IRRIMEDIABILMENTE RADICALE.OVVERO: CRONACA DI UNA PASQUA SPECIALE
Il vuoto, la tristezza, lo smarrimento generati in me, e in moltissimi altri, dalla notizia (purtroppo attesa, malgrado le pietose, dolci, rispettose bugie di Alessio Falconio) della morte di Massimo Bordin, ieri mattina si sono tramutate in energia, forza, stupore. Questa è la cronaca di una Pasqua speciale. AvvertoCostanzae mia madreGiovannache arriverò tardi a pranzo. Devo andare (non è un dovere in senso “costrittivo”, è un dovere civile, e in quanto componente di una comunità, ossia anche un piacere).Mio figlioMicheleha deciso di venire. Ha bazzicato “la Torre” (la sede del PR) già da quando era piccolo, ha conosciuto Pannella, è venuto con me in radio una volta che dovevo passare da Bordin (ci tenevo lo conoscesse), è cresciuto a suon di Mozart, Stampa e Regime, conversazioni domenicali. Questa sua decisione mi riempie di gioia, enorme. So che è attento alla realtà circostante, alla vita politica, alla società, è pieno di interessi. Che oggi sia con me a QUESTA manifestazione mi fa davvero felice.Tra l’altro, non so per quale motivo, decide di mettersi un giubbotto verde che gli ho regalato da un annetto. È di metà anni ’60. Ma non l’ho preso in un mercatino dell’usato. Me lo regalò zio Umberto nell’80, o ’81, una sera d’estate in cui andammo a vedere la Lazio. Non gli stava più, me lo regalò, io sprizzavo gioia da ogni poro. È perfetto, qualità di tessuti e rifiniture oggi sconosciuta. Anni fa gli ho messo dei bottoni nuovi, per il resto è perfetto. A Michele piace molto, anche lui ha voluto bene a zio Umberto. Vederlo con questo giubbotto mi commuove. Ci avviamo, prendiamo l’8 a viale Trastevere.Ho un buco dentro per Massimo, ho timore per la sorte di Radio Radicale, che poi coincide con la sorte della democrazia del mio Paese, eppure ho gioia di stare sul tram con Micky, e di andare dai miei compagni radicali. Arrivando in tram a piazza Venezia (ri)ascolto negli auricolari, su RR, l’intervento diBordindello scorso 22 febbraio al Congresso del Partito Radicale, che. viene trasmesso in piazza. Eccezionale come sempre per lucidità di analisi, chiarezza espositiva, per certe ironie, molto più pungenti di una invettiva. Con una grinta particolare, che ora capisco meglio. È la grinta di uno che sa che stanno cercando di violare “casa sua”, che poi è una casa aperta, aperta a tutti. E che sa, probabilmente – quanto a destino personale – di stare su una strada di montagna, impervia, da cui le cose si cominciano a vedere ancor più chiare. Perfino a uno come lui, che per lavoro ha sempre dispensato chiarezza a piene mani. Passiamo a piedi sotto l’Altare della Patria, e arriviamo alla manifestazione. A tratti poggio la mano sulla spalla di Michele, ho bisogno di sentirlo, anche fisicamente. Arrivo nel punto della manifestazione (bella, per essere domenica di Pasqua c’è molta gente) ascoltando le ultime parole di Massimo dagli altoparlanti, l’applauso fragoroso che scoppiò in sala allora, registrato, e contemporaneamente quello in piazza. Una sensazione assurda. Sembra davvero che una voce potente stia tuonando da un laicissimo aldilà.In quell’intervento del 22 febbraio scorso, che posto nel primo commento, Massimo a tratti ansimava (quanto lo abbiamo sentito respirare male, tossire in modo anomalo, già dallo scorso autunno, e quanto ci siamo preoccupati, in tantissimi). A un certo punto tossisce, e come sempre arriva il suo “chiedo scusa”.Eppure nella sua voce, specie nel finale, c’è una forza, una potenza, incredibile.Quando dice “Questo è il problema: questi non vogliono farlo sentire, quello che succede in Parlamento! A questi dà fastidio che si senta che il Parlamento discute una legge finanziaria che non è depositata! Che discute documenti che non sono stati scritti, o che quando sono scritti sono sbagliati! Che presenta capigruppo e sottosegretari che non sanno dove stanno di casa la Costituzione, e il regolamento della Camera! Questo sono! Questo inevitabilmente la diretta dal Parlamento dimostra! Questo non vogliono far sentire! Per questo ci vogliono chiudere!” c’è una determinazione rara, anche per uno come lui, che le cantava sempre chiare. È la determinazione di chi sa che è oggetto di una forma di violenza. Non fisica, e forse proprio per questo più sottile, cupa. Massimo non era più dal 2010 direttore di Radio Radicale, ma sapeva benissimo di essere un “capo-tribù”, e fino all’ultimo ha non solo onorato il proprio lavoro di “umile cronista”, ma ha anche difeso la propria tribù, i “suoi” ragazzi, molti divenuti uomini. Cresciuti, professionalmente e umanamente, intorno a lui, avendo in lui un faro, un riferimento imprescindibile. Arrivo, dunque, e inizia a