed una ragazza, in cui lei proponeva di essere ospitata a costo zero, ed in cambio lei avrebbe fatto pubblicità al suo albergo. La risposta tagliente dell’uomo invitava la ragazza a cercarsi un lavoro vero con  cui pagare gli sforzi degli altri, perché con i “mi piace” lui non avrebbe potuto dare da mangiare ai suoi figli. Recentemente invece è stato un albergatore italiano, gestore di un resort nelle Filippine, snervato dalle continue richieste di accoglienza in cambio di pubblicità, e lo stesso gestore ha utilizzato il termine scrocconi, perché alla fin fine di questo si tratta, non di pubblicità gratis. Una generazione di testimonial fatti in casa sta invadendo sia il mondo virtuale che quello reale, ma purtroppo chi cerca di ritagliarsi la sua fetta di successo sembra non rendersi conto di quanto sia effimero questo sogno, e di come sia facile cadere a terra senza neanche essersi alzati in volo. E soprattutto non ci si rende conto che il lavoro altrui va riconosciuto e remunerato, non basta una foto per pagare il conto.