parlareVincenzo Vita. Un discorso appassionato, lucido, politicamente e umanamente.VedoLorenzo, lo abbraccio. È il mio amico forse più caro. Siamo amici e compagni, in mille modi, dalle scuole medie. Studi comuni, passioni comuni, lavori comuni. La persona che forse stimo di più, per cui nutro un affetto profondo, e sconfinato (non è scontato, che stima e affetto convivano). Sono felice ci sia anche lui. Mi dirigo verso il gruppo centrale. VedoSergio(un compagno-fratello maggiore, o almeno io lo reputo tale), la condottiera di Nessuno tocchi CainoElisabetta,Rita(❤).EMaurizio Bolognetti, al cinquantatreesimo giorno di sciopero della fame. Non una protesta, ma una proposta di dialogo, per la vita di Radio Radicale. Il “mio” Bolognetti, quello dei tre volumi sulla Lucania avvelenata, quello con cui abbiamo litigato a volte in modo assurdo, ma con cui so che ci vogliamo un bene altrettanto assurdo.Mi siedo vicino a lui. Ci abbracciamo, seduti. A pochissimi metri, alla mia destra, Emma Bonino. Seduta, piccola, sembra ripiegata dentro il suo cappottino leggero, chiaro.A un certo punto viene a sedersi vicino a me Michele, e gli dico “vedi, c’è Emma Bonino”. Anche un ragazzo di 16 anni sa chi è. E non solo perché è figlio di uno scimunito radicale.“Non l’avrei riconosciuta… è piccola”.“Si Miche’, è piccolina, ma è forte, tenace, come sanno essere i radicali”.Capisco che mio figlio ha rispetto, ammirazione, pur non potendo conoscerne tutta la storia. Devo saltare passaggi, non posso scrivere un libro qui, ora.Arrivo al secondo momento per me più emozionante, insieme a quello di Massimo che “tuona” dagli altoparlanti in piazza.Rita si avvicina a Emma, la prende per mano, la fa alzare, se la mette accanto, in piedi. Sono esattamente davanti a me. Sto seduto, ho accanto Gian Domenico Caiazza, altro vero guerriero a difesa del Diritto. Emma come sempre si schermisce, come a dire “ma non importa che io parli”. “E invece è importante”, penso dentro di me.Rita la tiene per mano anche mentre ne annuncia l’intervento, lascia la mano solo quando Emma inizia a parlare, raccontando gli inizi di Radio Radicale, la testardaggine di Pannella nel portare avanti una cosa nata in modo impertinente, mettendo di nascosto una linea telefonica dentro il Parlamento. Ecco, quel tenersi per mano di queste due donne, così apparentemente fragili, eppure così certamente forti, mi rimarrà dentro per sempre.Unità nella diversita. Fratellanza nella lotta. Tenacia condivisa. Capacità di sorreggersi l’un con l’altro.Ci sono questi, e altri mille significati, in quelle due mani che si stringono. Dell’intervento di Alessio Falconio, il direttore di Radio Radicale, non dico nulla, ora. Di lui dirò bene, appena potrò, quanto sia perfetto, nel suo ruolo. Ma non ora. Il terzo momento di emozione fortissima arriva a manifestazione conclusa. Tanti saluti, tanti abbracci. Ma quello con Maurizio Bolognetti non è un abbraccio. È di più. Mi stritola. Dice anche a mio figlio che ci aspetta a casa sua, a Latronico.Mi stritola, abbracciandomi. Io ho paura a stringerlo, pesa poco più di una cinquantina chili. Lui mi stritola. E se ne va, lo vedo commosso. Dopo cinque minuti mi arriva il suo whatsapp: “Scusami”. Solo un radicale può dire “chiedo scusa” perché tossisce, o “scusami” perché t’ha abbracciato forte. Un fiume di emozioni.Mi scuso per aver tralasciato nomi, momenti, mani strette, scambi di parole.Dovrei scrivere un libro, non è questo il posto adatto.Riprendiamo l’8, con Micky, e ce ne andiamo verso la macchina, a viale Trastevere. E poi a pranzo da Costi.Sapendo di aver vissuto insieme un momento che resterà nel nostro cuore e nella nostra mente, per sempre. È il tardo pomeriggio di ieri. Scrivo un messaggio whatsapp a una persona cara, anche lei radicale.“La cosa più bella di oggi (per me che sono sempre più irrimediabilmente ‘sentimentale’ – e non sai quanto ciò mi faccia sentire stupido, inadeguato) è stato vedere Rita che ha preso Emma per mano, e l’ha invitata a parlare, e l’ha tenuta per mano finché non ha iniziato a parlare”.La sua risposta è:“Irrimediabilmente radicale”.Il suo stile è questo, sempre asciutto, poche parole. Non so se abbia ragione.Non mi sento mai del tutto a mio agio, in nessun abito. Non amo dare patenti, né reputo importante mi vengano date.Alla fine, sono uno che campa facendo sempre quello che vuole, seguendo soprattutto l’istinto, pur coltivando la ragione, anzi, il ragionare (non son proprio la stessissima cosa). Di sicuro c’è solo che resto orgoglioso di stare, in qualche modo certamente inadeguato, in questa tribù di pazzi di libertà. E che sono certo che sarà dura, ma non penso proprio sia arrivato il momento in cui qualcuno riesce a tapparci la bocca.
